Un uomo diventato tutt'uno con il club. La storia e la leggenda dell'attaccante inglese, che lascerà per sempre il club che lo ha trasformato in un campione
Tredici anni, mille battaglie, un sogno diventato leggenda. Jamie Vardy e il Leicester si dicono addio, chiudendo un capitolo che profuma di favola e sudore. Da eroe improbabile a simbolo immortale di una città intera, il numero 9 che ha fatto tremare l’Inghilterra lascia il club che l’ha consacrato al calcio e alla storia. Un addio che sa di malinconia, ma anche di eternità. Perché certi legami non finiscono: si trasformano in ricordo, in mito, in pelle.
Jamie Vardy will leave Leicester at the end of the season.
— B/R Football (@brfootball) April 24, 2025
Vardy-Leicester, un legame che durerà per sempre
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Jamie Vardy e il Leicester non si lasciano. Si consegnano alla storia. Dopo tredici stagioni indimenticabili, si chiude uno dei capitoli più romantici e sorprendenti del calcio moderno. Vardy arrivò al King Power Stadium nel 2012, sconosciuto alla Premier, reduce da una stagione nei campi della non-league. Costò poco più di un milione di sterline. Sembrava solo un altro attaccante con la corsa veloce e la fame negli occhi. Invece era l’inizio di una leggenda.
Con lui, il Leicester è passato dall’anonimato alla gloria. Nel 2016 ha vinto una Premier League che ha stravolto ogni pronostico, con Vardy capocannoniere e trascinatore, autore di una striscia record di 11 partite consecutive a segno. Un’impresa irripetibile, che ha reso le Foxes eroi planetari. Ma non è finita lì: c’è stata una storica cavalcata fino ai quarti di finale di Champions League l’anno dopo, il trionfo in FA Cup nel 2021 contro il Chelsea, il Community Shield, le tante stagioni europee, le salvezze, le rincorse, le imprese.
In tutto questo tempo, Vardy è rimasto sempre al centro, con il suo stile diretto, il suo cuore ribelle, la sua fame mai sazia. Ha segnato oltre 170 gol con la maglia del Leicester, diventandone il miglior marcatore in Premier League, superando anche miti come Gary Lineker. Ha incarnato lo spirito del club, il sogno di chi parte dal basso e arriva in cima. Oggi saluta, ma non se ne va davvero. Perché certi giocatori non si dimenticano, non si sostituiscono. Restano. Nelle statue, nei racconti, nei cori che non smetteranno di cantare il suo nome.