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La foresta degli episodi: l’Inter esce con un 2-0 dalle sliding doors della partita secca con il Getafe

GELSENKIRCHEN, GERMANY - AUGUST 05: Christina Eriksen of Inter Milan celebrates after scoring his sides second goal during the UEFA Europa League round of 16 single-leg match between FC Internazionale and Getafe CF at Arena AufSchalke on August 05, 2020 in Gelsenkirchen, Germany.  (Photo by Lars Baron/Getty Images)

Europa League, Inter ai Quarti di finale

Redazione DDD

analisi Facebook di Roberto Beccantini -

Il fascino perverso della partita secca è, anche, una foresta di episodi, di se, di ma. Il 2-0 al Getafe che spalanca all’Inter i quarti di Europa League ne riassume le sliding doors vagabonde, dal rigore che Molina spreca, e sarebbe valso l’uno pari, all’assit sbirulo con cui Djené ha trasformato l’ennesima panchina di Eriksen nell’estasi del raddoppio. Si giocava nel deserto tedesco di Gelsenkirchen, ballavano la seconda d’Italia e l’ottava di Spagna. C’era stato, dopo Bergamo, il discorso del carro di Conte, carro dal quale proprio il mister è stato il primo a scendere. Forse perché magnanimo, forse perché costrettovi (a naso, direi la seconda). Non era una partita facile, e difatti non lo è stata. Subito una gran parata di Handanovic, sempre sul pezzo, quando sembrava che le due settimane di riposo avessero trasformato i soldatini di Bordalas in assatanati guerrieri.

Una fase degli Ottavi di UEL fra Inter e Getafe

A piccoli morsi è uscita la qualità degli interisti. Di De Vrij, smaltita l’euforia che, in avvio, l’aveva spinto a sfondare le linee nemiche, rugbista solitario, finendone placcato. Di Barella, sempre dentro le esigenze. Di Bastoni, che ha pennellato i lanci per i gol. Di Martinez, ondeggiante fra le linee e di lesta mira (bravo David Soria, due volte). Di Lukaku, che cerca nei corpi fionde e balaustre: capace di sbloccare il risultato con un diagonale preciso e incisivo come il bisturi di un chirurgo; e capacissimo, pure, di sciupare (imitato dal «Sanchez in lob» degli sgoccioli) il più elementare dei tocchi. Un solo ammonito (Damian Suarez), e per giunta al 90’: non poteva che essere inglese, l’arbitro. Il penalty, Taylor l’ha decretato per un mani-comio, molto «italiano», di Godin, reo di aver gonfiato a dismisura il celeberrimo «volume». Gli era sfuggito, è andato al Var. Molina lo aspettava al varco.

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