L’eliminazione brucia, è innegabile. Ma nel ko ai supplementari contro la Germania, che vale l’addio agli Europei Under 21, c’è molto più di una sconfitta: c’è una lezione morale, tecnica e di spirito per chi guida oggi la Nazionale maggiore. Gli azzurrini di Carmine Nunziata escono tra gli applausi, . Il cuore, l’anima, la dignità messa in campo contro ogni logica e superiorità numerica hanno lasciato il segno.
Cara Italia...
Italia Under 21, una lezione alla Nazionale maggiore!

In vantaggio con Koleosho, l’Italia resta prima in 10 per un’espulsione di Gnonto, poi addirittura in 9 per un cartellino rosso che grida vendetta sventolato a Zanotti da un arbitro oggettivamente impreparato, con appena sette presenze internazionali alle spalle. Eppure, in inferiorità, Ambrosino inventa il 2-2 con una punizione a tempo scaduto che sa di impresa. I rigori sembravano dietro l’angolo, e invece il sogno svanisce a 4' dal 120'. Ma non si spegne la luce accesa da questa squadra, né il valore di un percorso durato due anni, fatto di crescita, idee, gruppo, appartenenza.

In tribuna, ad assistere a questo atto d’amore calcistico,c’era Gennaro Gattuso, nuovo commissario tecnico della Nazionale maggiore, reduce dalla difficile eredità di Luciano Spalletti. Accanto a lui, Gianluigi Buffon, ora dirigente federale. Due che sanno cosa significa lotta, passione e orgoglio azzurro. E chissà se Rino, vedendo i suoi futuri ragazzi reagire con quella ferocia, non abbia pensato a quanto di questa Under 21 servirebbe alla Nazionale maggiore, oggi smarrita, a rischio di mancare il terzo Mondiale consecutivo. Un paradosso doloroso se si pensa che nel sottobosco del calcio italiano i talenti ci sono, eccome.
Diego Coppola è uno di questi: centrale moderno, già provato da Spalletti e pronto a volare in Premier League. In un reparto che oggi affida le chiavi della difesa a un Acerbi di 37 anni, in attesa del ritorno di Buongiorno, uno come lui rappresenta il futuro che bussa alla porta. Accanto a lui, Lorenzo Pirola, uomo d’esperienza europea, già capitano all’Olympiakos, capace di guidare la retroguardia in trincea, come ha fatto con Desplanches, portiere dal talento purissimo. Il numero uno dell’Under 21 ha dimostrato leadership e riflessi, e se cominciasse a trovare spazio in Serie A, potrebbe diventare il vice-Donnarumma del domani.

E il centrocampo? Ricco di profili che già parlano il linguaggio dei grandi. Niccolò Pisilli e Cesare Casadei, entrambi protagonisti nelle gare decisive contro Spagna e Slovacchia, sono già stati chiamati in passato nella Nazionale A. Casadei è un centrocampista totale, pericoloso anche in zona gol, e insieme a Giovanni Fabbian, reduce da un’ottima stagione col Bologna, può rappresentare una colonna portante della nuova Italia. E poi c’è Tommaso Baldanzi, assente con la Germania per infortunio ma leader tecnico e mentale della selezione. Ora alla Roma, potrebbe esplodere definitivamente con Gasperini, l’uomo giusto per esaltarne il talento anarchico e geniale.
Tutto questo porta a una domanda inevitabile: perché non affidare di più ai tecnici del vivaio azzurro? Perché, come ha fatto la Spagna con Luis de la Fuente, non costruire un percorso interno per quegli allenatori che crescono generazioni di calciatori, li plasmano, li comprendono? De la Fuente ha portato in Nazionale maggiore i suoi ragazzi dei successi giovanili, e oggi la Roja ne raccoglie i frutti. L’Italia, invece, fatica a creare un ponte tra le categorie. Gattuso è una scelta emotiva e identitaria, ma può diventare anche una figura di continuità, se deciderà di pescare da quel serbatoio giovane e affamato che ha già mostrato di essere all’altezza. La differenza la fanno le idee, il coraggio e la fiducia.

Questi azzurrini, con la loro sconfitta, hanno dato una lezione pesante alla Nazionale maggiore. Una lezione di spirito, di compattezza, di cuore. Una lezione che non si trova nei numeri, né nelle analisi fredde: si trova negli occhi di chi piange a fine partita, ma ha ancora la forza per guardare avanti. Ora tocca ai grandi imparare dai piccoli.
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