In questi giorni, è ricorso il secondo anniversario della morte di Silvio Berlusconi, fra le figure più influenti ed importanti dell'ultimo secolo italiano. Il binomio fra Berlusconi ed il calcio è solido, ed è incominciato verso la metà degli anni ottanta quando rilevò il Milan sull'orlo della bancarotta. Sotto la sua presidenza, i rossoneri hanno vissuto un periodo d'oro. Silvio Berlusconi rilevò l'A.C. Milan precisamente il 20 febbraio 1986. L’imprenditore milanese ripianò i debiti del club e ne avviò una trasformazione radicale, destinata a segnare la storia del calcio mondiale.
Trentennio rossonero
Silvio Berlusconi, gli anni d’oro del Milan e la Serie A col Monza

Sacchi e il "calcio totale": nasce un mito

Dopo una prima stagione di assestamento, ed il conseguente esonero di Nils Liedholm, glorioso allenatore scandinavo che in Italia ha allenato Milan e Roma, il primo colpo Berlusconiano fu l'arrivo sulla panchina di Arrigo Sacchi: ai più sconosciuti, Sacchi veniva da una promozione dalla C alla B col Parma. Salì alla ribalta delle cronache sportive quando, in Coppa Italia, eliminò il Milan a San Siro. Quel Parma arrivò a ridosso della promozione in massima serie ma questo, e la sconfitta casalinga in Coppa Italia, bastò per far innamorare Berlusconi e per volerlo al Milan. Il gioco di Sacchi era ispirato al calcio totale all'olandese, e il presidente del Milan gli regalò Van Basten e Gullit per far rendere al meglio il 442.
Già alla prima stagione, vinse lo scudetto in rimonta sul Napoli campione in carica. Non solo: con Sacchi alla guida, il Milan vinse lo scudetto 1987-1988, due Coppe dei Campioni (1989, 1990), due Supercoppe europee, due Coppe Intercontinentali e una Supercoppa italiana. Il suo calcio, ispirato alla pressione alta e alla coralità, divenne un modello di riferimento. "Il Milan cambiò il modo di interpretare il gioco", scrisse la UEFA, che inserì quella squadra tra le migliori della storia.
L'arrivo di Capello e la prosecuzione del dominio internazionale

Tra febbraio e marzo 1991, il rapporto fra Sacchi e Berlusconi iniziava a scricchiolare. L'allenatore romagnolo confidò al presidente di volersi prendere un anno sabbatico a seguito del forte stress cui era sottoposto. A marzo, poi, ci fu la famosa notte di Marsiglia: il Milan giocava in Francia una partita di Champions. Quella sera, dopo lo spegnimento improvviso di un riflettore, la squadra rossonera rientrò negli spogliatoi senza più uscirne. Galliani fece ritirare la squadra, in svantaggio di 1-0. Nonostante il ripristino dell'illuminazione, la squadra continuò a rifiutarsi di rientrare in campo, e questo costò non solo la sconfitta a tavolino ma anche la squalifica per un anno dalle coppe europee.
Quella notte si concluse il rapporto fra Sacchi ed il Milan, che avrebbe poi accettato la proposta della nazionale italiana. In rossonero, approdò Fabio Capello. Il tecnico friulano, debuttò con uno storico scudetto nel 1991-1992, conquistato da imbattuto, anche grazie all'esclusione europea. L'anno seguente, il Milan si aggiudicò il secondo scudetto di fila (stabilendo il record assoluto di cinquantotto partite consecutive senza sconfitta)e la Supercoppa italiana 1993 e tornò da protagonista nel palcoscenico europeo, arrivando a disputare la finale di UEFA Champions League. dove fu nuovamente sconfitto di misura dall'Olympique Marsiglia.
Capello guidò i rossoneri a quattro titoli nazionali in cinque anni, una Champions League nel 1994 (memorabile il 4-0 al Barcellona) e due Supercoppe italiane, oltre a una Supercoppa UEFA. Il suo Milan infranse record d'imbattibilità e continuità, diventando una corazzata temibile su ogni fronte.
l declino di fine anni ’90 e l’ascesa di Ancelotti

A Capello, seguì Tabarez nella stagione 96/97, per poi lasciare all'undicesima giornata. Ritornò Sacchi, ma il Milan finì all'undicesimo posto. Nella stagione successiva, tornò Capello, vittorioso con il Real Madrid. Il ritorno del tecnico friulano però disattese le aspettative, perché il Milan migliorò di una sola posizione il rendimento della stagione precedente, chiudendo il campionato 97/98 al decimo posto.
La stagione successiva, Berlusconi ingaggiò Alberto Zaccheroni. L'ex allenatore dell'Udinese rimase in sella ai rossoneri per tre stagioni, senza però riuscire ad aprire un vero ciclo vincente. Zaccheroni riportò lo scudetto a Milano al primo anno, nel 98/99. Le due stagioni seguenti, però, sia in Italia che in Europa, non soddisfarono affatto le aspettative della piazza. Ampio fu il dissenso anche da parte del presidente, che dichiarò apertamente .
Il settimo cielo europeo: Ancelotti e la rivincita Atene 2007

L’ingaggio di Carlo Ancelotti nel 2001 segnò il punto di svolta. Dopo una semifinale in Coppa UEFA, nel 2003 il Milan tornò al vertice europeo, conquistando la Champions League dopo nove anni, sconfiggendo la Juventus ai rigori all’Old Trafford. Tre giorni dopo arrivò anche la Coppa Italia, il quinto titolo nazionale del suo genere nella storia del club. Il 2003-04 proseguì il trend, con uno scudetto e una quarta Supercoppa Europea, mentre nel 2005 il Milan toccò il fondo con la celebre finale di Istanbul, in cui subì una clamorosa rimonta dal 3-0 a favore contro il Liverpool.
L’apice del ciclo Ancelotti arrivò nel 2006-07, quando il Milan vinse la sua settima Champions League ad Atene, vendicando il ko di Istanbul. Filippo Inzaghi, schierato da Ancelotti, realizzò una doppietta – una deviazione e un diagonale – che piegò il Liverpool per 2-1 . Fu un trionfo avvalorato dalla Supercoppa Europea e dalla vittoria del Mondiale per club nel 2007, l’ultimo grande alloro di quella generazione. “È la vittoria più bella”, dichiarò Ancelotti dopo Atene.
L’ultimo scudetto dell’era Berlusconi: Allegri guida i “bad boys”

Nel 2010-11, sotto la guida di Massimiliano Allegri, il Milan conquistò il diciottesimo scudetto, riportando i rossoneri al titolo dopo sette anni, grazie anche all’acquisto forte di Zlatan Ibrahimović. Il modulo 4-3-1-2 con mediani robusti e un tridente d’attacco efficace trasformò la squadra in formidabile macchina da punti: 82, la quota finale. A completare il tabellino: due successi diretti su Napoli e Inter e il record stagionale fatto di carattere e determinazione . Fu l’ultima grande danza firmata Berlusconi, celebrata con passione dai tifosi e da figure come Boateng, Ambrosini, Gattuso e il fantasista Pato.
Berlusconi cuore a metà: lascia il Milan e prende il Monza

Il 13 aprile 2017 rappresentò la chiusura definitiva dell’epoca Berlusconi: il Milan fu ceduto all’imprenditore cinese Li Yonghong per 740 milioni di euro. L’operazione fu sostenuta dal fondo Elliott, che sganciò oltre 300 milioni.
La parabola di Silvio Berlusconi alla guida del Milan, durata oltre trent’anni, ha segnato in modo indelebile la storia del calcio italiano e internazionale. Arrivato nel febbraio 1986 in un momento di profonda crisi societaria e sportiva, Berlusconi trasformò il club in una potenza globale, imprimendogli uno stile unico, ambizioso e vincente.
Sotto la sua proprietà, il Milan conquistò 29 trofei ufficiali, tra cui 8 scudetti, 5 Coppe dei Campioni/Champions League, 7 Supercoppe italiane, 5 Supercoppe europee, 2 Coppe Intercontinentali, 1 Coppa del Mondo per club e 1 Coppa Italia. Nessun altro presidente nella storia del calcio italiano ha mai ottenuto un palmarès così ricco e prestigioso.
dopo aver guidato il Milan al vertice d’Europa per oltre trent’anni, il Cavaliere nel 2018 ha acquisito il Monza, in Serie C, con l’obiettivo di costruire una squadra “di cuore e di territorio”. Non fu una semplice successione, ma una vera e propria missione: trasformare un club di provincia in una realtà competitiva, senza dimenticare le sue radici brianzole.
Con al fianco Adriano Galliani, Berlusconi guidò il Monza attraverso una scalata verticale: la promozione in Serie B dopo vent’anni, la ristrutturazione dello stadio Brianteo e del centro sportivo "Monzello", intitolato con orgoglio alla sua famiglia. All’alba della stagione 2021-22, sotto la guida di Giovanni Stroppa, arrivò il miracolo: prima storica promozione in Serie A dopo 110 anni di storia.
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