Il derby per il Milan era diventato un argomento tabù. Ha inciso molto nella testa dei tifosi e dell’ambiente rossonero la circostanza che nei 6 derby persi ci fosse in mezzo il doppio confronto di Champions League e la finale di Supercoppa italiana. Riuscire a fare quel tipo di partite non era semplice. La parola chiave – coraggio – non arrivava però con lo schiocco delle dita. Serviva portare il gruppo dalla propria parte, anche con argomenti tecnico-tattici che fossero credibili. Il Milan di domenica sera non è andato a prendere alto l’Inter. Se lo avesse fatto, come è già successo in altre occasioni, probabilmente oggi saremmo qui a commentare l’ennesima sconfitta. Ed invece Fonseca ha optato per un altro copione tattico. La scelta della doppia punta ha avuto prima di tutto una funzione difensiva ed in seconda battuta ha mandato un messaggio di coraggio alla squadra.
SENZA SASSOLINI
Derby, Giro-palla e comunicazione: doppio capolavoro
Il Milan è sceso in campo con un’idea chiarissima
Non pressare mai il giro-palla dei difensori dell’Inter. I quattro davanti schermavano la loro uscita palla, senza alzarsi a pressare. La squadra è riuscita a rimanere corta perché ha saputo aspettare gli avversari, difendendo – a zona – in funzione di dove si trovasse la palla. L’Inter non era preparata a questa mossa ed ha sofferto tantissimo il non avere spazi importanti su cui scatenare le proprie azioni, con tempi di calcio molto rapidi. Il Milan, rimanendo corto e senza pressare, ha concesso poco, quasi sempre in ampiezza. D’altronde, ha ragione un bravo e preparato analista televisivo come Beppe Bergomi, ad evidenziare come il limite principale dell’Inter sia quello di non avere giocatori che saltano l’uomo. Ciò porta la squadra nerazzurra a soffrire tantissimo gli spazi stretti.
C’è poi il secondo aspetto nel quale Paulo Fonseca ha compiuto un vero e proprio capolavoro, ed è quello inerente la comunicazione. A fine partita il tecnico portoghese era un uomo felice. Non ha avuto sassolini da togliersi, non ha avuto reazioni nervose contro nessuno. La sua comunicazione non verbale è stata impostata sul sorriso, sulla soddisfazione e sulla serenità. Non è un aspetto da sottovalutare. Undici anni fa, la stagione 2013-2014 iniziò la sua lenta agonia dopo che Massimiliano Allegri visse un complicato post-gara. Aveva appena battuto il PSV Eindhoven e si era qualificato alla Champions League, ma il suo nervosismo di riflesso a troppe critiche dei giorni precedenti, era parso ai più decisamente eccessivo e non mandò un messaggio corretto alla squadra. Fonseca ha scelto un altro profilo e questo dimostra che non è stato divorato dalla grande pressione di queste settimane. Rimane aperto soltanto un tema di campo: riusciranno nel prossimo futuro i 4 giocatori davanti a stare in campo con la stessa abnegazione del derby? Ai posteri l’ardua sentenza.
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