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Da baby prodigio del Real a capitano dell’Arsenal: le mille carriere di Martin Odegaard

Luca Paesano
Luca Paesano Redattore 
È stato un viaggio immenso, ma alla fine Odegaard ce l'ha fatta. Non con quel Real Madrid che lo ha sedotto e abbandonato, ma con l'Arsenal che gli ha messo la fascia da capitano al braccio.
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Finire sulle prime pagine dei giornali ed essere sulla bocca di mezzo mondo a soli 15 anni. Lasciare tutto e trasferirsi a Madrid, in una città che non parla la tua lingua e che ha ritmi completamente diversi rispetto a quelli di un paesino tra i fiordi norvegesi. Essere acquistato dal club più prestigioso al mondo e sentirsi in dovere di essere più forte degli altri. Cominciare a scrivere una storia, ma non riuscire a continuarla. Fallire. Perdersi. Fare un passo indietro. Ritrovarsi e ripartire.

Ci sono almeno tre o quattro carriere diverse all’interno di quella che sta vivendo nel suo viaggio immaginifico Martin Odegaard, che oggi ha trovato il suo posto nel mondo, ma che per raggiungerlo ci ha messo una vita. Nel mezzo c’è stato un po’ di tutto. Aspettative, pressioni e delusioni, ma anche tanto coraggio, maturità e consapevolezza. Un viaggio, appunto, in cui tanti al posto suo si sarebbero persi. Odegaard invece ha avuto la pazienza di aspettare e rispettare i suoi tempi, la personalità rimettersi in discussione, la forza di crederci sempre.

Martin Odegaard, il baby prodigio che incanta l'Europa

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Martin Odegaard si presenta al calcio con l’etichetta dell’enfant prodige. Ha mezza Europa ai suoi piedi quando a 16 anni appena compiuti lo acquista il Real Madrid dai norvegesi dello Strømsgodset, club in cui aveva già esordito tra i professionisti un anno prima. È il nuovo astro nascente, non ci sono dubbi che chi lo prende fa un affare, e i blancos riescono ad anticipare tutti.

Alle Merengues viene inizialmente aggregato al Castilla, con l’opportunità però di fare qualche apparizione anche tra i grandi. Si allena sotto gli occhi di Zinedine Zidane, ma la strada per lui è già tracciata. “Ancelotti potrà chiamarlo quando vuole. In estate farà la preparazione con la prima squadra”, annuncia Butragueño parlando con fierezza di quel timido ragazzo biondo al suo fianco nella conferenza stampa di presentazione.

Prima ancora che si vestisse di blanco ai piani alti gli avevano già costruito il percorso, che non doveva essere graduale, ma impattante, enorme, fragoroso. La piccola stellina doveva essere quello per cui tutti avrebbero dovuto provare invidia, il fenomeno generazionale che tutti avrebbero voluto ma che solo il Real Madrid aveva. Ma il Real, in tutto ciò, ci credeva davvero oppure era soltanto un capriccio di Florentino?

La dura legge del Real

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Immaginate la pressione. Essere preso e messo all’interno di una lavatrice a cui interessa soltanto una cosa: che tu vada in campo e sia tra i migliori al mondo. Odegaard ha 16 anni e 5 mesi quando debutta in Liga con la maglia del Real, diventando il più giovane esordiente nella storia dei blancos. Ma era lì perché lo meritava, perché era già pronto per quel palcoscenico o perché bisognava “fare hype”?

La risposta per noi sta nelle parole di Carlo Ancelotti, che nel 2016 – quindi un anno dopo – ha spiegato nel suo libro Quite Leadership: “Quando Florentino Perez compra un norvegese, devi accettarlo. Aveva deciso addirittura che avrebbe giocato con la prima squadra per public relations. In futuro potrà diventare il migliore di tutti ma non m’interessa. È stato acquistato solo per far colpo sui media”. Con Carletto la scintilla non scatta, né allora, né quando si ritroveranno 5 anni dopo.

E la scintilla in realtà non scocca neanche con Zidane, che continua a farlo giocare nel Castiglia più per un’imposizione dall’alto che per una scelta personale. Nel Real B non riesce a brillare, fatica ad emergere, e se non è in grado di fare la differenza tra i piccoli come si può pensare di lanciarlo tra i grandi? Nel giro di qualche mese, Odegaard passa dall’essere il wonderkid che avrebbe dovuto spaccare il mondo ad essere uno tra tanti.

Il primo addio al Madrid

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Trascorre praticamente un anno e mezzo prima che il baby talento possa vestire di nuovo la maglia del Real Madrid. Siamo a novembre 2016 quando Zidane lo manda in campo per 90 minuti contro il Cultural Leonesa in Copa del Rey. È la sua occasione e Odegaard risponde con un’ottima prova, ma non basta a cambiare il destino.

“Ha svolto la preparazione con noi e sono contento di come si sta comportando, ma non so se potremo garantirgli minuti in prima squadra. È molto difficile ritagliarsi uno spazio al Real perché abbiamo molti giocatori. Dovremmo prendere una decisione per il suo bene”, aveva detto di lui Zinedine Zidane ad agosto. Sei mesi dopo, nel gennaio 2017, Odegaard ascolta il suo consiglio e lascia il Real in prestito.

Odegaard e l'Olanda, un nuovo inizio

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La questione è che al Real Madrid si era creato immediatamente un ambiente tossico per lui. Era arrivato tra mille aspettative, con pressioni enormi da parte del club e della stampa. Si allenava con i grandi ma poi veniva puntualmente spedito nella seconda squadra il giorno della partita. E lì giocava perché Florentino Perez voleva che giocasse, cosa che immaginiamo non sia stata neanche tanto ben vista dai suoi compagni.

Quando a gennaio 2017 decide di cambiare aria prende una scelta coraggiosa, ma che dimostra grande maturità e personalità. Possiamo dire con il senno di poi che è stata quella che gli ha svoltato la carriera. Con il passaggio all’Heerenveen, Martin Odegaard va a rimettersi in discussione in un contesto differente, che gli dà occasione di giocare con continuità e senza pressioni, in un campionato, quello olandese, che da sempre è buona palestra per i giovani talenti.

Va in un club che a differenza del Real – che pretende tutto e subito – ha modo di aspettare i suoi tempi, accettare i suoi errori e rispettare il suo percorso. Anche lì, infatti, Odegaard non parte bene, ma la seconda stagione va decisamente meglio. Nel 2018/19 cambia squadra ma resta in Eredivisie, passa dal biancoblu di Heerenveen al giallonero del Vitesse ed è qui che si rivede finalmente quel ragazzino biondo dai colpi magici. Il maghetto incanta e disegna una stagione da 11 gol e 13 assist. Oh,nice to meet you, Martin Odegaard.

Il ritorno in Liga e l’addio al Real

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Semplicemente, non era pronto a fare quello che il Real chiedeva e soprattutto nei tempi in cui lo richiedeva, ma Martin Odegaard ha dato dimostrazione qualche anno dopo dalle ripetute bocciature dei blancos che il talento era lì. Bisognava solamente aspettarlo.

Nell’estate 2019 torna così in Spagna e il Real Madrid lo manda nuovamente in prestito, ma questa volta in Liga, per poterlo osservare da vicino. La Real Sociedad è uno step necessario nella sua carriera, che ora procede in maniera graduale rispetto al Big Bang che avrebbe idealizzato il Madrid. Nella regione basca fa un ulteriore passo in avanti, alzando il livello delle sue prestazioni in una squadra più prestigiosa e in un campionato più allenante. Con Aleksander Isak forma una coppia da coppia da favola e riesce a riportare i Txuri-urdin nelle zone alte della classifica dopo un dodicesimo e un nono posto dei due anni precedenti.

Dopo 7 gol e 9 assist torna finalmente al Real e questa volta, forse, per rimanerci. O almeno, questa sembra essere l’idea iniziale del club e del calciatore. La storia si ripete, ma questa volta Martin Odegaard, che di anni non ne ha più 16 ma 21, ha una consapevolezza diversa. Fa tutto il ritiro con i blancos, non riesce a conquistare neanche questa volta la fiducia di Zidane, che continua a fare altre scelte e a lasciarlo in panchina. E allora sì: dopo 9 apparizioni e 367 minuti totali nei primi sei mesi, Odegaard fa di nuovo le valige e parte. Senza rimorsi. Senza rimpianti.

L’Arsenal, la sua isola felice

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Nel gennaio 2021, Martin Odegaard volta definitivamente pagina. Si lascia tutto alle spalle. Il ragazzino quindicenne che avrebbe dovuto dominare il mondo, il debutto al Bernabeu, il sogno del Real, il fenomeno generazionale. Tutto finito. O meglio, tutto diverso. Quella era probabilmente una storia che avrebbe voluto scrivere il Real Madrid, ma evidentemente non era la sua storia.

L’Arsenal si è dimostrata la sua isola felice. Sulla sponda Gunners di Londra, Odegaard ha trovato subito un ambiente che lo ha saputo apprezzare e soprattutto valorizzare. In un contesto non semplice, perché quando arriva in Inghilterra la squadra è nel pieno di un processo di rifondazione dopo qualche stagione complicata. Eppure il norvegese non sembra soffrire particolarmente l’impatto con la Premier League. Magari all’inizio, per i ritmi e le intensità di gioco differenti rispetto alla Liga, ma poi l’esperienza di Odegaard è un continuo crescendo.

E quando nell’estate del 2021 torna a Madrid una volta concluso il prestito, nessuno a più dubbi. L’Arsenal lo rivuole, lui rivuole l’Arsenal e Ancelotti – intanto appena ritornato sulla panchina del Real – continua serenamente a snobbarlo sostenendo che nelle sue gerarchie ci siano almeno otto giocatori prima di lui. E allora amen. Tutti d’accordo. Si ritorna in Inghilterra, ma questa volta a titolo definitivo. 35 milioni nelle casse di blancos, per un giocatore che oggi, 3 anni dopo, secondo Transfermarkt ne vale 100.

Martin Odegaard diventa la chiave di volta dell’undici di Mikel Arteta, che mette il norvegese al centro di un Arsenal che, insieme al maghetto, cresce di settimana in settimana. I Gunners stanno tornando, ma quel baby prodigio che doveva incantare l’Europa è già tornato. Fa 7 gol e 4 assist in Premier nel 2021/22, che diventano 15 e 8 nel 2022/23. Numeri raddoppiati per un giocatore che ormai non è più un semplice talento, una promessa da attendere. Odegaard ha raggiunto una consapevolezza tale da essere leader, da assumersi responsabilità, da caricarsi la squadra sulle spalle. Ed è per questo che Arteta gli affida anche la fascia da capitano.

Arsenal-Real Madrid, la notte di Odegaard

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Questa sera è un po’ come una resa dei conti. Martin Odegaard si trova faccia a faccia con il suo passato e con il club che di fatto lo ha sedotto e poi abbandonato. Si ritroverà di fronte Carlo Ancelotti, che prima lo definì una “operazione di marketing” e poi lo ribocciò cinque anni dopo. “Aveva talento a 16 anni quando era qui, come è un ottimo giocatore adesso. Non c'era spazio per lui per mettere in mostra le sue qualità e ha deciso di andare altrove”, ha sentenziato ieri il tecnico in conferenza stampa. E sarà curioso vedere questa sera i due come si saluteranno, perché la sensazione è che qualcosa in sospeso sia rimasto.

Attualmente, Odegaard non sta vivendo il più felice dei momenti con i Gunners, soprattutto da un punto di vista realizzativo. Ma questa sera ha certamente un motivo in più per ritrovarsi. O meglio, ha tanti motivi in più per brillare. I riflettori sono finalmente accesi su di lui, così come immaginava Florentino un decennio fa. Ma per far sì che si accendessero, Odegaard ha dovuto perdersi e poi ritrovarsi. Lontano da Madrid. È il cerchio che si chiude.