Radja Nainggolan sbarca in Serie A nel 2010, al Cagliari, senza rumore, ma con negli occhi la determinazione di chi è cresciuto in fretta. Non ha bisogno di grandi presentazioni: bastano i primi contrasti, le prime corse, per far capire che quel ragazzo belga con il cuore indonesiano è diverso dagli altri. Col tempo diventa l’anima del centrocampo rossoblù, fino a quando - nel gennaio 2014 - la Roma lo chiama. E lui risponde. Nella Capitale non ci mette molto a farsi amare: combatte, lotta, si sporca le mani. Con la fascia tirata sulla testa e il cuore sempre all’attacco, Radja incarna alla perfezione lo spirito romanista.
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Serie A, il Belgio che incanta: da Mertens a Nainggolan, storie da copertina

Segna gol che esplodono all’Olimpico, si esalta nei derby, si prende la scena in Champions. Gioca con il fuoco negli occhi e la passione nella voce. Per la Roma diventa ben più di un centrocampista: è un simbolo, un guerriero, uno di loro. Poi l’addio, il passaggio all’Inter, il ritorno a Cagliari, il vento che lo porta altrove. Ma in Serie A Nainggolan ha lasciato una traccia profonda, fatta di sudore, tatuaggi e verità. Era arrivato in silenzio, se n’è andato come il Ninja: un combattente che non ha mai fatto finta di essere qualcun altro.
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