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Dopo 14 anni il grande derby tra Amburgo e St. Pauli è tornato nella Bundesliga. Una sfida che va oltre il semplice calcio, carica di storia, politica e rivalità cittadina. Ieri sera, al Volksparkstadion, il St. Pauli si è imposto 0-2 grazie alle reti di Dzwigala e Hountondji, davanti a un pubblico che avrebbe potuto essere almeno sei volte più numeroso.
Negli anni ’80 il St. Pauli divenne il punto di riferimento dei tifosi di sinistra e delle frange più alternative, mentre l’Amburgo attirava sostenitori più radicali, anche vicini all’estrema destra. Col tempo, con entrambe le curve spostate su posizioni più omogenee, è stato il campo ad alimentare la rivalità. Il declino sportivo dell’Amburgo nel 2018, con la retrocessione, ha reso il derby ancora più equilibrato e sentito. Dopo anni in cui il “Clásico del Nord” con il Werder Brema catalizzava le attenzioni, la sfida cittadina è tornata al centro della scena, fino a rivedersi ora nella massima serie tedesca.
Il direttore strategico del club di casa, Marius Westhoff, ha sottolineato che avrebbero potuto vendere tra le 300.000 e le 400.000 entrate per il derby Amburgo-St. Pauli. E in effetti lo spettacolo sugli spalti non è mancato: cori, bandiere, fumogeni e una passione che ha riempito la “Nordtribüne” ben prima del fischio d’inizio. Presenti anche 5.700 tifosi ospiti, il massimo consentito dal regolamento della Bundesliga.
Sul campo non sono mancate emozioni, con gol annullati, un’espulsione e qualche scintilla ma senza incidenti gravi. A garantire la sicurezza, oltre 1.700 tra poliziotti e steward. Nonostante il divieto di alcol, l’atmosfera è stata elettrica. Il derby di Amburgo ha dimostrato che nel calcio moderno, dominato dal business, c’è ancora spazio per storie romantiche e rivalità autentiche.
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