TRA OPINIONI E FATTI CONCRETI

Giù le mani da Leao

Leao riapre il derby di Milano
Rafa non viene giudicato sui numeri di campo– che sono ottimi – relativi alle partecipazioni al gol, bensì su presunti comportamenti inidonei e su pregiudizi sterili. Necessaria, pertanto, un’operazione verità
Massimo Bambara

La costante disinformazione mediatica su Rafael Leao è quanto di più contrario alla verità oggettiva ci possa essere. Il Milan ha il dovere di difendere e tutelare uno dei suoi migliori giocatori da uno stillicidio mediatico basato sulla diffusione di informazioni pregiudizievoli, strumentali e false. Il punto fondamentale è uno soltanto: Leao viene giudicato come se fosse un attaccante, quando invece gioca in maniera stabile nella posizione di ala sinistra. Chiunque conosca il calcio sa benissimo che i compiti, le funzioni e, soprattutto, le capacità realizzative di un’ala sono molto diverse rispetto a quelle di un attaccante. Già risulta poco onesto intellettualmente paragonare il rendimento di un centravanti al rendimento di una seconda punta, anche se giocano vicini di posizione. Figuriamoci se è possibile parametrare il rendimento di un centravanti con quello di un’ala sinistra. Gli unici numeri sui quali deve essere giudicato Rafael Leao sono i seguenti: dall’inizio della stagione 2021-22 ad oggi, Leao ha giocato 140 partite con la maglia del Milan, realizzando 88 partecipazioni al gol (la media è altissima, 0,62 a partita). Entrando maggiormente nel dettaglio, Leao ha realizzato 46 gol e 42 assist senza mai giocare nemmeno un minuto da attaccante. Nell’ultima stagione (2023-2024), peraltro, Rafael Leao è stata la miglior ala sinistra europea come partecipazioni alle segnature di squadra (ben 29 in 47 partite, più precisamente 15 gol e 14 assist).

Nessun paragone con il rendimento di Vinicius è possibile

Del resto da tre anni a questa parte, il giocatore brasiliano agisce da seconda punta nel 4-4-2 di Ancelotti. Questi dunque sono i numeri di Rafael Leao, numeri che nessun opinionista o ex giocatore – accecato da improvvido protagonismo e da peloso pregiudizio – potranno mai smentire, perché sono un dato di fatto incontestabile che scolpiscono la dimensione di top nel suo ruolo per questo giocatore. C’è poi un altro aspetto parossistico che va rimarcato, ovverosia la critica secondo la quale Leao non è un leader. Qui è necessario intenderci. Leao può essere leader tecnico della squadra, ma non ha il carattere per esserne il leader psicologico.

I leader nel calcio sono pochi e non necessariamente devono esserlo i giocatori offensivi. Savicevic e Baggio non erano due leader ma le loro carriere parlano per loro. Leao non ha alcun obbligo di essere leader e per le caratteristiche particolari del suo stile di gioco e del suo modo di stare al mondo probabilmente non lo sarà mai. Questo, però, non può essere un problema. Che poi Leao possa fare ancora meglio in un’ottica di ulteriore crescita tecnica personale è un tema su cui si può anche essere d’accordo. Non è più possibile, tuttavia, continuare a sentire troppi soloni improvvisati giudicare Leao non sul suo rendimento, bensì su come corre, su presunti atteggiamenti inidonei e su consimili amenità, senza che nessuno si sforzi di alzare la mano e chiedere, sommessamente, come sia possibile che la miglior ala sinistra dell’ultima stagione sportiva possa essere descritto come un problema per il Milan e non per gli avversari del Milan. Le opinioni, d’altronde, non sono sentenze, tanto più se sono smentite dai numeri.

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