SEMPRE QUEI PREGIUDIZI...

Il tempo è galantuomo

Il tempo è galantuomo - immagine 1
Le prestazioni di Gabbia e Jovic smentiscono i fabbricatori di sentenze inappellabili
Massimo Bambara

Troppo spesso, nel calcio, si giunge ad emettere sentenze definitive. C’è poca pazienza ma, a volte, c’è anche una certa prevenzione. Nell’ultima settimana ci sono stati due esempi di opinioni elevate a regola che, sul campo e nei fatti, non hanno poi trovato riscontro.

MATTEO GABBIA. Qualcuno forse dovrà chiedere scusa a questo ragazzo; il livello di pregiudizio che, da sempre, aleggia attorno a Matteo è, tuttavia, anche un misuratore di personalità. Se Gabbia fosse stato carente dal punto di vista caratteriale probabilmente non sarebbe nemmeno tornato al Milan. D’altronde pare essere il destino di tutti coloro che si formano nella Primavera rossonera. All’inizio i tifosi, legittimamente, sperano di avere in casa il nuovo Baresi, il nuovo Maldini o il nuovo Rivera. Poi, una volta disilluse le speranze, inizia un processo inverso, quello in base al quale il prodotto del vivaio senza le stimmate del fuoriclasse viene visto come un giocatore non da Milan. Qualcosa di simile è capitata anche a Davide Calabria ed a Tommaso Pobega. Il punto è che fra il fuoriclasse e lo scarpone ci sono tante categorie di mezzo. Fra queste certamente ci sono i buoni giocatori, i gregari, quelli che non riempiono gli occhi con il talento, ma che non risparmiano dedizione, attenzione, applicazione e sacrificio. Qualità senza le quali non si può costruire nulla. Le ultime prestazioni di Matteo Gabbia, dopo il rientro alla base rossonera, sono un concentrato di queste quattro qualità. Matteo sa bene che fra un mese sarà probabilmente una riserva dopo i rientri di Thiaw e Tomori. Eppure è tornato con la voglia di dare tutto per questa maglia. Perché è la “sua” maglia.

Il tempo è galantuomo- immagine 2

LUKA JOVIC. La parabola di Jovic può essere considerata, addirittura, ancor più significativa. Questo ragazzo sembrava perso. In pochi avrebbero avuto il coraggio di credere in lui perché i suoi ultimi 4 anni non erano stati positivi. I dubbi erano leciti. Quando il Milan lo ha preso, all’ultimo giorno di mercato della scorsa estate, sembrava il classico ripiego dopo il fallimento della trattativa per Taremi. Ed in effetti il suo inizio al Milan era apparso vago e impalpabile. I suoi gol sembravano un’utopia. In realtà a questo ragazzo mancavano due cose: l’ambiente giusto e la molla giusta. In pochi mesi Jovic è rinato, tanto da essere diventato un talismano. Entra dalla panchina e segna come succedeva in passato ad alcuni celebri protagonisti della storia rossonera. Probabilmente in passato Luka aveva fatto un passo più lungo della gamba. Quando aveva 22 anni passare al Real Madrid - un ambiente di squali dove le pressioni sono amplificate a dismisura – non era stata la migliore scelta per la sua carriera. Avrebbe avuto bisogno di giocare ancora un anno o due in Bundesliga al fine di completare la sua maturazione sia tecnica, sia soprattutto temperamentale. Madrid, per Jovic, è stata un frullatore impazzito. Il centravanti, insieme al portiere, è uno dei ruoli psicologicamente più complessi. Se stacchi e lo fai per un lungo periodo, devi trovare poi l’ambiente giusto e le motivazioni più alte per riattaccare la spina della tensione. Al Milan questo è avvenuto ed oggi la squadra rossonera si gode il successo di una grande intuizione della propria area tecnica.

tutte le notizie di

Se vuoi approfondire tutte le tematiche sul mondo del calcio senza perdere alcun aggiornamento, rimani collegato con Derbyderbyderby per scoprire tutte le news di giornata.