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IL PUNTO DI VISTA DI MEGAN

Calcio femminile, “Non voglio lo stesso stipendio di Messi”: la vera parità di Megan Rapinoe

La star americana non intende guadagnare quanto Messi, ma continua a lottare per porre fine alle grandi differenze economiche esistenti tra uomini e donne nel calcio, sottolineando anche l’importanza degli atleti nelle grandi questioni sociali

Davide Capano

La calciatrice americana Megan Rapinoe, vincitrice del Pallone d’Oro nel 2019, ha dichiarato di non pretendere di guadagnare “lo stesso stipendio” di Lionel Messi, dopo la sua richiesta di porre fine alla disuguaglianza economica nello stesso lavoro per ragioni di genere.

“Quello per cui stiamo lottando è per uguali investimenti, pari opportunità, stessi fondi e risorse per la squadra. Non chiedo lo stesso stipendio di Messi, questa non è la realtà”, ha detto la statunitense in un’intervista a RMC Sport, prima del match vinto martedì allo Stadio Océane di Le Havre contro la Francia, in cui è andata a segno su rigore.

Rapinoe è una delle portabandiera della lotta femminista in tutto il mondo ed è per questo che ha chiesto “pari opportunità dalla creazione di programmi per i giovani”.

“Se posso avere lo stesso programma giovanile, gli stessi programmi di marketing, allora possiamo iniziare a parlare della crescita del calcio femminile... Lo abbiamo visto per quattro o cinque anni con gli investimenti che sono stati fatti, il livello dei club e i giocatori sono aumentati. La Coppa del Mondo 2019 è stata un esempio perfetto. E lo è stata perché abbiamo fatto molto rumore!”, ha aggiunto la giocatrice dell’OL Reign.

Megan, regina dei gol della Coppa del Mondo 2019 in Francia con sei marcature e due volte campionessa mondiale, ha poi concluso con una richiesta importante: “Quando vedi l’impegno di alcuni atleti, come Serena Williams o LeBron James qui negli Stati Uniti, è importante che anche personaggi come Rashford, Messi, Griezmann o Cristiano Ronaldo siano coinvolti perché le persone li ascolteranno, in quanto modelli di ruolo globali. Non sono solo i giocatori di colore a dover parlare di razzismo, non solo i giocatori gay a dover parlare di omofobia, non solo le donne a dover parlare di disuguaglianza salariale. Siamo tutti responsabili”.

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