Domani, h.18:30, il cuore pulsante di Siviglia tornerà a battere al ritmo del Gran Derbi. Nella cornice andalusa, due bandiere domineranno la scena: quella biancorossa del Siviglia e quella biancoverde del Real Betis.
DERBY
El Gran Derbi, Siviglia-Betis: borghesia vs proletariato
Alle radici di una rivalità secolare
Il Siviglia affonda le sue radici nel 1890, quando viene fondato da diplomatici inglesi e imprenditori locali, rappresentando fin da subito l'élite borghese della città. Il calcio, in quel contesto, è un lusso, uno sport per pochi eletti: solo i figli di aristocratici possono indossare la rojablanca. È il 1909, Eladio Garcia de la Borbolla - consiglio direttivo del Sevilla - scova uno dei giovani più promettenti d’Europa, ma il presidente del Siviglia dice no. La ragione? È figlio di un operaio. Eladio non ci sta, si dimette e fonda una squadra in cui anche i figli della classe proletaria possano giocare: il Real Betis Balompié. Persino nella scelta del nome, preferendo "Balompié" al termine anglosassone “Football", si vuole rimarcare il distacco dalla borghesia. Questo è El Gran Derby: borghesia vs proletariato.
"Fallire sì, tradire mai!”
Siamo nel 1945, in piena epoca franchista, con una Spagna che, pur restando fuori dal conflitto mondiale, vive oppressa dalla dittatura e dalla povertà. In questo contesto, il Real Betis si trova in gravissime difficoltà economiche. Le casse del club sono vuote, e per evitare il collasso, i biancoverdi sono costretti a compiere una scelta dolorosa: vendere il loro giocatore migliore, Francisco Antúnez. Indovinate a chi? Si, proprio ai rivali del Siviglia. Una vera e propria pugnalata per i tifosi del Betis che, non solo perdono il loro gioiello della difesa, ma lo vedono passare direttamente nelle fila del nemico. Per le strade della città ci sono cortei di protesta, rivolte e sit-in, tutte con un unico grido: "Fallire sì, tradire mai!". L’orgoglio ferito di un’intera tifoseria diventa incontenibile, e persino il presidente del Betis, Manuel Roberto Puerto, cerca disperatamente di giustificarsi, arrivando a sostenere che la firma sul contratto fosse stata falsificata. Ma la beffa non finisce lì: mentre il Betis retrocede, il Siviglia, con Antúnez, conquista il suo primo, e finora unico, titolo di Liga. Da quella ferita nasce uno dei motti più iconici della squadra biancoverde: “Viva él Betis, manque pierda!” – una dichiarazione d’amore incondizionato, simbolo di un club che, anche di fronte alle sconfitte, non smette mai di lottare.
Gli stadi separati
La rivalità tra i due club non si limita al campo. Gli stadi stessi sono protagonisti di questa vicenda: il Ramón Sánchez Pizjuán, casa del Siviglia, e il Benito Villamarín, la fortezza del Betis, distano solo cinque chilometri l'uno dall'altro, come due pugili che si fronteggiano, ma mai disposti a condividere il ring. L'idea, a fine anni '90, di farli giocare insieme nel moderno Estadio de La Cartuja, viene respinta con veemenza dalle tifoserie, che rivendicano il legame con i propri quartieri e le proprie radici.
Rispetto oltre la rivalità
Eppure, El Gran Derbi non è solo rivalità feroce. Ci sono stati momenti che hanno saputo unire anche due tifoserie così distanti. Nel 2007, la morte prematura di Antonio Puerta, giovane simbolo del Siviglia, commosse l'intero mondo del calcio. In quel momento di dolore, i tifosi del Betis si unirono al lutto, dimostrando che, oltre la competizione, c’è un profondo rispetto reciproco che trascende il campo di gioco.
Siviglia-Betis: il verdetto di domani
—Lo storico recente sorride al Siviglia, che negli ultimi 20 scontri ha collezionato 11 vittorie contro le 3 del Betis, con 6 pareggi, inclusi i due dell’ultima stagione. Ma la classifica attuale vede i due club distanti di soli tre punti: il Betis a quota 12, il Siviglia a 9.
Numeri e statistiche contano poco quando si parla di El Gran Derbi. Domani sera, la città si dividerà di nuovo: da una parte i biancorossi, dall’altra i biancoverdi. In gioco c'è molto più di tre punti: c'è il dominio cittadino.
Siviglia è pronta. Il derby è alle porte.
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