RIVOLUZIONE E CAMBIO DI MODULO

Più utopia che sogno

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L’arrivo di Conte al Milan appare improbabile per tre ragioni
Massimo Bambara

Non crediamo che Antonio Conte possa essere una possibilità reale e concreta per il ruolo di allenatore del Milan in vista della stagione 2024-2025. Ciò essenzialmente per tre ragioni che riteniamo opportuno mettere sul piatto.

RAGIONE PSICOLOGICO-AMBIENTALE. Il Milan è gestito dal fondo americano REDBIRD che ha dimostrato di lavorare in sinergia ed in assoluta linea di continuità con le idee aziendali del fondo ELLIOTT. In questi anni sono stati licenziati dal Milan prima Zvonimir Boban e poi addirittura Paolo Maldini, due autentici monumenti del milanismo, due icone assolute. Con loro si è giunti ad una separazione contrattuale perché entrambi, per ragioni diverse, facevano fatica a calarsi all’interno di un’ottica di gruppo di lavoro. La loro continua pretesa di “autonomia” nelle scelte gestionali non è stata né capita né tantomeno accettata. Il loro individualismo d’azione era sopportato, ma non era ritenuto adatto allo stile operativo gradito alla proprietà del club, ossia a chi mette materialmente i soldi nel Milan. Ebbene se i proprietari del Milan non si sono fatti troppi scrupoli nel mettere alla porta Boban e Maldini, due autentiche colonne della storia rossonera, per quale motivo oggi dovrebbero mettersi in casa un grande allenatore come Antonio Conte che, tuttavia, è antitetico rispetto al concetto di lavoro di gruppo e che, peraltro, dal punto di vista dialettico, ha sempre dimostrato di avere una incontinenza verbale molto più pronunciata rispetto ai due ex dirigenti milanisti? Difficile dare una risposta non scontata a questa domanda dal sapore retorico.

RAGIONE TECNICO-TATTICA. C’è però anche un’altra motivazione che ci fa propendere per l’impossibilità di vedere Antonio Conte sulla panchina rossonera. Il Milan degli ultimi anni, infatti, non ha mai ragionato su un concetto di discontinuità rispetto alla linea tecnica, bensì su un’idea precisa di continuità. Difficile pensare che il sostituto di Stefano Pioli possa essere un allenatore che abbia idee tattiche molto diverse. Il Milan nell’estate 2023 è stato costruito su un 4-3-3 che può diventare 4-2-3-1 in base alla posizione in campo di Loftus Cheek o alla presenza o meno di Ismael Bennacer davanti alla difesa. Antonio Conte, invece, predilige sistemi di gioco diversi sia nell’interpretazione, sia nella concezione. Dover reinventare il Milan adattandolo ad un 3-5-2 o a un 3-4-3 non è impossibile, ma ha costi finanziari importanti e tempistiche tecniche non brevi. Ad oggi il Milan, qualora scegliesse un allenatore in continuità rispetto al percorso portato avanti da Stefano Pioli, dovrebbe fare sostanzialmente un ingresso per reparto (un difensore centrale, un centrocampista e una prima punta). Nel caso in cui l’opzione Conte si rivelasse reale invece, gli interventi da fare sul mercato sarebbe molti di più, almeno 5-6 ed alcuni giocatori non avrebbero un ruolo. Se Conte optasse per il 3-4-3, ad esempio, Loftus Cheek non avrebbe una reale collocazione perché è una mezzala che nei due in mezzo al campo farebbe fatica. Di contro, se Conte optasse per il 3-5-2, Pulisic sarebbe senza ruolo perché non può giocare né da esterno a tutto campo né da punta. In sostanza, molto del mercato fatto con grande oculatezza e visione nell’estate 2023 potrebbe perdere valore.

RAGIONE ECONOMICA. C’è poi un’ultima questione, non di secondaria rilevanza, che rende l’arrivo di Antonio Conte al Milan decisamente poco plausibile. Stante l’abolizione del Decreto Crescita infatti, pensare che il Milan possa dare uno stipendio di 19-20 milioni di euro lordi ad un allenatore sembra davvero un’utopia. Si tratta di uno stipendio che, ad oggi, non può essere sopportato da nessun club italiano. Appare alquanto arduo immaginare che un club che si è risanato negli ultimi cinque anni possa smentire platealmente le linee guida finanziarie improntate alla sostenibilità che finora ha fedelmente seguito. Anche perché Conte è certamente un grande allenatore, ma nel Milan versione americana l’obiettivo sportivo deve andare di pari passo con l’obiettivo finanziario.

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