Norvegia-Italia è una partita che sulla carta dovrebbe confermare certezze: ma il problema, oggi, è probabilmente proprio la carta. Continuiamo ad avvolgerci dentro la storia come fosse un mantello magico, riempiendoci la bocca della sfilza di campioni che hanno vestito la maglia dell'Italia. Ci si dimentica, però, che il calcio non ha memoria, o almeno non scende in campo.
Il commento
Il problema non è la Norvegia, ma l’illusione di un’Italia forte

La Norvegia non è una sorpresa, almeno per chi guarda le partite anche senza bandiere disegnate sulle guance. Da diversi anni la nazionale di Solbakken ha invertito la tradizionale narrazione del proprio territorio: non più fiordi, paesaggi mozzafiato e salmone, ma calcio allo stato più puro. La rappresentativa norvegese è una squadra fisica, forte, ben organizzata ma che non ha bisogno di specchiarsi in schemi raffinati. Non a caso, i suoi talenti più luminosi giocano tutti nei top club europei: da Haaland a Ødegaard, passando per Antonio Nusa, mattatore degli italiani ieri sera.

Chi oggi grida allo scandalo, o crede di aver assistito ad una disfatta epocale, probabilmente vede ancora l'Italia come una potenza calcistica mondiale. Per abitudine, più che per analisi: le quattro stelle sul petto, i soliti nomi che si masticano, l'arte della difesa e - senz'altro - una tradizione invidiabile. Tutto vero, ma ieri. Forse l'altro ieri, dato che l'ultimo Mondiale in cui l'Italia è stata protagonista era quello in Germania, nel 2006. Quasi vent'anni fa.
L'umiliazione vera, dunque, non è tanto il risultato per quanto severo. Il vero boccone amaro è che gli azzurri hanno tirato per la prima volta nello specchio della porta in pieno recupero. Il che dimostra che nell'Italia di oggi c'è probabilmente palleggio, ma non fame. Ci saranno anche idee, ma vengono - come ieri - accartocciate e gettate via dall'avversario con estrema facilità. Con la Norvegia, quindi, oggi si può anche perdere, ma non così.
Con il successo di ieri Haaland e compagni sono già con un piede negli Stati Uniti, mentre sull'Italia incombe già il pensiero di ritornare ai playoff e contendersi un pass per il Mondiale in un secondo momento. L'unico modo per superare i norvegesi è vincere ogni partita, incluso il ritorno contro la formazione di Solbakken. Possibile ottenere il massimo dei punti contro Estonia ed Israele? Sulla carta sì, ma il problema è ancora lì.
Ci crediamo sempre i più forti, i più belli ed importanti. Ma la verità è che non lo siamo più. Non basta più indossare la maglia azzurra per sentirsi più forti se hai rimediato due sconfitte di fila e, soprattutto, sei reduce da tre partite in cui non riesci a segnare neanche una rete per la prima volta in assoluto nella tua storia. In particolar modo, non ci si può più vantare nei confronti di nessuno se si inizia a tremare per la possibilità di vedere da casa la terza edizione di fila della Coppa del Mondo.
Perdere contro la Norvegia non è uno scandalo. Il vero scandalo è che oggi, con questo atteggiamento, guardiamo con timore anche le prossime partite contro Israele ed Estonia. E non perché loro siano diventati giganti, ma perché noi abbiamo smesso di essere una squadra che si comporta da grande.
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