L'ex Barcellona si è aperto e ha parlato di un problema esistente nella maggior parte della sua carriera da professionista
"Vive come giocava", scrive 'El País' e mai descrizione fu più precisa. Andrés Iniesta, simbolo di eleganza in campo e riservatezza fuori, si è raccontato in una lunga intervista con la delicatezza che ha sempre contraddistinto il suo stile. Con parole semplici e sincere, ha affrontato un tema complesso come quello della salute mentale, parlando apertamente della depressione che lo ha accompagnato anche negli anni più gloriosi con il Barcellona. Un dialogo intimo in cui il campione spagnolo non dà lezioni, ma condivide la propria storia: quella di un uomo che ha saputo convivere con il dolore interiore senza mai smettere di cercare luce e che nel calcio ha trovato la sua ancora di salvezza.
Iniesta: "Guardiola lo sapeva, senza di lui non ne sarei uscito"
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"Il calcio è stato il mio linguaggio, il mio rifugio, il posto dove sono stato più felice", confessa Iniesta. Mentre fuori sorrideva e incantava il mondo con tocchi delicati e visioni geniali, dentro combatteva una battaglia silenziosa. “Convivevano due mondi dentro di me e il calcio ha vinto”, racconta. Ma non generalizza: sa che ogni percorso è unico, che non tutti trovano facilmente la persona giusta a cui affidarsi. Lui, ad esempio, arrivava in anticipo alle sedute con lo psicologo, ma riconosce che per altri quell’alchimia può non esserci.
Andrés Iniesta: “No dejaba salir el dolor, lo intentaba tapar, y el fútbol me consolaba”. El exfutbolista del Barcelona sufrió una depresión que le atropelló en el momento más exitoso de su carrera. Hoy habla de ella en el libro ‘La mente también juega’.https://t.co/m4kBqvqAi3
— EL PAÍS Deportes (@elpais_deportes) April 23, 2025
“Per questo non do consigli, non voglio insegnare nulla. Posso solo raccontare la mia esperienza, con onestà”. Determinante, in quegli anni delicati, fu anche la sensibilità dell’ambiente blaugrana. Guardiola e il suo staff, spiega Iniesta, sapevano. E lo sostenevano. “Poteva capitare che non finissi un allenamento perché stavo male e loro lo accettavano. Si sono sentiti coinvolti. Senza quella comprensione, uscirne sarebbe stato impossibile”.