ANCHE VAN BASTEN...

Sacchi-Leao, polemica pretestuosa

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Le bastonate pubbliche di Arrigo Sacchi su Rafael Leao stanno diventando eccessive. Il parametro di riferimento rimane sempre il suo Milan, un’utopia che può realizzarsi solo una volta ogni 100 anni e in presenza di determinate condizioni
Redazione Derby Derby Derby

di Max Bambara -

Per tanti milanisti nati negli anni 80, Arrigo Sacchi è colui che ha trasformato l’utopia in realtà: parlar male di Arrigo è impossibile, anche perché il tecnico di Fusignano è sempre rimasto molto attaccato ai colori rossoneri. Vorremmo tuttavia segnalare a Sacchi che questa sua presa di posizione su Leao è leggermente tirata per i capelli. Facile oggi cavalcare l’onda anti Rafa dopo due partite consecutive in cui l’attaccante portoghese non è riuscito ad essere incisivo. Ci chiediamo però perché debbano far notizia due gare negative e non una serie di gare positive dall’inizio del campionato in poi.

Arrigo è coerente con la sua idea di calcio e lo è ai limiti del talebanismo

Ci permettiamo però di fargli notare che il suo Milan è stato immenso, ma i pallidi emuli che hanno tentato di imitarlo (Maifredi, Orrico), cavalcando un sacchismo che, negli anni, è diventato un termine negativo, si sono andati a scontrare contro un’evidenza enorme. Il Milan di Arrigo Sacchi è stato grande perché ha avuto i migliori giocatori del mondo in quasi tutti i ruoli che hanno interpretato in maniera sublime uno spartito rivoluzionario. Ma quello stesso spartito, fuori da quel contesto, ha svelato nel tempo più stonature che melodie. Lo stesso Sacchi si è sempre lamentato di non essere riuscito a replicare in Nazionale il livello di gioco raggiunto dal suo Milan. E fuori dal Milan, per il buon Arrigo, c’è stato nient’altro che qualche esperienza non di certo indimenticabile (Atletico Madrid e Parma). In sostanza, le idee sono idee ed hanno una loro pregnanza ed una valenza che può e deve essere rispettata. Ma le idee devono anche confrontarsi con la realtà e con un buonsenso con cui Arrigo ha sempre faticato a legare.

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Non a caso quando il tecnico di Fusignano pose a Berlusconi il celebre aut aut (“o me o lui”) il Presidente rossonero non ebbe il minimo dubbio su chi scegliere fra lui e Van Basten. Perché è bello vedere una squadra muoversi in maniera sincronica e poi riuscire a portare un pressing sistematico, ma alla fine della fiera sono i grandi giocatori a determinare le grandi partite e i grandi risultati. Rafael Leao non è ancora un grande giocatore ma ha le stimmate per poterlo diventare. Non è perfetto, tutt’altro. A Parigi, contro il PSG, è stato abulico dal punto di vista offensivo. Succede, succederà ancora. Ma è giusto che le valutazioni sui giocatori si facciano sul lungo periodo e non sulla base di una partita che ci aiuta a sostenere le nostre tesi. Il buonsenso dei tempi attuali ci dice che i giocatori determinanti come Leao vanno coccolati, tutelati e protetti. Nel suo Milan – dice Arrigo – Leao non avrebbe giocato.  Il suo Milan – ci permettiamo di aggiungere noi – è una di quelle squadre che nascono una volta ogni 100 anni. Nell’attesa che i nostri discendenti possano gustarsi qualcosa di simile, a noi tocca invece fare un bagno nella realtà e provare a colare la pasta.

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