derbyderbyderby calcio estero Yamal compie 18 anni, ESCLUSIVA Font: “Non era solo talento, era già un uomo-squadra a 10 anni”

Intervista

Yamal compie 18 anni, ESCLUSIVA Font: “Non era solo talento, era già un uomo-squadra a 10 anni”

Yamal
Nel giorno in cui il gioiello spagnolo diventa maggiorenne, il suo ex allenatore Jordi Font lo celebra con un'intervista esclusiva, raccontando i primi passi del talento del Barcellona
Stefano Sorce
Stefano Sorce

Ci sono storie che sembrano scritte dal destino. Una di queste è quella di Lamine Yamal, il gioiello più luminoso uscito dalla Masía negli ultimi anni. Oggi compie 18 anni, ma chi l’ha conosciuto da bambino racconta che quel qualcosa di speciale, negli occhi, nei piedi, nel cuore, era già lì. A guidarlo nei suoi primi passi c’era Jordi Font, allenatore e formatore che per anni ha accompagnato i giovani talenti del Barça nel viaggio più complicato e affascinante: quello da promessa a realtà.

Font non ricorda solo le giocate, i gol di sinistro, di destro, di testa. Ricorda soprattutto un bambino che giocava per gli altri, che sorrideva agli avversari e che ascoltava il pallone come fosse un segreto da custodire. Con lui il compito era semplice: "non rovinarlo”, ci confessa Font. Un’intervista esclusiva, intima, che ci restituisce l’essenza di un ragazzo che oggi emoziona il mondo, ma che ha sempre saputo restare uno del gruppo.

Yamal compie 18 anni, ESCLUSIVA Font: “Non era solo talento, era già un uomo-squadra a 10 anni”- immagine 2

Font: “Yamal? Già a 10 anni era un giocatore di squadra”

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Cosa l'ha colpita la prima volta che ha visto Lamine Yamal? Qual è stata la sua prima impressione, sia dal punto di vista tecnico che umano?

"Beh, già dal primo momento in cui vedi giocatori così, ti accorgi che hanno un talento speciale, no? Fanno le cose a una velocità che gli altri non hanno, con alcuni gesti tecnici particolari o segnando gol diversi, non così standard come quelli tipici dei bambini di dieci anni. Ma la prima cosa che spicca davvero quando lo vidi giocare così giovane è che è un giocatore di squadra. Non è il classico bambino che prende palla, salta quattro avversari e prova sempre a fare lo stesso. Già all’interno del gruppo, del gioco collettivo, funzionava bene ed era un ingranaggio in più".

Ricorda qualche episodio particolare durante gli allenamenti o una partita che già mostrava il suo talento fuori dal comune? Un momento che, rivedendolo oggi, le fa pensare: “Questo ragazzo è destinato a qualcosa di grande”?

"La verità è che si metteva soprattutto in evidenza nel momento di segnare. Segnava in tanti modi diversi: alcuni spettacolari, con gesti tecnici sorprendenti, oppure facendo assist con tocchi particolari… come quelli che vediamo anche oggi. Alla fine, l’esperienza mi ha dimostrato che questi bambini, quando sono piccoli, poi quando li vedi giocare con la prima squadra, fanno le stesse cose… solo che contro avversari più forti, più preparati, a un’intensità e a una velocità molto maggiore. Ma il prototipo di giocatore resta quello: il bambino di dieci anni che giocava in quel modo. Segnava gol di pregevole fattura, di testa, col sinistro, col destro, aveva davvero tante soluzioni".

Alla sua età, Lamine era già consapevole delle sue qualità? Oppure era un bambino umile e curioso come tanti altri?

"Quello che aveva di buono a quell’età, soprattutto rispetto ai compagni, è che era uno in più della squadra. Era uno come gli altri. È vero che gli altri lo vedevano come qualcosa di speciale, certo. Sapevano che li aiutava molto con i suoi gol e con gli assist. Ma lui, nel gruppo, era uno di loro: un bravissimo compagno, un ragazzo tranquillo, con la testa sulle spalle, intelligente, consapevole di dove si trovava e chi aveva attorno. Era molto apprezzato dai compagni e si comportava in modo eccezionale".

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"La cosa più importante quando hai un giocatore così è non rovinarlo"

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Secondo lei, quali sono i valori che hanno permesso a Yamal di arrivare fin qui così giovane, al di là del talento puro?

"Credo che una delle chiavi, non solo per Lamine Yamal, ma per qualunque giocatore che entra alla Masía molto giovane e arriva in prima squadra, sia riuscire a fargli capire che il lavoro quotidiano è fondamentale. Ogni allenamento, ogni sforzo, ogni momento di concentrazione è importante: in ogni amichevole, in ogni gara ufficiale. Ogni giorno è una prova, perché si allenano con bambini dello stesso livello che li mettono sotto pressione. E poi, quando giocano, tutti vogliono battere il Barça, segnare un gol al Barça, per gli avversari è la partita dell’anno. Per noi, invece, è così ogni settimana. I nostri ragazzi vivono una pressione continua. E questo è un po’ quello che succede nel calcio professionistico: vivere al massimo ogni giorno, dare tutto, non trattenersi mai. E loro arrivano pronti, proprio per questo motivo".

In che modo cercava di stimolare o proteggere un talento così precoce? Cosa significa, per un allenatore, allenare un giocatore che sembra “fuori categoria”?

"Come diciamo spesso, anche in tono un po’ scherzoso, la cosa più importante quando hai un giocatore così è non rovinarlo. Quel talento che arriva in modo naturale va semplicemente accompagnato e favorito. Credo che il modo di allenare, la filosofia del Barça, aiuti molto questi giocatori. La dimostrazione è che Messi è rimasto tanti anni, come Lamine. Questa filosofia ti fa capire il gioco: e quando un giocatore capisce il gioco, sa perfettamente quando giocare semplice e quando può esprimere le sue qualità individuali, nell’uno contro uno, nell’uno contro tre addirittura. Sa riconoscere il momento opportuno, ciò che è più utile per la squadra, e quindi anche per lui. A livello di allenatore, significa coinvolgerlo il più possibile, fargli avere tanti palloni: perché un talento così, più tocca il pallone, più può esprimere il suo talento e aiutare i compagni".

Nel calcio giovanile di oggi, vede altri ragazzi con un potenziale paragonabile a quello che aveva Yamal alla sua età? Ci sono giovani che, per certi versi, le ricordano il suo percorso?

"Ora da un po’ di tempo non sono più legato direttamente al Barcellona e alla Masía. È vero che ci sono sempre giocatori talentuosi. Il caso di Lamine Yamal, però, credo sia unico e speciale nella storia del calcio moderno, almeno per ora. È molto difficile emergere e competere come sta facendo lui alla sua età, assumendosi responsabilità, diventando leader, giocando con personalità e dando tanto alla squadra. Giocatori ne usciranno sempre, perché il Barça ha tanto talento e profili diversi. Di tanto in tanto ne emerge uno speciale, come Lamine. Ma non tutti arrivano".

"Alla fine, è un lavoro di costruzione, di trovare il momento giusto e un allenatore in prima squadra che abbia il coraggio di puntare su questi ragazzi, cresciuti nel club. Nel futuro prossimo, forse usciranno meno giocatori, perché quelli attuali sono giovanissimi e andranno a creare un po’ di blocco per le generazioni successive, che magari non troveranno spazio subito. Ma questo, in fondo, è anche il senso della Masía: preparare giocatori per il calcio professionistico, sia che arrivino alla prima squadra del Barça, sia che proseguano altrove".

Se potesse mandargli un messaggio oggi, dopo tutto quello che sta ottenendo con la Spagna e il Barça, cosa gli direbbe?

"Il messaggio è un po’ quello che dicevo prima: nella carriera di un calciatore professionista, prendersi cura di sé e lavorare ogni giorno al massimo è fondamentale per poter avere una carriera lunga. Ma soprattutto, fargli capire che tutto è appena cominciato e che ora arriva la parte più difficile: mantenere questo livello per tanti anni. Il vero obiettivo è che il suo calcio continui a crescere, ma restando costante ad alti livelli stagione dopo stagione. Credo che questo sia il compito più difficile che lo aspetta nel breve e nel lungo termine".