PESCI GRANDI E PESCI PICCOLI

L’ennesima assurdità dell’UEFA

L’ennesima assurdità dell’UEFA - immagine 1
Le sanzioni ai club sono la cartina di tornasole di ciò che rappresenta il FPF

Redazione DDD

di Max Bambara -

Nei mesi scorsi l’UEFA ha varato una modifica delle norme del Financial Fair Play (FPF) in ragione delle difficoltà economiche incontrate da tanti club europei in questo ultimo biennio caratterizzato dall’emergenza pandemica che ha prodotto un’inevitabile contrazione dei ricavi ed un’esplosione dei costi.

L'ennesimo pasticcio

Andiamo nel dettaglio per capire bene che cosa è cambiato. Innanzitutto è stato inserito un tetto alle spese più soft rispetto alle attese: i costi legati alle squadre, secondo il nuovo regolamento, non potranno superare il 70% dei ricavi. Di fronte alla possibilità di una dicotomia regolamentare (scontri con l’UE per contrasto con le direttive comunitarie), l’UEFA ha preferito abbandonare l’idea del salary cap in stile americano, optando per una proposta che, dopo un periodo di attuazione di tre anni, richiederà ai club di mantenere le proprie spese entro un limite. La percentuale in questione è stata oggetto di numerose discussioni. Alla fine, per consentire alle squadre di adeguarsi ai nuovi regolamenti, le nuove regole non verranno imposte subito, ma ci sarà un percorso: i club potranno spendere fino al 90% dei loro ricavi nella prima stagione e si arriverà al 70% nel giro di tre stagioni.

L’ennesima assurdità dell’UEFA- immagine 2

Secondo le nuove regole, in determinate circostanze le squadre possono avere la flessibilità di spendere fino a circa 10 milioni al di sopra del tetto, a condizione che abbiano bilanci sani e non abbiano violato i regolamenti prima. Inoltre, in linea meramente teorica, dovrebbero esserci controlli più serrati sulle sponsorizzazioni fittizie, siglate con società correlate alla proprietà del club. Questo però, ad oggi, è soltanto un mero enunciato di principio. Apprezzabile in astratto ma privo di presupposti.

Relativamente invece alle sanzioni da applicare ai club non in regola, sono stati adottati una serie di provvedimenti che tolgono qualsiasi credibilità all’UEFA come istituzione ed al FPF come sistema di norme. Per la UEFA infatti chi deve affrontare perdite di circa 50 milioni di euro (come il Milan che, da tempo, ha avviato il suo progetto di calcio sostenibile) avrà un percorso di rientro simile a quello di chi sarà, invece, chiamato ad affrontare perdite da 200, 250, se non addirittura 300 milioni di euro. L’unica differenza è l’entità delle multe che vengono comminate. Il Milan con un bilancio 2022 in perdita di circa 50 milioni di euro dovrà infatti saldare una multa da 2 milioni di euro; la Juventus con un bilancio 2022 che si preannuncia in perdita di circa 250 milioni di euro, dovrà saldare una multa da 3,5 milioni di euro. Ancora la Roma, con un bilancio in perdita vicino ai 200 milioni di euro, salderà una multa da 5 milioni di euro, mentre il PSG, con un bilancio in perdita vicino ai 300 milioni di euro, salderà una multa da 10 milioni di euro. La distanza nelle sanzioni è assolutamente non proporzionale rispetto alle distanze che invece esistono fra le perdite degli esercizi finanziari dei club or ora citati. Si tratta di una riforma molto deludente perché allenta di poco i vincoli e, nel contempo, aumenta il ventaglio di possibilità di intervento da parte dell’UEFA. Nei fatti il vero problema non viene affrontato perché non viene compreso. Si parte sempre dall’idea che serva un sistema di norme che dicano ai club come comportarsi dal punto di vista finanziario. Ad avviso di chi scrive, invece, l’UEFA dovrebbe limitarsi soltanto a stabilire un’unica norma contenente due prescrizioni chiare e precise. Chiunque voglia disputare le coppe, dal 1 luglio della nuova stagione non deve avere debiti scaduti nel proprio bilancio e non deve avere un’esposizione debitoria che superi il fatturato del club. Fuori da queste due ipotesi, ogni intervento normativo e/o sanzionatorio da parte dell’UEFA sarebbe da ritenersi indebito. Il nuovo FPF tuttavia si pone in un’ottica completamente opposta. Le modifiche regolamentari sono utili esclusivamente a consolidare la crescente egemonia delle società già ricche, mentre rappresentano una barriera alla competitività per tutti quei club che vogliono crescere. Appare evidente come una normativa che impone limiti in egual misura per tutti sia erronea concettualmente perché chi ha livelli di ricavi più bassi non dovrebbe essere tenuto a rispettare le stesse regole di chi ha livelli di ricavi più alti e perché le sanzioni devono essere proporzionali alle violazioni commesse. Tutto ciò però non è stato compreso a Nyon dove, volutamente, si continua a difendere una normativa come il FPF, antitetica al principio di concorrenza ed al diritto di proprietà, modificando ogni tanto qualcosa per dare la sensazione generale di un allentamento dei vincoli. Finché ci saranno queste norme, nell’oceano della Champions League, i pesci grandi rimarranno grandi e ai piccoli non verrà consentito di crescere più di tanto.

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