Dall’Europa al Sudamerica, il cerchio si chiude con una scelta storica: Carlo Ancelotti è diventato il nuovo commissario tecnico del Brasile. Un’icona del calcio mondiale alla guida della squadra più affascinante e vincente di sempre. Il legame tra Carletto e i campioni verdeoro nasce anni fa, in spogliatoi pieni di talento, sorrisi e vittorie.
L'esclusiva
Ancelotti al Brasile: DerbyDerbyDerby porta la Seleção alla corte di Re Carlo (VIDEO)
Visualizza questo post su Instagram
Certe storie sembrano scritte da un autore invisibile, che conosce le pieghe dell’anima e i battiti del cuore. Carlo Ancelotti, emiliano d’origine e uomo del mondo per vocazione, è pronto a indossare una maglia che profuma di storia, gloria e samba: quella del Brasile. Non sarà un debutto, non sarà un salto nel buio. Perché il Brasile, in fondo, Ancelotti lo ha già allenato. Non sulle panchine ufficiali, ma in campo. Negli occhi e nei piedi di chi lo ha conosciuto nei club più importanti del pianeta. In quei sorrisi larghi, nei passaggi filtranti, nei dribbling improvvisi. E in quel rispetto, dolce e profondo, che solo i brasiliani sanno regalare a chi li tratta come uomini, prima che come calciatori.
Dagli abbracci a Milanello con Kaká ai gol di Vinicius Jr. a Madrid, passando per le corse di Marcelo e Cafu e i contrasti di Casemiro, Ancelotti ha sempre avuto un piccolo pezzo di Brasile nel suo spogliatoio. E non è un caso se proprio oggi, alla vigilia della sua nuova avventura da ct della Seleção, siano proprio loro, i brasiliani, a prendere la parola. Con emozione, con affetto, con fierezza. Non è un saluto, è un augurio. È la conferma che prima ancora di essere un grande allenatore, Carlo è stato un padre calcistico. Un punto di riferimento. Una guida silenziosa che non ha mai avuto bisogno di urlare. Quello che segue è un piccolo mosaico di voci, volti e cuori. Un tributo a un uomo che ha saputo parlare il linguaggio universale del calcio e quello, ancora più difficile, dell’umanità. Ma prima ripercorriamo la storia del Carletto allenatore.

MILANO, ITALIA - 29 MAGGIO. L'allenatore del Milan Carlo Ancelotti e il capitano Paolo Maldini. (Photo by Giuseppe Cacace/Getty Images)
Il viaggio di Carlo Ancelotti verso il Brasile: storia di un uomo che ha allenato il mondo
—C’è chi attraversa il calcio lasciando tracce leggere. E poi c’è chi, come Carlo Ancelotti, ne ridisegna i confini con passo elegante e voce calma. La sua carriera da allenatore è un viaggio lungo trent’anni, iniziato in punta di piedi tra le nebbie emiliane e culminato sotto le luci dei templi più sacri del pallone mondiale.
Tutto comincia nel 1995, a Reggio Emilia. Ancelotti prende per mano la Reggiana e la conduce subito in Serie A. È il primo segnale: c’è un futuro, ed è brillante. Ma è a Parma, due anni dopo, che si intravede il suo tocco: Buffon, Cannavaro, Crespo, nomi destinati a diventare leggenda, lui li guida con la naturalezza di un fratello maggiore.
Nel 1999 arriva alla Juventus, ma il suo stile gentile fatica a incastrarsi con l’ambiente bianconero. Sembra una parentesi, e invece è una lezione. Poi il destino lo chiama a Milano, sponda rossonera. Ed è lì che Ancelotti smette di essere solo un allenatore e diventa un custode della bellezza. Con il Milan, tra il 2001 e il 2009, scrive pagine epiche: due Champions League, uno scudetto, una Coppa Italia, due Supercoppe UEFA e un Mondiale per Club. Ma più dei trofei, restano i sorrisi di Kaká, Pirlo, Shevchenko. E quella sensazione di armonia rara che solo lui sapeva creare.
Poi inizia il capitolo internazionale. A Londra, con il Chelsea, conquista la Premier League e la FA Cup al primo colpo. A Parigi, con il PSG, riporta il titolo in una città che non festeggiava da quasi vent’anni. E poi, naturalmente, Madrid. Il Real lo accoglie nel 2013 e con lui ritrova la Decima, la decima Coppa dei Campioni tanto attesa. Tornerà lì anche anni dopo, per scrivere un altro finale perfetto: nel 2022, vince la sua quarta Champions da allenatore e diventa l’unico tecnico ad aver trionfato nei cinque maggiori campionati europei.
Tra una parentesi al Bayern Monaco, dove aggiunge anche la Bundesliga al suo palmarès, e un ritorno in Italia col Napoli, Ancelotti sceglie l’Inghilterra più romantica e popolare: quella di Liverpool, ma sponda Everton. In un club dal cuore operaio, ritrova la magia del rapporto diretto, del calcio vissuto come appartenenza. Anche lì, tra mille difficoltà, lascia un segno profondo nel rispetto dei tifosi e nella crescita di giovani talenti.
Carlo Ancelotti e il Brasile: le testimonianze
—Quando un allenatore lascia un segno, lo vedi nei trofei. Quando un uomo lascia un segno, lo ascolti nelle parole. Oggi, mentre Carlo Ancelotti si prepara a sedersi sulla panchina della Nazionale più iconica di tutte, il Brasile, il mondo del calcio si ferma un istante. E chi lo ha conosciuto da vicino, chi ha corso per lui, vinto con lui, pianto e sorriso sotto la sua guida, sente il bisogno di dirgli qualcosa. Carlo non ha mai imposto, ha convinto. Non ha mai ordinato, ha suggerito. Lo sanno bene quelli che con lui hanno vissuto le vigilie e i post-partita, le albe in ritiro e le notti di Champions.
Carlo ha allenato ovunque. Ha parlato con tutte le lingue del pallone. Ha abbracciato culture, stili, caratteri. E oggi, da italiano, diventa il volto di un sogno brasiliano.
Ma il suo cuore resterà poliglotta. Fatto di parole gentili in inglese, battute in spagnolo, consigli in tedesco, e una pacca sulla spalla in perfetto dialetto emiliano. Non sarà solo sulla panchina verdeoro. Con lui ci saranno tutti quelli che ha reso migliori.

Marcio Amoroso
—Con l’ufficialità di Carlo Ancelotti come nuovo commissario tecnico del Brasile, si riaccendono i riflettori su una carriera straordinaria e sulla sua capacità di lasciare il segno ovunque abbia allenato. Tra coloro che lo hanno conosciuto da vicino figura anche Marcio Amoroso, ex attaccante brasiliano che nel 2006 vestì la maglia del Milan proprio sotto la guida del tecnico emiliano.
Arrivato in rossonero a gennaio di quell’anno dopo aver vinto tutto con il San Paolo, Amoroso si inserì in un gruppo ricco di campioni e trovò spazio in un reparto offensivo affollato, con la concorrenza di nomi come Inzaghi e Gilardino. Pur restando pochi mesi a Milano, il contatto con Ancelotti fu sufficiente per apprezzarne le qualità umane e professionali.
In questa breve intervista, l’ex bomber brasiliano racconta il suo punto di vista sul nuovo ct della Seleção, tra ricordi personali e aspettative per il futuro della nazionale verdeoro sotto la gestione di uno degli allenatori più vincenti di sempre.
Hai lavorato con Carlo Ancelotti al Milan: che tipo di allenatore e persona hai conosciuto? Cosa ti ha colpito di più in quel periodo?
"Ancelotti, prima di tutto, è una grande persona. Come allenatore, è indiscutibile la sua capacità di leggere le partite e capire quando e come cambiare la squadra nei momenti più difficili della gara. Ricordo che Carlo mi voleva con lui alla Juventus, in uno scambio con Thierry Henry. Però Henry rifiutò il trasferimento all’Udinese, e così l’operazione saltò".
Secondo te, quali sono le qualità di Ancelotti che meglio si adatteranno alla Nazionale brasiliana e al modo brasiliano di vivere il calcio?
"Credo che Ancelotti sia un tecnico molto esperto, che conosce bene i giocatori brasiliani: sia da calciatore, quando li affrontava, sia da allenatore, avendo guidato tanti grandi talenti del nostro Paese. La sua forza sta nella capacità, rara tra gli allenatori, di preservare il talento. Sa perfettamente lasciare libertà ai fuoriclasse, permettendo loro di decidere cosa fare in campo, soprattutto quando hanno la palla tra i piedi. Il suo messaggio è semplice: "Fai quello che è la tua qualità".
Quale sarà, invece, la sfida più grande per lui nel guidare una Seleção così ricca di talento, pressioni e aspettative?
"La vera sfida sarà superare il lungo digiuno da una finale Mondiale. Ancelotti è uno dei migliori allenatori al mondo e si troverà alla guida della Nazionale più vincente della storia. Sarà lui a dover dare la scossa a quei giocatori che, con la maglia verdeoro, finora non sono riusciti a fare davvero la differenza".
In base alla rosa attuale del Brasile e alla tua conoscenza di Ancelotti, come pensi possa schierare la Seleção? Quali giocatori potrebbero rendere al meglio con lui, considerando anche che conosce già bene Vinicius, Rodrygo, Militão ed Endrick?
"Secondo me il tempo sarà fondamentale per permettergli di capire come prepararsi al meglio per questo Mondiale. Avrà circa un anno per trasmettere le sue idee di gioco, sapendo che potrà trovarsi anche davanti a situazioni impreviste, come giocatori che arrivano sotto tono. Ma conoscendolo bene, sono convinto che la sua presenza sarà decisiva per cambiare la mentalità di quei calciatori che hanno perso fiducia con la maglia brasiliana e farli tornare a giocare da veri brasiliani. Quelli che conosce già daranno sicuramente il massimo per lui. L’importante sarà qualificarsi il prima possibile e poi concentrarsi sulle sette partite che servono per arrivare in finale".

Amantino Mancini
—Nonostante non abbia mai lavorato direttamente con Carlo Ancelotti, Amantino Mancini, ex esterno offensivo di Roma, Inter e Milan, ha voluto comunque dire la sua sul tecnico italiano, fresco di nomina come nuovo commissario tecnico del Brasile. Un segno del rispetto e dell’ammirazione che Ancelotti riesce a suscitare anche tra coloro che non lo hanno avuto come allenatore.
Protagonista in Serie A negli anni duemila, Mancini è stato uno degli interpreti più brillanti del calcio brasiliano in Europa, noto per la sua tecnica e le sue accelerazioni. Nel corso della sua carriera ha incrociato diverse volte Ancelotti da avversario e ha potuto apprezzarne da vicino la preparazione, la gestione dei campioni e lo stile sempre misurato.
Nella breve intervista e nel video che accompagna le sue parole, Mancini racconta cosa rappresenta per il Brasile avere un allenatore come Ancelotti, quale impatto potrebbe avere sul gruppo e quali sfide lo attendono sulla panchina verdeoro. Ecco le sue considerazioni.
Amantino, come hai reagito alla notizia che sarà Carlo Ancelotti a guidare la nazionale brasiliana? Ti aspettavi una scelta del genere o ti ha sorpreso?
"La mia reazione è stata positiva. Si tratta di un allenatore che ha allenato tanti campioni, uno che ha vinto tutto nella sua carriera. È vero, questa sarà la sua prima esperienza alla guida di una nazionale, e per il Brasile è la prima volta con un allenatore straniero di questo livello. Speriamo che Ancelotti possa fare bene, perché il calcio brasiliano, in questo momento, ha davvero bisogno di una figura come la sua. Sono molto contento del suo arrivo".
Conosci bene il calcio europeo e quello brasiliano: secondo te che tipo di valore può portare un allenatore come Ancelotti alla Seleção, sia a livello tattico che umano?
"Secondo me, uno dei valori principali che Ancelotti porterà al calcio brasiliano è la disciplina tattica. È qualcosa che io stesso ho imparato giocando in Italia: il calcio italiano mi ha insegnato tanto, soprattutto grazie a un allenatore italiano che ho avuto quando sono arrivato alla Roma. Penso che anche Carlo Ancelotti trasmetterà questo tipo di mentalità ai giocatori brasiliani".
"Inoltre, Ancelotti ha sempre lavorato con calciatori brasiliani nelle sue squadre, quindi sa bene come pensano, come ragionano. Questo, secondo me, renderà il suo adattamento più rapido, perché conosce già la mentalità e un po' della cultura dei giocatori brasiliani. Dal punto di vista tattico e ambientale, è un allenatore molto bravo. Ovunque sia andato ha fatto un lavoro eccezionale, e mi auguro che in nazionale non sia diverso".
Il Brasile sta cercando da tempo di ritrovare la sua identità vincente. Pensi che l’esperienza internazionale di Ancelotti possa aiutare a dare un’impronta forte alla squadra?
"Io penso che, con l’arrivo di Carlo Ancelotti, la nazionale brasiliana ritroverà la sua identità. Le materie prime ci sono: abbiamo giocatori forti, tecnici, di grande qualità. Quello che manca è solo un po’ più di tranquillità e organizzazione tattica. Credo che Ancelotti, con il suo modo di intendere il calcio, potrà aiutarci tantissimo in questo senso".
Carlo ha sempre avuto un grande rapporto con i suoi giocatori. Secondo te come sarà il feeling con i talenti brasiliani e che tipo di gruppo potrebbe nascere sotto la sua guida?
"Assolutamente sì. Penso che Carlo Ancelotti, come ha sempre dimostrato nei club, sia un ottimo gestore, capace di costruire un grande rapporto con i calciatori. Inoltre, nella sua carriera ha spesso lavorato con giocatori brasiliani, e questo lo aiuterà molto. Credo che, proprio grazie a queste sue qualità, riuscirà a fare bene e porterà la nazionale brasiliana a tornare protagonista".
© RIPRODUZIONE RISERVATA