derbyderbyderby editoriali Hernán Crespo, il gol fatto eleganza: 50 anni da numero 9 eterno, Valdanito per sempre

Il grande traguardo

Hernán Crespo, il gol fatto eleganza: 50 anni da numero 9 eterno, Valdanito per sempre

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L'attaccante compie oggi 50 anni con un ricordo romantico e narrativo alla sua carriera: da giovane promessa del River Plate all'incredibile mito europeo
Stefano Sorce
Stefano Sorce

Ci sono attaccanti che si ricordano per i gol, altri per le esultanze, altri ancora per le polemiche. E poi ci sono quelli come Hernán Jorge Crespo, che si ricordano per l'eleganza. Non solo quella del gesto tecnico, ma quella più profonda, che si annida nel modo di stare in campo, di trattare il pallone, i compagni, gli avversari, il gioco.

Crespo compie oggi cinquant’anni, e sembra impossibile immaginarlo con i capelli grigi. Perché nella memoria collettiva resta sempre quel ragazzo argentino, con gli occhi chiari e il sorriso appena accennato, che galleggiava tra i difensori come un felino pronto a colpire. È nato a Florida, in provincia di Buenos Aires, e al River Plate è sbocciato come i grandi fiori d'inverno: improvviso, maturo, letale.

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Da Parma al mondo: il romanzo infinito di Hernán Crespo

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In Italia arriva nel 1996, giovane e magro, in una Parma affamata di sogni. L’impatto non è immediato, ma bastano pochi mesi per capire che quel centravanti ha dentro qualcosa di raro: fiuto del gol, certo, ma anche intelligenza, movimenti senza palla, colpi da fuoriclasse. Crespo non è solo un terminale, è un interprete raffinato della poesia offensiva. Al Tardini vince tutto: Coppa Italia, Supercoppa Italiana e quella indimenticabile Coppa UEFA del 1999, con un gol nella finale di Mosca contro il Marsiglia. In quella squadra c’erano Buffon, Cannavaro, Thuram, Verón, Chiesa: un’orchestra di talenti, con lui a dirigere l’attacco.

L’anno successivo, la Lazio lo porta via a suon di miliardi. È il trasferimento più costoso della storia del calcio in quel momento. E Crespo ripaga: 26 gol in campionato e titolo di capocannoniere. La sua parabola prosegue tra le grandi: Inter, Chelsea, Milan. Ovunque porta gol e stile. A Londra incanta Mourinho, a Milano contribuisce a una delle squadre più forti di sempre. La finale di Champions del 2005, quella sera maledetta a Istanbul, è il manifesto della sua doppia anima: segna una doppietta da fuoriclasse, eppure la coppa svanisce nel secondo tempo. Anche le storie d’amore più belle hanno un capitolo che brucia.

Con la maglia della Nazionale argentina segna 35 gol in 64 presenze. Gioca tre Mondiali, vive da vicino l’epoca di Batistuta e poi ne eredita il numero 9, portandolo con orgoglio e sobrietà. Mai un cartellino rosso in carriera, mai una dichiarazione fuori posto, mai un gesto che rovinasse la pulizia della sua figura. Crespo ha sempre giocato con la testa alta e i tacchetti ben piantati nella terra, consapevole che il talento è un dono, ma la disciplina è una scelta.

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Crespo 50: il gol era la sua lingua, oggi parla ai giovani da mister

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Dopo il ritiro, avrebbe potuto accomodarsi nel ruolo di ex celebrità, ma ha scelto di studiare, di allenare, di tornare a sporcarsi le mani. Ha iniziato nelle giovanili, poi al Banfield, al Defensa y Justicia (vincendo la Copa Sudamericana nel 2021), al San Paolo, in Qatar, in Arabia Saudita. Ha portato con sé la voglia di trasmettere, la stessa passione che lo guidava da calciatore.

Oggi, a 50 anni, Hernán Crespo non è solo un ex attaccante. È un simbolo di un calcio che non esiste più. Un calcio dove l’eleganza contava quanto il risultato, dove il rispetto era parte del mestiere. È un uomo che ha vissuto il suo sport senza mai sovraccaricarlo, lasciando che fossero i movimenti e i gol a parlare per lui.

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E noi, che lo abbiamo visto colpire di testa in torsione, accarezzare il pallone di esterno destro, scivolare via ai difensori come un’ombra sottile, possiamo solo dirgli: grazie. Per ogni rete, per ogni gesto pulito, per ogni partita giocata con grazia.

Cinquanta anni. Cinquanta volte grazie.