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CR7 sembrerebbe davvero prossimo all'addio al calcio giocato. Questo è il tema centrale attorno cui ruota l'intervista di Piers Morgan a Cristiano Ronaldo. Tuttavia, il grande momento non è ancora arrivato e lo ha dimostrato con la doppietta segnata lo scorso primo Novembre nel match di campionato contro l'Al Fayha. Salito a quota 9 gol stagionali in 10 partite, la leggenda portoghese ha ancora l'obiettivo dei 1000 gol e soprattutto arrivare in forma al Mondiale nordamericano col Portogallo. Insomma, Cristiano non vorrà smettere finché non sarà considerato unanimemente il più grande di questo sport.
Dopo aver ribadito di non sentirsi inferiore a Leo Messi, l'ex Juventus si è aperto davanti alla fatidica questione del ritiro. Cosa succederà quando CR7 non giocherà più a calcio? Che mondo sarà il nostro? Ci si porrà davanti davanti l'abisso di Nietzsche? Cristiano, anche grazie ad un cenno su un suo lato più umano, ci tranquillizza (ma non troppo): "Non so quando accadrà ma credo presto. Mi farò trovare preparato, sono preparato, credo. Dopotutto è una cosa a cui penso da quando ho 25, 26 anni… riflettendo sul futuro. Credo di poter resistere in quel momento a tutta la pressione. Credo che piangerò, difficilmente trattengo le lacrime davanti alle emozioni. Sono una persona aperta, sensibile: non reprimo mai i miei sentimenti".
Con l'oblio calcistico, tutto ciò che rimane sono gli affetti. Anche per CR7 il lato familiare ha un certo peso sul proprio futuro: "Niente può rimpiazzare il calcio. Niente è paragonabile all'adrenalina che proviamo quando segniamo un gol. Ma come dico sempre, tutto ha un inizio e una fine. Sarò pronto, ho coltivato altre passioni e interessi e poi avrò più tempo per me stesso. Avrò più tempo per la mia famiglia, per crescere i miei figli".
Tra le trame familiari sicuramente ha un posto di rilievo il rapporto paterno con il figlio Cristiano JR, calciatore in erba: "È una specie di impulso inconscio. Voglio seguirlo da vicino perché è in un momento della vita in cui si fanno cose stupide. È normale… perché facevo lo stesso anch'io. Voglio essere più orientato alla famiglia, più presente."
Un'altra parte dell'intervista di grande interesse è quella relativa al rapporto speciale con il club che l'ha reso grande in europa, i Red Devils: "Per me è uno dei club più importanti al mondo e del secolo. È un club che ho ancora nel cuore per ovvi motivi. Ho vinto la Champions League lì, ho vinto il Pallone d'Oro, ho vinto 12, 13, 14 titoli lì. Quindi ripeto, il Manchester United è ancora nel mio cuore."
Ma lo status attuale del club inglese è quello di nobile decaduta, di gigante dai piedi di argilla. Cristiano lo sa e ne soffre, tanto che propone un'analisi e soluzioni per ricreare la magia dello United: "Adoro quel club. Ma dobbiamo essere tutti onesti, guardare con i nostri occhi e dire: 'Ascoltate, non sono sulla buona strada'. Bisogna seguire le persone intelligenti, persone sveglie, per creare una base per il futuro, come ha fatto il Manchester United tanti anni fa. Nicky Butt, Gary [Neville], Roy Keane, Beckham, sono diventati grandi giocatori ma erano giovani e il Manchester United aveva una struttura, che ora non ha. Spero che le cose cambino in futuro, nel presente e nel futuro, perché il potenziale del club è incredibile."
Le ultime parole spese sull'ex club sono di stima e comprensione per l'attuale tecnico dei Red Devils, Ruben Amorim, suo connazionale: "Non si tratta solo di allenatore e giocatori, secondo me. Ruben sta facendo del suo meglio. Cosa devi farci?" Per esasperare la condizione dell'allenatore, cita un elemento di forte impatto per la cultura portoghese: "In Portogallo diciamo: 'I miracoli sono solo a Fatima'… E lui non farà miracoli. I miracoli sono impossibili."
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