Il giornalismo piange Bruno Pizzul: lo storico telecronista italiano, voce della Nazionale di calcio dal 1986 al 2002, si è spento all'età di 86 anni
Un crudele infortunio al ginocchio stroncò la sua carriera da calciatore professionista, ma il destino aveva in serbo per lui un ruolo ancora più grande: diventare la voce delle gesta degli eroi del calcio italiano e lasciare un'impronta indelebile nella storia del pallone.
Le maglie di Udinese e Cremonese furono solo un capitolo della sua storia, fu il microfono a consegnarlo all'immortalità. Dal 1986 al 2002, con il suo timbro inconfondibile, ha accompagnato milioni di italiani, raccontando con passione e competenza le imprese della Nazionale. Cinque Mondiali, quattro Europei, un’epopea fatta di emozioni e batticuore. Il grande rammarico? Non aver potuto raccontare la vittoria di un Campionato del Mondo. Un’ingiustizia, per chi con la sua voce aveva reso epiche tante battaglie azzurre.
Come Roberto Baggio, anche lui sfiorò la gloria senza poterla assaporare fino in fondo. Ma serviva una voce come la sua per raccontare un fuoriclasse: solo chi ha lo stesso sangue reale può narrare le gesta di un re. Eleganza e cultura che rendevano unica ogni sua telecronaca, lui inimitabile.
Chiunque abbia mai sperato di diventare giornalista sportivo ha, in fondo, sognato di essere Bruno Pizzul. Un uomo d’altri tempi, di quelli che portavano con sé un’aura di impeccabilità nei modi e nel linguaggio, un professionista che incarnava l’essenza della meritocrazia vera, quella che ancora esisteva quando, nel lontano 1969, riuscì a entrare in Rai superando uno degli ultimi veri concorsi pubblici, senza scorciatoie né favoritismi.
Il suo esordio televisivo? Una storia da raccontare: Bologna-Juventus di Coppa Italia, un debutto segnato da un piccolo imprevisto, perché arrivò in ritardo. Fortuna volle che l’incontro fosse trasmesso in differita, ma la colpa di quell’incidente di percorso non fu solo sua, bensì anche del suo inseparabile compagno di avventure, il geniale e indimenticato Beppe Viola.
E forse è stato proprio questo il bello della sua carriera: non solo cronaca e competenza, ma anche un universo fatto di amicizia, racconti, risate e buon vino, perché per Bruno il giornalismo non era soltanto un lavoro, ma una passione da vivere e condividere. Per questo, ancora oggi, quando risuona nelle nostre orecchie il suo inconfondibile timbro, capiamo che alcune voci non sono solo un ricordo, ma una colonna sonora eterna dello sport e della vita.