Dopo aver trionfato per 2-0 nella finale di Champions League lo scorso 1° giugno, il Real Madrid si impone nuovamente sul Borussia Dortmunde stacca il pass per la semifinale del Mondiale per Club, dove affronterà i campioni in carica del PSG. Ma se la finale europea era stata una prova di cinismo e freddezza, questa volta i Blancos hanno dovuto soffrire fino all'ultimo secondo, in una sfida mozzafiato decisa solo nei minuti finali.
IL CONFRONTO
Real Madrid-Dortmund 3-2, un anno dopo Wembley: il tempo stravolge le squadre, non la sentenza

MADRID, SPAIN - OCTOBER 22: Kylian Mbappe of Real Madrid runs with the ball whilst under pressure from Julian Ryerson of Borussia Dortmund during the UEFA Champions League 2024/25 League Phase MD3 match between Real Madrid C.F. and Borussia Dortmund at Estadio Santiago Bernabeu on October 22, 2024 in Madrid, Spain. (Photo by David Ramos/Getty Images)

Dalle cattedre alle trincee

Né Ancelotti né Terzic sono più a bordo. Il primo ha lasciato il Real da vincente — il quindicesimo trionfo europeo incastonato nel palmares — e ha ceduto il testimone a Xabi Alonso. Uno che conosce la Casa Blanca da dentro e che, con Leverkusen, aveva già mostrato una visione da allenatore moderno: calcio di controllo, pressione alta, linee corte e idee chiare. Il risultato? Un Real più mobile, meno ancorato ai suoi totem, che ha guadagnato i quarti del nuovo torneo globale con la stessa fame di sempre, ma in vesti ben diversi. Il Dortmund, invece, ha cambiato pelle più volte. Terzic, uscito scosso dalla finale persa, ha lasciato il posto prima a Nuri Sahin — scelta di cuore più che di continuità — e poi, dopo il solito passaggio transitorio, a Nico Kovac. Tecnico pragmatico, esperto di ambienti complessi, capace di dare un’identità immediata a un gruppo fragile. Una squadra meno romantica, ma più compatta, più dritta al punto.
Il restyling
—Il tempo ha presentato il conto anche dentro al campo. Il Real ha perso il metronomo: Toni Kroos si è ritirato come i grandi sanno fare, con la coppa in mano e l’ultima pennellata su un calcio che sente di non appartenergli più. Insieme a lui ha salutato anche Nacho, ora in forza all'Al-Qadisiya. In compenso, sono arrivati Mbappé, Alexander-Arnold, Endrick e Dean Huijsen, pescato a sorpresa dopo un campionato da rivelazione com il Bournemouth.
Il Dortmund, dal canto suo, ha salutato due colonne. Marco Reus ha chiuso la sua storia in lacrime, destinazione MLS. E Mats Hummels, che nella finale aveva giganteggiato con orgoglio, ha detto basta dopo un fugace passaggio alla Roma. Il club ha puntato su sull’esplosivo Guirassy e su giovani dal profilo affilato, come il neo acquisro Jobe Bellingham (fratello di Jude, che ora si trova esattamente dall’altra parte del campo).
La resa dei conti 2.0
A Wembley era stato ben altro tipo di racconto. Il Real, paziente e glaciale, aveva infatti atteso il momento giusto. Dopo un primo tempo di sofferenza, in cui il Dortmund aveva colpito un palo con Fullkrug e sprecato almeno un paio di occasioni nitide, i blancos avevano preso il controllo nella ripresa, segnando con Carvajal e Vinicius, e alzando la quindicesima Champions con la consueta solennità.
A New York, invece, il copione è stato diverso. Nessuna attesa, nessuna maestà. Il Real parte a razzo, segna con il classe 2004 Gonzalo Garcia, poi raddoppia con Fran Garcia. Ma il Dortmund stavolta non si sgretola. Accorcia con Beier, Mbappé — entrato per chiudere i conti — segna in rovesciata, ma il rosso a Huijsen e il rigore trasformato da Guirassy riaprono tutto. Fino all’ultimo fotogramma: al 100’ Sabitzer ha la palla del pareggio, ma trova solo la mano di un Courtois tornato gigante.
È in questo contrasto tra due partite che sembrano la stessa e invece non lo sono che si legge la trasformazione. Da una parte, la finale di Londra: estetica, lucidità, controllo. Dall’altra, il quarto americano: confusione, muscoli, adrenalina. Il Real resta in piedi in entrambi i mondi, il Dortmund cambia volto ma non smette di lottare.
Quello che salta più agli occhi guardando oggi questo nuovo Real-Dortmund è che, sia per scelta o per necessità, le due squadre abbiano in qualche modo rotto con il proprio passato. Nessuno dei due è migliore o peggiore rispetto a un anno fa, ma semplicemente diversi.
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