Tra Vasco da Gama e Flamengo: Romario, il talento ribelle di Rio
14 gennaio 2000: Romario del Vasco de Gama in azione durante la finale del Campionato Mondiale per Club contro il Corinthians, giocata allo stadio Maracanã di Rio de Janeiro, in Brasile. Il Corinthians si aggiudicò il trofeo, vincendo 4-3 ai rigori dopo che i tempi supplementari si erano conclusi a reti inviolate. Crediti obbligatori: Shaun Botterill /Allsport
Romário è il simbolo del calcio brasiliano anni '90: genio ribelle, goleador implacabile, idolo di Vasco e Flamengo. Dalla gloria in campo alla politica, la storia incredibile di O Baixinho
Silvia Cannas Simontacchi
Il sole picchia forte sulla curva del Maracanã, le bandiere si agitano come onde. In mezzo al campo, un numero 11 dal baricentro basso e dallo sguardo di chi ha già deciso come andrà la partita. È Romario, e oggi sta per segnare contro quelli che ieri lo acclamavano. È il più tipico dei triangoli amorosi: ai vertici, Vasco da Gama e Flamengo, due rivali storiche; tra loro, un solo uomo capace di amarle, tradirle e farle impazzire entrambe.
Fuoriclasse del calcio mondiale e icona del Brasile anni '90, Romario era genio e sregolatezza: acuto, sfrontato, allergico alla disciplina quanto devoto al gol. Un talento purissimo che ha fatto innamorare la Cidade Maravilhosa, dividendo i cuori e moltiplicando i dibattiti da bar a bar, da spiaggia a spiaggia. Nella sua carriera ha attraversato continenti – dall’esplosione al PSV Eindhoven alla consacrazione con il Barcellona, fino alla Coppa del Mondo del '94, vinta da protagonista assoluto.
Ma il suo cuore non ha mai lasciato Rio de Janeiro, sospeso tra la croce del Vasco da Gama e la fiamma rossonera del Flamengo. In una città dove il calcio è guerra e carnevale, Romario è stato l’attore principale: capace di tradire e farsi perdonare, lasciare e tornare, rompere e ricucire. Sempre a modo suo, con quella sicurezza beffarda di chi sa già che, qualunque cosa faccia, la passerà liscia.
Il primo amore: il Vasco da Gama
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Nato il 29 gennaio 1966 a Rio de Janeiro, sotto il segno dell’Acquario, Romario de Souza Faria muove i primi passi nel calcio professionistico con il Vasco da Gama. Dopo essersi fatto notare con quattro gol in un’amichevole nelle giovanili dell’Olaria, viene ingaggiato dal club nel 1985. Durante la sua prima esperienza con il Vasco (1985–1988), Romario si impone subito per la sua straordinaria vena realizzativa: 124 gol in 194 presenze. Le sue prestazioni gli valgono la chiamata in nazionale e, nel 1988, la partecipazione alle Olimpiadi di Seul, dove chiude da capocannoniere e con la medaglia d’argento che gli brilla sul petto.
Il Vasco da Gama, fondato nel 1898 da immigrati portoghesi, è uno dei club storici del calcio brasiliano, celebre per aver aperto le porte ai giocatori neri e mulatti in tempi di forte discriminazione, diventando un simbolo di inclusione e lotta sociale. Per il giovane Romario è trampolino di lancio verso l’Europa, ma anche un rifugio e una casa. Tornerà al Vasco in ben quattro diversi momenti della carriera, sempre accolto come un figlio prodigo. Con la maglia del club firma titoli, gol memorabili e stringe un rapporto viscerale con la tifoseria. Il suo legame con i vascaínos non è solo calcistico: è affettivo, identitario, eterno.
Il tradimento di Romario: il passaggio al Flamengo
5 agosto 1998: Romario del Flamengo in azione durante la partita di precampionato del Torneo di Gelderland contro il Chelsea ad Arnhem, in Olanda. Il Flamengo perse 5-0. Crediti obbligatori: Ben Radford /Allsport
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Nel 1995, dopo il trionfo mondiale del '94, Romario torna nella città del Redentore con l'aura di un eroe nazionale. È qui che sorprende tutti: questa volta, non solo le Camisas Negras ad accoglierlo, ma il Flamengo, storico rivale cittadino. L'operazione porta la firma di Edmundo dos Santos Silva, presidente del Flamengo, che riesce a convincerlo con un progetto ambizioso e una proposta economica allettante. Per molti tifosi del Vasco, il trasferimento è un tradimento difficile da accettare, ma Romario, come sempre, sembra non curarsene: al Flamengo lo attende una nuova storia d’amore e, soprattutto, nuovi gol.
Con la maglia rossonera, trascorre un triennio (1995–1999, con alcune interruzioni per brevi esperienze all'estero e un primo ritorno al Vasco) in cui segna oltre 70 gol e colleziona momenti memorabili, parte di un leggendario attacco con Edmundo e Savio, battezzato "o ataque dos sonhos" – l’attacco dei sogni. Ma il rapporto con il Flamengo è travagliato fin dall’inizio. Tra infortuni, diverbi con l’allenatore e un carattere non sempre facile da gestire, Romario vive alti e bassi continui. Lo stadio si spacca tra chi lo adora e chi lo fischia, ma nessuno può ignorarlo.
Appena arrivato tra i flamenguistas, chiede dei giorni di permesso per partecipare al Carnevale di Rio, uno degli eventi più importanti per lui, a cui proprio non può rinunciare. L'allenatore, Fernando Diniz, acconsente, ma a una condizione: dovrà segnare due gol nella partita successiva contro il Fluminense. Romario accetta la sfida e, in appena 20 minuti, segna i due gol richiesti, portando i rubro-negros alla vittoria. Dopo aver segnato, chiede di essere sostituito, spiegando che altrimenti rischia di perdere l’aereo per il Carnevale. Impedirgli di fare quello che vuole sembra impossibile, ma è difficile negare qualcosa a chi ha sempre il risultato in mano.
Il ritorno del figlio prodigo
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Nel 1999, dopo un periodo turbolento, Romario torna al Vasco da Gama. Il suo ritorno è quasi un atto simbolico, una riconciliazione con le sue radici e un modo per rimettersi in gioco in un campionato che lo aveva visto crescere. I vascaínos lo accolgono come un fedifrago pentito ma irresistibile, e lui, ancora una volta, si prende la scena.
Romario è ormai un calciatore di fama mondiale, ma il Vasco da Gama ha attraversato diversi alti e bassi dopo la sua partenza. La sua presenza non solo infonde nuova speranza, ma segna anche una consapevolezza importante: non è più il ragazzo che incantava con la sua leggerezza e velocità, ma un veterano con dei trascorsi importanti e una personalità straripante. Nel secondo periodo al Vasco (1999–2002), Romario continua a segnare e a fare la differenza, ma è la sua leadership a diventare sempre più evidente. Ormai è il faro della squadra, l'uomo che trascina i compagni con la sua visione del gioco e la capacità di decidere le partite. Nonostante le difficoltà e le voci sulla sua condotta fuori dal campo, Romario non smette di brillare. Il suo carisma incanta la torcida, mentre il suo istinto da goleador continua a colpire, come solo lui sa fare.
Lascerà di nuovo il Vasco da Gama nel 2002, ma non sarà un addio: il legame con la culla del futebol è indissolubile, e il Vasco resterà per sempre il suo primo amore. Negli anni successivi, Romario continuerà a giocare per diverse squadre, in Brasile e all’estero, in una vera e propria tournée da rockstar del calcio. Nel 2007 torna un’ultima volta al Vasco (sì, di nuovo!) e segna il gol numero 1000 della sua carriera, almeno secondo i suoi calcoli, che includono anche amichevoli e partite non ufficiali. Ma nel calcio di oggi – ha tenuto a sottolineare – avrebbe potuto arrivare anche a duemila.
Romario oltre il campo
BRASILIA, BRASILE - 11 MAGGIO: Il senatore Romario de Souza partecipa a una sessione straordinaria del Senato brasiliano per votare se accettare o meno le accuse di impeachment contro la contestata presidente brasiliana Dilma Rousseff, l'11 maggio 2016 a Brasilia, Brasile. (Foto di Igo Estrela/Getty Images)
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Ritiratosi dal calcio giocato nel 2009, Romario non ha mai davvero lasciato la scena. Si può dire, piuttosto, che abbia semplicemente cambiato palco. Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, ha continuato a far parlare di sé in giacca e cravatta: prima come dirigente sportivo, poi come politico.
Nel 2010 viene eletto deputato federale con il Partito Socialista Brasiliano, conquistando un numero record di voti a Rio de Janeiro. La sua battaglia politica più importante – e più personale – è quella per i diritti delle persone con disabilità, ispirata dalla figlia Ivy, nata con la sindrome di Down. È proprio così che riesce a guadagnarsi, a sorpresa, il rispetto anche dei più scettici. Diretto, spesso sopra le righe, mai banale. Romario è rimasto fedele a se stesso anche in politica: insofferente alle regole, ma capace di canalizzare la propria popolarità in battaglie reali. Nel 2014 diventa senatore, ma continua a essere una voce fuori dal coro: spara a zero sulla corruzione nel calcio brasiliano, non risparmia critiche alla CBF (Confederação Brasileira de Futebol), e dimostra che la sua lingua è tagliente tanto quanto lo erano i suoi dribbling.
Oggi, Romario è una figura complessa, sfaccettata. Nel suo passato è stato Vasco e Flamengo, ma più di tutto è stato Romario: attaccante implacabile, icona nazionale, leggenda difficile da inquadrare. E in un Paese dove il calcio è religione, lui è stato sia profeta che peccatore. Per molti resterà per sempre O Baixinho — il genio del gol, il volto del Brasile anni ’90. Ma la sua storia dimostra che anche fuori dal campo si può essere protagonisti. A modo proprio, senza paura di dispiacere a qualcuno.