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A Rio de Janeiro la concorrenza è feroce: qui il futebol è praticamente una religione, che divide e unisce interi quartieri della stessa metropoli. Quattro grandi club si contendono l’anima dei tifosi, i derby sono all’ordine del giorno, ma non per questo meno sentiti. Se Flamengo-Fluminense è il “classico” della zona Sud, con le sue spiagge da cartolina, Botafogo-Vasco racconta un’altra Rio, meno turistica e molto più sociale. È lo scontro tra due anime della città.
Il Botafogo nasce nel 1904 in un quartiere elegante nella zona Sud, tra musei, teatri, bar storici e ville affacciate su una baia a mezzaluna, che guarda dritto verso il Pan di Zucchero. A fondarlo sono degli studenti del collegio “Alfredo Gomes”, annoiati da una lezione di algebra. I colori sono quelli della Juventus, il nome richiama un artigliere portoghese, João Pereira de Souza, e già questi elementi rendono bene l’essenza del Fogão: spiagge, scuole esclusive, famiglie bene, un’aura intellettuale e un po’ malinconica, legata al mito di Garrincha e alla tradizione dei campeões alvinegros. È il club romantico di Rio, con la sua Stella Solitaria cucita sul cuore. Qui il calcio si mescola al mito carioca, sotto lo sguardo del Cristo Redentore.
Anche il Vasco da Gama è legato al mare e a un famoso navigante, ma con un retaggio completamente diverso. Nasce nel 1898 a São Cristóvão, un quartiere popolare del Nord abitato in gran parte da immigrati portoghesi, in cui sorge la favela Barreira do Vasco. A fondare la polisportiva sono quattro ragazzi che non vogliono più spostarsi tanto lontano da casa per praticare il canottaggio. Con il tempo, il Vasco sarebbe diventato il club della periferia, che, già negli anni ’20, apriva le porte a giocatori di ogni estrazione sociale e origine: bianchi, neri, mulatti, poveri o benestanti. Una scelta che renderà il Vasco un simbolo di inclusione attraverso lo sport. “Dimmi di dove sei, ti dirò dove vai”: questa è la filosofia del Vasco, ma anche “ricordati sempre da dove vieni”. È il club di Bebeto, ma soprattutto o clube do povo, la squadra del popolo: i vascaínos si riconoscono nell’orgoglio operaio e nel rifiuto di ogni etichetta d’élite.
Nel calcio moderno e globalizzato ha ancora senso parlare di queste differenze? Nel caso del Classico Alvinegro, sì: resta lo scontro tra due modi diversi di vivere la stessa città. La zona Sud, con Botafogo, continua a incarnare l’immagine più glamour di Rio: spiagge dorate, bikini, nightlife e un’aura patinata esportata in tutto il mondo. La zona Nord, invece, è quella meno fotografata ma più autentica: lì vivono e lavorano la maggior parte dei carioca, lì ci sono i bar di quartiere frequentati dalla gente comune.
Certo, oggi i confini non sono più così netti. I turisti arrivano sempre più spesso fino a São Cristóvão per scattare una foto davanti allo stadio São Januário, e non è raro che un ragazzo della zona Sud scelga di vestire la maglia del Vasco. Ma il fascino del derby rimane intatto: il Botafogo resta la squadra della saudade, il Vasco quella dell’inclusione.
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