LA GRANDE INCHIESTA

TACKLE DURO – Il derby dei media su cosa rischia la Juve

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A una settimana dal terremoto dirigenziale le intercettazioni sui giornali sono inquietanti, il Gip chiede il processo per Agnelli e Co e per Grassani la Juve “rischia la B”

Redazione DDD

di Roberto Dupplicato -

“L’indagine più grande che la Juve abbia mai subìto, più grave di di Calciopoli”. L’avvocato Mattia Grassani, numero uno nel diritto sportivo nel nostro Paese, ha dato il suo punto di vista su Radio1 nella trasmissione Radio Anch’io. E ha scatenato l’inferno su quella che è la domanda che più interessa in Italia: cosa rischia la Juve. Secondo Grassani “l’indagine non ha precedenti” e fissa i tempi: “sentenza entro fine stagione”. Grassani cita la norma che potrebbe costare cara alla Juve “l’articolo 31 comma 2 del codice di giustizia sportiva, che parla di violazioni in materia economico-finanziaria e gestionali”.

Il quadro

Sì le intercettazioni, sì le possibili plusvalenze “se metti 4 o 10 nessuno dice nulla” ma ciò che oggi è davvero difficile da stabilire è se il pesante quadro accusatorio nei confronti dei dirigenti della Juventus si potrà tradurre o meno in una sentenza sportiva. Certo è che, stando al lavoro della procura, il comportamento di presidenti e uomini mercato potrebbe costare alla Juve scudetti, penalizzazione, la retrocessione o l’esclusione dai campionati. Questo per l’Italia. Poi c’è l’Uefa, pronta a prendere provvedimenti e a ricevere input dalla nostra procura federale.

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Ma questo se e quando si andasse a un processo e ci fosse poi una condanna, intanto è stato chiesto un rinvio a giudizio per Agnelli e gli altri 12 indagati. Una specie di apocalisse sportiva. Certo, le intercettazioni pongono una questione morale dalla quale la Juventus difficilmente potrà uscire assolta. Spuntano nuove intercettazioni telefoniche - queste le riporta il Corriere della Sera - come "Tanto la Consob la supercazzoliamo”, oppure “ci siamo creati una calciopoli da soli” o anche Agnelli che dice “abbiamo vissuto oltre le nostre possibilità”.

Parliamoci chiaro, che l’operazione CR7 fosse un azzardo se poi cambi 4 allenatori in 4 stagioni qui è stato detto. Che dare 12 milioni a De Ligt fosse uno sproposito, qui è stato detto. Lo scambio Arthur-Pjanic resta incomprensibile e qui è stato detto, 35 milioni per Locatelli forse sono un po’ troppi, il caos con Romero, Bentancur e Kulusevski comprati da Paratici alla Juve e ricomprati da Paratici al Tottenham erano stati fatti notare. E qui entra in campo la stampa, pigra, sonnacchiosa, credulona. Nessuno che controlla, tutti che si bevono la versione ufficiale e la corrono a scrivere o a raccontare su radio e tv. Lasciando che la critica sui social si mischi agli insulti così da non darle peso e a considerarla tutta una brodaglia da buttare nel cesso. Così i dubbi li hanno sollevati nei bar sport. Nei bar sport si prevedeva Calciopoli anni prima delle condanne, vuoi vedere che…

Eh già perché ovviamente siamo già nel clima mediatico che Mou aveva schifato. “Bassiamo i toni” per i professionisti della giustificazione vuol dire cercare di spegnere e anestetizzare il dibattito. “No a processi di piazza”, dicono per paura che la verità ghigliottini le loro enormi balle. Sventolano il garantismo solo come paravento e poi, disperati, cominciano a twittare sui conti di Zhang o sui debiti di questo o quel club, come se le situazioni fossero analoghe. Stefano Feltri su Domani ha scritto “boicottiamo la Juventus e questa Serie A truccata”. Eh no, il gioco va ripulito, non ve la cavate così perché è diventato chic attaccare il calcio. Sui giornali tutti i giorni i tifosi della Juve si prendono dei calci in faccia che non meritano, perché loro sono le prime vittime di una realtà alternativa e falsa che hanno vissuto, vengono presi in giro e su di loro si fanno le battute che si facevano su quelli che si sono magnati la prima repubblica. Non è colpa loro, non sono tutti pronti a giustificare qualunque cosa per vincere, quindi l’auspicio è che non vengano umiliati. Perché forse questa neonata ossessione di vincere a tutti i costi, è il caso di dirlo, forse nasce proprio da come è stata vissuta a Torino la questione del 2006: cioè come una grande ingiustizia.

Inquinano i pozzi anche i tifosi che nei vari dibattiti cercano di confondore la loro passione con i fatti e non vogliono che i giornalisti traducano al grande pubblico la gravità della situazione e, infine, premono perché si indaghi su altri club. Non capendo che un conto sono le plusvalenze, altro discorso sono le questioni di borsa. Ora l’inchiesta si allarga, i faldoni da Torino vanno alle procure di Bergamo e Genova. Ben venga se ci sono altri club coinvolti. C’è anche chi a questo punto gioca la carta del “tutti colpevoli, nessun colpevole”, l’abbiamo già sentita nel 2006 e non portò bene.

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