PIACCIA O NON PIACCIA...

Babbo Natale non esiste

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Nel calcio moderno è finito il concetto del Presidente che mette i soldi; la scelta è solo fra sostenibilità e debito
Massimo Bambara

L’escussione del pegno da parte di Oaktree, avvenuta ormai da qualche ora, è soltanto una conferma di come sia cambiato il calcio. In Italia, soprattutto, il calcio si è fondato per decenni sul mecenatismo delle proprietà. “Mettere i soldi” è diventata un’espressione di uso comune fra gli appassionati di calcio. Ogni volta che una stagione andava male, oppure dopo qualche partita sbagliata, era abbastanza automatico che i tifosi di ogni squadra si rivolgessero con insistenza al Presidente di turno, invitandolo a “mettere i soldi” per rinforzare la squadra.

Questa forma mentis ha radici abbastanza antiche

In tal modo, nel calcio italiano, è stato possibile l’affermazione di certe famiglie nelle realtà storiche della Serie A (Agnelli, Berlusconi, Moratti). I grandi presidenti di un tempo erano spesso pronti a varare un aumento di capitale che consentisse alla dirigenza di operare sul mercato gli investimenti migliori per tentare di vincere e per accaparrarsi le simpatie della tifoseria. Era un altro mondo e, di conseguenza, un altro calcio. Tutto questo oggi non esiste più. La causa principale che ha determinato questo scenario sono i costi del calcio, lievitati sino a livelli sostanzialmente non sostenibili da una sola famiglia. Un tempo i rossi in bilancio, anche dei grandi club, potevano sfiorare i 10 miliardi di lire. Oggi con la stessa cifra (5 milioni di euro) si acquistano alcuni giocatori di 18-19 anni. I passivi di bilancio sono diventati a 3 cifre. Ma, soprattutto, è finito il concetto del “mettere i soldi”.

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Le società sono detenute da fondi o da grandi gruppi industriali che, nel lungo periodo, devono ricavare un utile dall’investimento. Pertanto, ad oggi, piaccia o non piaccia, ci sono soltanto due modi per gestire un club calcistico. Lo si può dare a debito, ossia posticipando di qualche anno il pagamento degli oneri necessari alla vita del club, oppure lo si può gestire in maniera sostenibile, tenendo i costi (ammortamenti e stipendi) sotto controllo e facendo in modo che gli stessi non siano mai superiori ai ricavi del club. Pensare di poter, ancora oggi, avere un modello gestionale anni 80 o anni 90, con il Presidente che mette i soldi, non è soltanto un’idea utopistica, ma è anche un modo concettualmente erroneo di approcciare all’attuale realtà del calcio. In sostanza è come credere all’esistenza di Babbo Natale. Il calcio è cambiato e, anche se può non piacere, è necessario prenderne atto e capire che la scelta attuale non è fra la sostenibilità ed il Bengodi, bensì fra la sostenibilità e il debito che, alla lunga, può condurre qualsiasi club al rischio di un crollo finanziario dalle conseguenze non pronosticabili.

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