Champions League

L’era Wenger, Henry, Vieira… Quando l’Arsenal parlava francese

Wenger, Henry e Vieira, ex allenatore ed ex calciatori dell'Arsenal
Arsenal-Psg, nuovi sogni e vecchi ricordi: c'è stato un periodo, durante l'era Wenger, in cui i Gunners potevano considerarsi per certi versi una squadra francese
Vincenzo Bellino
Vincenzo Bellino Redattore 

A sedici anni di distanza dall'ultima volta, l'Arsenal torna a disputare una semifinale di Champions League. Sulla strada verso la finale di Monaco di Baviera c’è il Paris Saint-Germain di Luis Enrique, protagonista di un percorso altrettanto brillante, come quello della squadra di Mikel Arteta.

Londra-Parigi, una contro l’altra, un asse che, in passato, non ha sempre sorriso ai Gunners. Nel 2006, infatti, il sogno di alzare nel cielo di Saint-Denis la Coppa delle Grandi Orecchie, si infranse: il Barcellona, allora allenato da Frank Rijkaard, beneficiò della superiorità numerica dopo l'espulsione di Jens Lehmann, e ribaltò il vantaggio iniziale firmato da Sol Campbell, infliggendo all'Arsenal una delle ferite più dolorose della sua storia.

Barcellona-Arsenal, finale Champions League 2005-2006

Fu una notte in cui, paradossalmente, la Francia — patria di molti interpreti di quell'Arsenal, da Wenger a Henry, da Pires a Clichy — voltò le spalle ai Gunners. Una sorta di tradimento sul suolo transalpino. Tuttavia, il destino offre un'occasione di riscatto alla compagine londinese: eliminare il gigante parigino e magari ritrovare il Barcellona in finale, per una rivincita dal sapore eterno.

L'Arsenal e Wenger: un legame indissolubile

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Non si può parlare di Arsenal e Francia senza pronunciare il nome di Arsène Wenger. Quando nel 1996 venne scelto per guidare i Gunners, il tecnico alsaziano era un semi-sconosciuto nel panorama inglese. Eppure, la sua visione rivoluzionò completamente il calcio britannico: nuove metodologie di allenamento, alimentazione, attenzione ai dettagli. Ma soprattutto, Wenger portò con sé una ventata francese che avrebbe cambiato per sempre l'identità dell'Arsenal.

Arsene Wenger, ex allenatore dell'Arsenal

Thierry Henry, Patrick Vieira, Robert Pirès, Sylvain Wiltord, Gaël Clichy, Pascal Cygan, Jérémie Aliadière, Emmanuel Petit, Nicolas Anelka: nomi che ancora oggi, a distanza di decenni, risuonano come sinonimi di una delle ere più gloriose della storia del club. Francesi che divennero londinesi, senza mai perdere le loro radici, rendendo l'Arsenal quasi una "succursale" della nazionale francese nel cuore del Nord di Londra.

1996-2018, quasi un quarto di secolo insieme caratterizzato da numerosi successi, soprattutto nella prima parte del rapporto professionale (dal 2005 al 2014 l'Arsenal non vinse alcun trofeo). 7 Community Shield, altrettante FA Cup (record), 3 Premier League. Indimenticabile il trionfo nella stagione 2003-2004, conclusa senza sconfitte: un'impresa leggendaria che diede vita al mito dell'Arsenal degli "Invincibili" e che, ancora oggi, rappresenta l'ultima vittoria dei Gunners in campionato.

Thierry Henry e l'Arsenal degli Invincibili

La generazione che fece sognare Highbury

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Gli Invincibles del 2003-2004 non furono soltanto una squadra, ma una leggenda scolpita nella memoria collettiva.Ancora oggi l'Arsenal rimane l'unica squadra inglese ad aver concluso una stagione senza ko all'attivo, oltre a detenere il record della miglior serie di risultati utili consecutivi (49 giornate, 07/05/2003 - 24/10/2004).

Thierry Henry, con la sua eleganza letale, trasformava ogni pallone in oro puro: i suoi gol, tanto devastanti quanto raffinati, erano poesia in movimento. Patrick Vieira, con la sua leadership granitica e il passo imperioso, dominava il centrocampo come un generale sul campo di battaglia. Accanto a loro, Robert Pirès dipingeva calcio con la leggerezza di un pittore impressionista, cesellando assist e reti che sembravano opere d’arte. Ognuno rappresentava l'eccellenza del calcio transalpino fusa con la determinazione britannica.

Robert Pires

Highbury, che rimase la casa dell'Arsenal fino al 2006 prima di lasciare il posto al moderno Emirates Stadium, ogni settimana si trasformava in una cattedrale consacrata al calcio. Le sue gradinate, strette attorno al campo come braccia protettive, vibravano di una passione autentica e irripetibile.

L’aria era densa di emozione, e l’eco dei cori si diffondeva come un'onda travolgente. Gran parte di quei canti erano dedicati a Thierry Henry, il re indiscusso di Highbury, celebrato dai tifosi con un inno speciale, modellato sulle note vivaci dei Piranhas. Ogni volta che intonavano quel coro, era come se l’intero stadio si unisse in un’unica, solenne dichiarazione d’amore, un inno sacro alla grandezza, alla magia, all'identità stessa dei Gunners.

Dal passato glorioso ad una nuova era

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Oggi, il legame con la Francia è meno evidente ma non per questo spezzato. Nella rosa dell'Arsenal 2024-2025, l'unico rappresentante transalpino è William Saliba. Il difensore centrale classe 2001 è uno dei pilastri della squadra di Mikel Arteta che incarna la nuova filosofia dei Gunners: solidità, eleganza, intelligenza tattica. Qualità che, ancora una volta, hanno un sapore transalpino.

E proprio Mikel Arteta, l'uomo al comando di questa rinascita, ha un legame personale con la Francia. Nel 2001-2002, l'ex collaboratore di Pep Guardiola indossò la maglia del Paris Saint-Germain; poi Rangers, Real Sociedad, Everton e infine l'Arsenal, dove ha chiuso la sua carriera da calciatore e sta brillando nelle vesti di allenatore.

La sfida col PSG, la possibilità di un'eventuale finale contro il Barcellona: il destino sembra voler intrecciare ancora una volta i fili di questa storia piena di emozioni contrastanti. Sarà la Francia a voltare di nuovo le spalle all'Arsenal o questa volta la terra amica  restituirà ai Gunners la redenzione e tutto ciò che gli è stato tolto in passato. Nel calcio, come nella vita, certe storie non finiscono mai davvero. Si rigenerano, si trasformano, ma conservano intatta la loro essenza. Quella dell'Arsenal con l'Hexagon è una di queste.