Palmeiras-Porto, una delle prime partite del Mondiale per Club, è anche lo scontro tra due mondi: Brasile e Portogallo. Vediamo come sono cambiate le dinamiche tra questi due paesi sul piano calcistico negli ultimi anni.
Il confronto
Mondiale per Club: Porto-Palmeiras è anche lo scontro tra Portogallo e Brasile

DURBAN, SOUTH AFRICA - JUNE 25: Cristiano Ronaldo of Portugal is closed down by Gilberto Silva and Dani Alves of Brazil during the 2010 FIFA World Cup South Africa Group G match between Portugal and Brazil at Durban Stadium on June 25, 2010 in Durban, South Africa. (Photo by Steve Haag/Getty Images)

La rinascita del Portogallo
—Fino alla metà degli anni ‘90 il Portogallo era un paese come tanti sulla mappa del calcio mondiale, a differenza del Brasile. I lusitani hanno partecipato due volte al Mondiale, nel 1966 e nel 1986. Nel primo caso, grazie al Benfica e alla sua generazione d’oro, fu terzo posto, nel secondo soltanto un’eliminazione al primo turno.

Poi, dopo 20 anni, un nuovo fenomeno, Cristiano Ronaldo, ha ridefinito l’importanza del Portogallo nel calcio internazionale. Dal suo esordio con la maglia della “Seleção das Quinas”, la squadra non è mai mancata a una rassegna iridata, vincendo anche un Europeo nel 2016. E, vedendo i tanti talenti che in questi anni il Portogallo sta sfornando, anche con il suo ritiro ormai prossimo i tifosi possono dormire sonni tranquilli. L’obiettivo è quello di migliorare il risultato del quarto posto del 2006, il migliore in epoca moderna.
Il calo del Brasile e il confronto tra club come Palmeiras e Porto
—D’altro canto, il Brasile non sta riuscendo a rialzarsi dopo più di due decenni complicati. Dopo il Mondiale vinto in Corea del Sud e Giappone nel 2002, i verdeoro non hanno trovato mai la quadra per essere davvero tra i favoriti ai nastri di partenza di una rassegna iridata. In quattro edizioni su cinque la squadra si è fermata sempre ai quarti di finale. Nel 2014, in casa, il 7-1 subito dalla Germania in semifinale è un’umiliazione ancora cocente per tutti gli appassionati carioca.

Una delusione ancor più grande se pensiamo che anche il Brasile ha avuto il suo grande campione in questi anni: Neymar. Il suo erede, che dovrebbe essere Vinicius, sembra ora troppo solo per poter portare la "Selecao" al successo mondiale. Mancano soprattutto centrocampisti e difensori in grado di essere all’altezza di quelli europei e argentini, che in questi anni hanno nettamente sopravanzato quelli brasiliani.
Dal punto di vista dei club il discorso è un po’ diverso. La Copa Libertadores è da sempre appannaggio dei club brasiliani e argentini. Dal 2010 a oggi 10 volte su 15 a vincere è stato un club verdeoro. Il Palmeiras ha vinto nel 2020 e nel 2021, un risultato che per il Porto è oggettivamente impossibile.

Nonostante i club portoghesi siano sicuramente avversari ostici, soprattutto in casa, nella storia le squadre lusitane hanno vinto solo 4 Coppe dei Campioni. Due volte, negli anni ‘60, con il Benfica, e due con il Porto, nel 1987 e nel 2004, con José Mourinho. Si tratta di un dato da prendere chiaramente con le pinze. La concorrenza che il Porto deve affrontare è molto più significativa di quella del Palmeiras.

Potremmo dunque parlare di una sorta di scambio: quello che era il Brasile, forte in ogni ruolo e con grandi campioni, è diventato il Portogallo. E per gli iberici l’assalto al Mondiale, adesso, è possibile.
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