di Max Bambara -
CI VUOLE PIU' POSSESSO...
Milan, qualcosa da rivedere
Il Milan brillante e convincente di inizio campionato non è stato un caso; è stato il risultato di tanto lavoro. In molti dubitavano che Pioli potesse trovare subito la quadra dopo un’estate molto intasata nelle caselle delle entrate e delle uscite. Ed invece il tecnico emiliano ha stupito tutti. Due a zero, con prestazione convincente, in quel del Renato Dall’Ara, contro un Bologna che ad oggi è la rivelazione del campionato. Quattro a uno un filino stretto nel risultato contro il Torino di Juric, in casa. E poi una vittoria per 2-1 all’Olimpico contro la Roma: un risultato che non descrive bene l’andamento della partita, sostanzialmente a senso unico, col Milan dominatore e dominante e con una Roma che è stata rimessa in partita soltanto dall’espulsione di Fikayo Tomori. I picchi di gioco di quel Milan nascevano da un’idea di altissimo livello concettuale in cui il pressing e la conseguente intensità vengono sostenuti da un ritmo di calcio notevole. L’uomo contro uomo a tutto campo esprime la vetta più alta di quest’idea. Il rischio come strada maestra per realizzare il dominio sull’avversario, che viene così sovrastato sul piano dell’inerzia, della fisicità e dell’esplosività. Sembrava tutto bellissimo.
I limiti dell’idea di gioco rossonera
Eppure quest’idea di gioco celava due difetti di natura diversa. Il primo, prettamente cronologico. Nessuna squadra può tenere ritmi alti per tante partite consecutive. Nessuna squadra, nel calcio attuale, può proporre un pressing sistematico e feroce senza poi pagare dazio sul piano atletico nel lungo periodo. Il calo fisico del Milan, nell’ultimo mese, nasce dal dispendio di energie, mentali e fisiche, della prima fase stagionale. Non possiamo sapere, in assenza di dati certi, se questa idea di gioco abbia inciso anche sulla caterva di infortuni muscolari che ha colpito il Milan. Non vi sono conferme in tal senso, ma un lecito dubbio che non può rimanere coperto dalla luce del sole. Il secondo difetto di quest’idea di gioco è la sua scarsa flessibilità. Non muta in base ai momenti ed alle situazioni della stagione.
Giocare uomo contro uomo con Kalulu e Tomori difensori centrali è un rischio calcolato. Farlo con Kjaer e Thiaw diventa una luciferina presunzione che lambisce le rive della follia. Il risultato del derby di metà settembre ne è una perfetta cartina di tornasole. Esiste poi un terzo aspetto da considerare, non di minore pregnanza. Il Milan si esprime al meglio negli spazi (vedasi vittoria contro il PSG), ma fatica contro le difese chiuse. Le partite non possono essere dominate per 9 mesi col pressing alto e con l’intensità. Dal terzo mese in poi, le gambe dei giocatori iniziano a girare di meno. Le partite vanno dominate e gestite anche col possesso palla, un aspetto sul quale il Milan del prossimo futuro è chiamato ad alzare il livello della qualità, sia inserendo un difensore centrale che abbia funzioni da play (oggi sia Thiaw sia Tomori sono ottimi marcatori), sia implementando meglio movimenti e scambi di posizione dei centrocampisti.
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