La caduta

Monza, ufficiale la retrocessione in Serie B: storia di un disastro annunciato

Monza
In una stagione impossibile da digerire per i tifosi, la dirigenza non ha avvertito tutti i campanelli d'allarme. O, forse, ha deciso di ignorarli
Alessandro Savoldi

Ora è ufficiale: con la sconfitta interna contro l’Atalantail Monza torna in Serie B dopo tre anni nel massimo campionato. Con soli quindici punti fatti la squadra brianzola scende in cadetteria dopo aver raccolto, nelle precedenti stagioni, un undicesimo e un dodicesimo posto.

La stagione fallimentare del Monza

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La stagione del Monza è, senza mezzi termini, fallimentare. Lo è sul campo, dove sono arrivati sin qui solo 15 punti, lo è fuori dal campo, dove la curva Davide Pieri è in aperta contestazione con la proprietà. Una squadra, il Monza, incapace di lottare alla pari con le altre 19 del campionato, perché se due tra Empoli, Lecce e Venezia retrocederanno con l’onore delle armi, lo stesso non si può dire dei biancorossi. I numeri sono impietosi: 35 partite, 25 gol fatti, 63 gol subiti, solo 2 vittorie. Quello del Monza è, a dirla tutta, un disastro annunciato, figlio di una serie di operazioni con poche spiegazioni logiche se non quella di un ridimensionamento.

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Dal progetto Palladino al buio

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Abbiamo assistito a tutto il contrario di quanto fatto vedere con Palladino in panchina negli ultimi due anni. Il cambio di allenatore è stato il primo, vero, passo falso della dirigenza. Sostituire il tecnico nativo di Mugnano di Napoli con un esordiente in Serie A come Nesta aveva suscitato qualche perplessità. Con il senno di poi, è facile dire che chi storse il naso aveva ragione. Oltre al rendimento, anche come atteggiamento le due squadre di Palladino avevano dimostrato un piglio e un’organizzazione ben precisa, un’identità, quella che al Monza è totalmente mancata in questa stagione. Il primo anno Palladino era subentrato a Stroppa dopo sei giornate in cui i biancorossi avevano raccolto un solo punto. Con l’avvicendamento in panchina la musica era nettamente cambiata. Tre vittorie consecutive, tra cui quella prestigiosissima contro la Juventus, e una squadra combattiva, oltreché forte, capace di salvarsi con ampio anticipo.

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Già, perchè, se si guarda al Monza delle ultime due stagioni, al netto degli indiscutibili meriti di Palladino, c’è anche tanta qualità. C’è Di Gregorio in porta, ora titolare della Juventus, c’è Carlos Augusto a sinistra, che tra qualche giorno giocherà una semifinale di ritorno di Champions League con l’Inter, c’è Rovella in regia, protagonista assoluto nella Lazio. Tutti giocatori che Galliani aveva scoperto e portato a Monza con operazioni estremamente positive. Quest’anno, invece, quello che è successo è stato il contrario: Maldini, Bondo, Colpani e Marì hanno lasciato, chi a inizio stagione, chi a gennaio, in una sessione di mercato che più che migliorare la squadra è stata una resa incondizionata. Insomma, invece che seguire il sentiero virtuoso di puntare su giocatori giovani e promettenti, si è deciso di spendere il meno possibile su giocatori con poco se non nulla da dare. La stagione del Monza è, se dovessimo usare un proverbio per descriverla, la dimostrazione che si raccoglie ciò che si semina.

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Il futuro del Monza

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Qual è il futuro del Monza? Difficile a dirsi, soprattutto se non vi sarà un cambio di proprietà. La Serie B è sempre un campionato estremamente competitivo, con tanta concorrenza e parecchie realtà che ambiscono a diventare grandi. Il Monza, invece, in questi mesi ha dimostrato che la proprietà attuale ha preferito tornare piccola. Come detto anche dallo stesso Nesta, la scomparsa di Silvio Berlusconi ha completamente cambiato la visione del progetto calcistico da parte del gruppo Fininvest. Se prima era una priorità per il Cavaliere, ora sembra essere soltanto un intralcio, un costo inutile. Ed è un peccato, perché a Monza sono passati diversi giocatori, in questi anni, in grado di crescere e diventare protagonisti in Serie A.

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Il Brianteo era diventato una realtà dove c'era da una parte ambizione e dall'altra pazienza: due ingredienti fondamentali per un progetto che mira a realizzarsi. Quest'anno è mancata l'ambizione e di pazienza, invece, ce n'è stata sin troppa. Al punto che, più che di pazienza, si potrebbe parlare di rassegnazione, di disinteresse. E se da parte dei calciatori, nonostante gli evidenti mezzi limitati, c'è stato sempre impegno, al punto da fermare l'Inter in casa e di mettere in seria difficoltà il Napoli, da parte della dirigenza è venuto meno il sostegno che avrebbe potuto consentire di lottare, quantomeno, per la salvezza. Se la rotta dovesse restare la stessa, senza una nuova proprietà, il trend potrebbe non cambiare.