EPPURE NON REGGE...

Calhanoglu come Pirlo

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Un paragone improponibile, che lede principalmente al giocatore turco
Massimo Bambara

A 28 anni Andrea Pirlo aveva già vinto, da protagonista, tutto quello che si poteva vincere, fra cui la Champions League di Manchester del 2003, il Mondiale del 2006 con l’Italia e la Champions League di Atene del 2007. Pirlo, però, non era stato soltanto ciò che racconta il suo palmares. Era stato qualcosa in più, ovverosia un caposaldo dell’innovazione calcistica. Fino al 2002 si era diffusa l’idea che il giocatore davanti alla difesa dovesse essere un elemento con caratteristiche prevalentemente difensive, bravo a dare i tempi al gioco, ma non eccessivamente esuberante dal punto di vista tecnico.

Più un metronomo che un giocatore in grado di tenere nel taschino i codici di azione e di fantasia di una squadra

In Nazionale, in quel ruolo, prima di Pirlo c’erano stati Demetrio Albertini e Luigi Di Biagio. Dal 2002 in poi tuttavia, da quando Carlo Ancelotti si inventò Andrea Pirlo playmaker davanti alla difesa, è nata una nuova stagione del calcio, con tanti innumerevoli e malriusciti tentativi di emulazione. Da quel momento, ogni volta che un giocatore ha fatto bene davanti alla difesa, nel linguaggio comune si opta per la definizione di “ruolo alla Pirlo”. Un ruolo che non esiste perché l’ex centrocampista del Milan - attualmente sulla panchina della Sampdoria nella sua nuova veste di allenatore – era un unicum ed è rimasto un unicum. La genialità di Pirlo come giocatore continua a non essere spiegabile, né tantomeno interpretabile. Quel talento, così superbo e vistoso, non poteva trovare collocazione dietro le punte o in un’altra posizione del campo: a Pirlo mancava lo spunto sul primo passo, la giocata in accelerazione che prendesse il tempo agli avversari. Era talmente abile nel far correre il pallone che madre natura non gli aveva fornito adeguate qualità aerobiche in altre situazioni di gioco. Il ruolo di playmaker rivestito da Pirlo fra 30 anni sarà ancora nei libri di storia del calcio perché ha segnato i contorni, e non solo quelli, di un’epoca sportiva.

Impossibile dire qualcosa di simile per Hakan Calhanoglu che, oggettivamente, ha avuto tutta un’altra traiettoria di carriera. L’ex centrocampista del Milan – oggi in maglia nerazzurra – fino ad un anno fa era un centrocampista abile nel giocare su tutto il campo. Nei primi due anni rossoneri era stato impiegato prevalentemente da esterno sinistro offensivo (senza mai rubare l’occhio) e negli ultimi due anni rossoneri aveva più svolto una funzione di trequartista atipico. All’Inter dal 2021 al 2023 ha agito prevalentemente da mezzala di centrocampo, salvo poi trascolare nel ruolo di regista in seguito ad un infortunio di Brozovic. In quella posizione gli sportivi hanno potuto vedere la miglior versione della carriera di Calhanoglu, completamente a suo agio in un ruolo dove può mettere in luce accuratamente tutta la propria abilità nel palleggio, nella balistica e nella capacità di dare i tempi al gioco della squadra. Il giocatore turco ha trovato questa dimensione fra i 29 e i 30 anni, un’età alla quale Pirlo aveva già fatto la storia del calcio. Il paragone con Andrea Pirlo, pertanto, non può reggere e toglie valore all’ottima annata del giocatore turco. Non si possono mettere sullo stesso piano un fuoriclasse ed un calciatore buono/ottimo. I giocatori non vanno soltanto valutati nella cronaca; devono anche essere pesati nella storia.

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