IL CAMPO E' SEMPLICE...

La questione De Ketelaere

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Il motivo della differenza di rendimento fra Milan e Atalanta è determinato dalla posizione in campo.
Massimo Bambara

Se la questione è la divisione della platea in sostenitori e contestatori, è abbastanza normale rimanere in disparte. Non è quello il tema, non può esserlo. L’argomento principe non è certamente il valore di Charles De Ketelaere, ma la sua funzionalità ad un progetto calcistico come quello milanista. Le buone prestazioni in maglia bergamasca dell’ultimo mese hanno aperto il dibattitto fra due parti diverse della tifoseria milanista.

Pro e contro

Alcuni ritengono che De Ketelaere sia un rimpianto perché il Milan poteva sfruttarne meglio talento e potenzialità; altri ritengono invece che il ragazzo belga non sia comunque da Milan perché ciò che fai in maglia bergamasca, in una provincia nobilissima ma pur sempre provincia, non è detto che lo rifarai anche nella cornice di San Siro. I due argomenti non sono antitetici. Ci sono parti di verità in entrambi. Forse il Milan poteva avere più tatto nell’approccio caratteriale con un ragazzo pieno di talento, ma timido e introverso, sia in campo sia nel modo di porsi. Forse avergli fatto perdere il posto da titolare dopo la gara negativa contro il Chelsea non è stata la migliore delle scelte. Tuttavia è altrettanto vero che potremmo fare un lunghissimo elenco di ragazzi che a Bergamo hanno fatto bene e con altre maglie, invece, si sono ritrovati in contesti probabilmente più grandi delle loro spalle. Ci sono province italiane infatti che non si limitano a far crescere i giocatori giovani. Alcune province li proteggono, li tutelano, ne giustificano alcune smagliature e ne celano le asperità. Bergamo è maestra in questo.

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Milano non è così. Milano è diversa e se vuoi indossare la maglia di una squadra milanese non puoi avere soltanto talento: devi avere anche spalle grosse e testa matura. Ma c’è anche un altro argomento che va sviscerato: a Bergamo De Ketelaere sta trovando continuità di prestazioni e di rendimento giocando da punta. Al Milan ha giocato da punta soltanto in una partita (in Coppa Italia contro il Torino). Il Milan lo aveva acquistato come trequartista, salvo rendersi conto qualche mese dopo che una squadra senza Kessié e con De Ketelaere non aveva i giusti equilibri. Al ragazzo venuto dal Belgio piace fare l’attaccante e, per rendere al massimo, ha bisogno di una squadra che giochi con due punte perché da punta unica il suo curriculum di gol non è sufficiente. Il Milan gioca da anni con una punta e 3 giocatori offensivi alle spalle che devono offrire un contributo di sacrificio in fase di non possesso. Proprio De Ketelaere qualche settimana fa, in un’intervista, ha dichiarato: "Questa posizione (seconda punta o falso nueve) mi dà più forza. Non sono un giocatore che può correre 12 km, ma posso fare molta intensità e in questa posizione riesco a fare più questo e quindi mi sento anche più forte nell'azione che faccio". Se c’è un dato incontestabile è proprio l’errore concettuale commesso dal Milan un anno fa: ha acquistato un giocatore offensivo pensando di utilizzarlo da numero 10, senza rendersi conto che in quella posizione, per una questione di equilibri, ha più bisogno di un centrocampista che di un attaccante (ad oggi ci gioca Loftus Cheek). Il tema inerente Charlese De Ketelaere va sviscerato ragionando su cosa dice il campo e non sui semplici numeri (gol, assist) in aumento. Il calcio è semplice ma la comprensione delle dinamiche di campo è una materia molto più complessa.

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