Nel 1964 la sfida vinta dai padroni di casa per 2-0 e conquistò il suo ultimo scudetto. Un evento irripetibile che segnò la storia del calcio italiano
Roma, 7 giugno 1964. Il sole bacia l’Olimpico, sugli spalti ci sono appena 40.000 tifosi, ma l’atmosfera è tesa: oggi ci si gioca uno Scudetto. Da una parte la corazzata Inter di Helenio Herrera, che ha appena alzato la Coppa dei Campioni; dall’altra un Bologna ferito, martoriato dalle accuse di doping e dal lutto per la scomparsa del suo presidente. È la madre di tutte le partite, e sarà l’unico spareggio per il titolo nella storia della Serie A.
Il campionato infinito tra Bologna e Inter
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La stagione 1963-64 era iniziata ed era proseguita come tante altre, ma all’ultima giornata di campionato a ritrovarsi in vetta c’erano due squadre, con gli stessi punti: Bologna e Inter, 54 a testa. All’epoca né la differenza reti né gli scontri diretti contavano per decidere il vincitore: il regolamento era chiaro. A parità di punti, si doveva giocare un’ultima partita decisiva in campo neutro.
Il Bologna di Giacomo Bulgarelli era un gruppo solido e affiatato, guidato da Fulvio Bernardini, un tecnico innovativo che aveva saputo costruire un gioco offensivo ma sempre bilanciato. Eppure, il finale di stagione era stato un calvario. A maggio, sette giocatori rossoblù risultarono positivi a un controllo antidoping: si parlò di metanfetamine, esplose lo scandalo, e il club finì travolto dalle polemiche. Più tardi, un’indagine più approfondita rivelò che le provette erano state manomesse: la squadra fu riabilitata, ma il danno era fatto. Forse anche per questo, il 4 giugno, Renato Dall’Ara, lo storico presidente del Bologna, fu stroncato da un infarto. Lo spareggio era una questione di cuore, di orgoglio, di memoria.
L’Inter di Helenio Herrera, invece, era in pieno splendore: con in rosa campioni come Sandro Mazzola, Giacinto Facchetti, Luis Suárez e Jair da Costa, stava costruendo le fondamenta di quella che sarebbe diventata la “Grande Inter”. Appena dieci giorni prima, il 27 maggio 1964, aveva conquistato la sua prima Coppa dei Campioni battendo 3-1 il Real Madrid a Vienna. Vincere anche lo Scudetto avrebbe significato chiudere un anno semplicemente perfetto.
Il giorno del destino
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L’Inter si presenta da favorita al rendez-vous dell’Olimpico, ancora inebriata dalla recente vittoria in Coppa dei Campioni contro i blancos. Ma è stanca. Il Bologna, invece, ha un peso ingombrante sulle spalle e niente da perdere. Arbitra Concetto Lo Bello, il match è tirato, nervoso, equilibrato. Poi, al 31’ della ripresa, la svolta: Renato Fogli scarica un destro dal limite e batte Sarti. Quattro minuti dopo, Harald Nielsen chiude i conti su assist di Pascutti. 2-0, fine dei giochi.
Sarà il settimo Scudetto del Bologna, l’ultimo della sua storia. I giocatori alzano la coppa pensando a Dall’Ara, scomparso solo tre settimane prima. All’Inter di Herrera resta l’amaro in bocca. Come consolazione, a settembre arriverà la Coppa Intercontinentale: in quella stagione vinceranno tutto, tranne il campionato.
Quel 7 giugno 1964 segnerà uno spartiacque: da quel momento, la Federazione comincerà a interrogarsi sulla necessità di criteri più oggettivi per stabilire il vincitore. Dal campionato 1969-70 verrà introdotta la differenza reti, poi sostituita poi negli anni Duemila dagli scontri diretti. Nella storia della Serie A ci saranno altri spareggi, ma solo per la salvezza. Quello tra Bologna e Inter resterà l’unico, irripetibile, spareggio Scudetto.
Per i tifosi rossoblù fu la partita della vita. Per i nerazzurri, una sbavatura in una delle stagioni più gloriose della Grande Inter.