derbyderbyderby calcio estero Il Derby dell’Adriatico: Hajduk-Rijeka, Spalato contro Fiume

Storia di una rivalità

Il Derby dell’Adriatico: Hajduk-Rijeka, Spalato contro Fiume

Hajduk Rijeka
Una rivalità che va oltre il calcio: simbolo di due città e due tifoserie, la Torcida e l’Armada, che incarnano ribellione e orgoglio. Una sfida di identità, mare e passione che infiamma la Croazia
Silvia Cannas Simontacchi
Silvia Cannas Simontacchi

Una nube di fumo denso e rosso cala dalla Curva Nord, tra il fragore dei cori e lo scroscio dei battimani, mentre le lastre di cemento che formano gli spalti dello stadio Poljud tremano come per un terremoto. È di scena Hajduk Spalato contro Rijeka, il derby che scalda l’Adriatico.

Spalato contro Fiume: due città separate da 400 chilometri e quattro ore di macchina, che si specchiano da due sponde opposte dello stesso mare. Da una parte Spalato, antica città della selvaggia costa dalmata, con il suo Hajduk, la squadra del popolo croato; dall’altra Rijeka, città portuale, cosmopolita e di confine, che ha costruito la propria identità tra influenze diverse. È il Derby dell’Adriatico: forse non il più famoso o il più feroce dei Balcani, ma non per questo meno sentito.

Hajduk Rijeka

Hajduk-Rijeka: una rivalità culturale

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Quella tra Hajduk e Rijeka è una rivalità culturale: a contare sono il campanile, il dialetto e la declinazione tutta personale di identità croata.

L’Hajduk viene fondato nel 1911 da un gruppetto di studenti spalatini a Praga, mentre la Croazia fa ancora parte dell’Impero Austro-Ungarico, e diventa ben presto il club simbolo della Dalmazia ribelle e del dišpet, una parola in uso in città che riassume il tipico atteggiamento di sfida di chi si sente “anti-tutto”. Il nome hajduk, non a caso, si ispira ai briganti che si opponevano ai dominatori ottomani e asburgici, e simboleggia i valori in cui ancora oggi i tifosi si riconoscono.

Il Rijeka invece ha una storia più travagliata: nato nel 1926 dalla fusione dei due club "italiani" Olympia Fiume e Gloria Fiume con il nome di Unione Sportiva Fiumana, viene ristrutturato dal nuovo governo comunista Jugoslavo nel 1946 con il nome di Kvarner, per poi prendere il nome attuale nel 1954. Le prime sfide ufficiali tra i due club risalgono proprio agli anni ’50: era solo l’inizio di un agonismo destinato a crescere.

Se l’Hajduk rappresenta l’anima ribelle della Dalmazia, il Rijeka si porta addosso il peso della storia istriana: un passato segnato da passaggi di confine, dominazioni e mescolanze culturali non sempre pacifiche, soprattutto con l’Italia.

Hajduk Spalato

Per amore e per dispetto: la Torcida di Spalato

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A Spalato l’Hajduk è ovunque: il suo nome è scritto sui muri bianchi del centro storico e su quelli scrostati dei palazzoni post comunisti; il suo stemma è dipinto sulle saracinesche e appeso ai balconi che guardano il mare. Non c’è macchina senza un gagliardetto bianco, rosso e blu. “Iz ljubavi, iz dispeta” – per amore e per dispetto – è il motto che accompagna la squadra. Ribelle come la sua città, l’Hajduk è uno stile di vita: se sei dalmata, tifi Hajduk. Punto.

Vera e propria incarnazione del dišpet, la Torcida di Spalato è la più antica tifoseria organizzata d’Europa. La leggenda racconta che a ispirarla furono i cori e la passione dei torcedores brasiliani durante la Coppa del Mondo del 1950. Pochi mesi dopo, l’Hajduk avrebbe sfidato la Stella Rossa per il titolo jugoslavo proprio a Spalato: quale occasione migliore per dare vita a uno spettacolo unico?

Il regime comunista cercò fin da subito di spegnerne il fuoco, dichiarandola fuori legge e facendo arrestare uno dei fondatori, Vjenčeslav Žuvela. Ma la Torcida continuò a esistere illegalmente, inventando uno stile di tifo che l’Europa non aveva mai visto: bandiere, striscioni, cori e pirotecnica. Come tutti i gruppi ultras, anche la Torcida ha un lato oscuro fatto di violenza e scontri, ma è impossibile negare il suo ruolo: se l’Hajduk ha saputo difendere la propria identità, resistendo perfino alla privatizzazione di potenziali acquirenti americani, il merito è tutto della Torcida.

Soli contro tutti: l’Armada Rijeka

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L’Armada Rijeka nasce nel 1987, in un bar, alla vigilia della finale di Coppa jugoslava contro l’Hajduk Spalato. Il nome richiama la famigerata Invincible Armada spagnola, la flotta che avrebbe dovuto invadere l’Inghilterra di Elisabetta I, da cui deriva anche il forte simbolismo navale del gruppo. Non a caso, il suo emblema è un veliero che solca il mare blu, chiaro riferimento all’identità portuale di Fiume. La casa dell’Armada è la tribuna ovest dello Stadion Kantrida, un impianto incastonato tra la roccia e l’Adriatico, da cui i tifosi sostengono la squadra con canti incessanti, coreografie e bengala che illuminano la notte.

La mascotte del gruppo è uno squalo, simbolo di forza e di ferocia, e anche i loro motti raccontano molto bene lo spirito dei tifosi fiumani: “Sami protiv svih” – Soli contro tutti – e “Krepat, ma ne molat” – Muori, ma non arrenderti. In città, l’impronta dell'Armada è ovunque: decine di murales colorano i quartieri di Fiume e i dintorni, tutti firmati con il nome della ona d’appartenenza, come a marcare il territorio. Considerati a tutti gli effetti arte urbana, questi murales si trovano fino al confine tra Istria e Slovenia e testimoniano, muro dopo muro, quanto il Rijeka sia riuscito a radicarsi nel cuore della gente.

Il Derby dell’Adriatico tra passato e futuro

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Cuore ribelle di due porti, due popoli, due anime, l’Hajduk con la sua Torcida e il Rijeka con la sua Armada sono due comunità che vivono il calcio come identità, contro un mondo che prova a piegarle. Spalato e Fiume si guardano da due sponde dell’Adriatico, tra loro un mare di bandiere che sventolano e fumogeni che bruciano. Diverse, ma speculari nelle luci quanto nelle ombre, sono due città che non vogliono arrendersi al tempo, né al calcio moderno. E, almeno per adesso, ci stanno riuscendo.