IL PARI DEL FRANCHI AI RAGGI X

Fiorentina-Juve, la solita botta di “Allegria”

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Uno a uno, allora. E più non dimandate.

Redazione DDD

analisi Facebook di Roberto Beccantini -

La Juventus è un museo che espone quadri d’autore (Di Maria, l’azione del gol di Milik) e inaugura nuovi padiglioni (Paredes) al quale troppo presto, però, i custodi in campo e il responsabile in panchina tolgono la luce. La Fiorentina, in compenso, è una scolaresca che ha studiato perché ha un maestro (Italiano), e dunque - al netto di tutto: assenze (bipartisan), fatturati, eccetera - accosta le Gioconde e sbircia le teche prendendo appunti, senza paura.

Dal ventre del Franchi esce la "solita" partita

Segna sempre in fretta, Madama, come documenta la terza rete nel giro di dieci minuti. E questo è un merito. Ma poi si addormenta fra i corridoi del suo piccolo Louvre, e questo è un demerito. Allegri non comunica (male) o non viene ascolato (peggio). E poi quelle sceneggiate, quelle urla, quei gialli: dovrebbe ammonirlo Agnelli, se non fosse stato lui a riesumarlo dai gabbioni di Livorno. Altro che Doveri.

POLEMICHE SU ALLEGRI

Succede così che il destino s’incavola e da un corner pro-Goeba fa decollare il contropiede del pareggio. Dai pugni di Terracciano al bisturi di Sottil al rasoio di Kouamé, una riserva. Da area ad area: non proprio il massimo (e neppure il Massimiliano ) per una tribù che difende «basso» e pressa solo se glielo ordina il medico (quale?).

Al debutto, Paredes si colloca al limite dell’area, coinvolto e sorpreso da un traffico che la differenza delle rose e l’avvio spavaldo dovrebbero quanto meno snellire. Invece no. Più che un regista, un vigile: non è la stessa cosa. E al 42’ proprio un suo braccio determina un rigore che non può sfuggire al Var. La P2 (Perin più palo) strozza la mira di Jovic e l’urlo della Fiesole. La ripresa non è che la prolunga del primo tempo. Per giunta, senza il prezioso cristallo del Fideo, l’unico in grado di fornire decenti rifiniture. La Viola, con Dodo e Amrabat, Barak e Sottil, avanza e tiene sotto schiaffo la Vecchia. Che, da parte sua, mette su un catenaccione che ricorda i «pastoni» di Montecitorio, con Danilo a pezzi (ma, alla fine, il più tosto) e pochi sul pezzo (Cuadrado e McKennie in fuga). D’accordo, Parigi. E, anche per questo, Vlahovic in panca: ma ancora una volta zero tiri (dopo il gol) e una mollezza che, al di là e al di qua dei cambi, ha sfiorato il deliquio. Si è rivisto Bonucci (toh), è entrato Miretti, ha debuttato Fagioli. Restano i problemi: di gioco, di anima e di gambe. Dunque, non esattamente delle punture di zanzare.

La Fiorentina avrebbe meritato di vincere (e con il centravanti che aveva fino a gennaio, forse forse). Perin non avrebbe meritato di perdere. Prova ne sia, dopo il penalty, la gran parata su Amrabat.

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