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La Champions League torna ad accendere il Santiago Bernabéu: il Real Madrid inaugura la sua avventura europea ospitando il Marsiglia di Roberto De Zerbi, in un duello che promette scintille. Una sfida che profuma di passato, perché tra queste due maglie si intreccia la carriera di un centrocampista simbolo del calcio moderno, capace di lasciare il segno con le maglie di entrambi i club: Claude Makélélé.
Prima di diventare il punto di riferimento del centrocampo mondiale, Makélélé scelse il Marsiglia per rilanciarsi in vista del Mondiale di Francia 1998.
L’esperienza, però, non fu all’altezza delle aspettative: la pressione era enorme, i risultati non arrivarono e l’OM, nonostante campioni del calibro di Laurent Blanc, Ravanelli e Gallas, chiuse al quarto posto.
Per Makélélé fu una stagione di frustrazione, che gli costò anche la convocazione alla Coppa del Mondo. Solo in seguito, con il trasferimento al Celta Vigo, ritrovò brillantezza e fiducia, fino a meritarsi la chiamata del Real Madrid.
Nel 2000 approdò alla Casa Blanca, nello stesso mercato che portò a Madrid un certo Luis Figo. Ma se il portoghese era la stella acclamata, Makélélé fu la vera colonna portante della squadra. Con il suo lavoro oscuro, il francese cuciva i reparti, dava equilibrio e recuperava palloni: era il motore invisibile che faceva brillare i vari Zidane, Raul e Ronaldo.
In tre stagioni vinse una Champions League (2002), due campionati spagnoli e diversi trofei internazionali. Tuttavia, le incomprensioni con Florentino Pérez, che non ne riconobbe mai pienamente il valore, portarono alla clamorosa cessione al Chelsea. Una scelta che si rivelò disastrosa per il club madrileno, celebre a tal proposito il commento del connazionale Zidane: «È come aggiungere vernice a una Bentley togliendole però il motore». Una massima che però non impedì il trasferimento dell'ex Nantes, tra le altre, ai Blues.
E se a Madrid fu sottovalutato e sacrificato sull’altare del marketing di Florentino Pérez – preferito a lui il glamour di David Beckham – in Inghilterra arrivò il riscatto. Al Chelsea, in cinque stagioni, divenne leggenda: due Premier League, due Coppe di Lega, una FA Cup e un Community Shield, guidando il centrocampo con la stessa dedizione che aveva fatto la fortuna dei Galácticos.
La sua carriera ha segnato un confine chiaro: prima e dopo di lui, il calcio non ha più guardato allo stesso modo la figura del centrocampista difensivo. Non era un fantasista, non era un goleador, eppure il suo lavoro silenzioso e instancabile era il vero collante di squadre piene di stelle. È per questo che nel gergo calcistico si parla di “ruolo alla Makélélé”, simbolo di equilibrio, sacrificio e intelligenza tattica.
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