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Monterrey-Tigres: due città, due club, un’unica religione

Monterrey Tigres
Nel Nord del Messico, il Clásico Regio tra Monterrey e Tigres è più di una partita: è un rito collettivo che unisce e divide una regione intera. Due squadre, due anime, un’unica fede calcistica che ferma il tempo e accende il Nuevo León
Silvia Cannas Simontacchi
Silvia Cannas Simontacchi

Ormai è tutto pronto per sabato 1° novembre, Día de los Muertos, la notte in cui le anime dei morti tornano a visitare il mondo dei vivi e il Monterrey di Domenec Torrent aspetta il Tigres. È il Clásico Regio, o Clásico del Norte: il derby che infiamma il Messico settentrionale.

Dal primo duello “all’ultimo sangue”, il 13 luglio 1974, sono passati poco più di cinquant’anni. Finì 3-3. Da allora, il mondo è molto cambiato: le città hanno un altro volto, due generazioni di tifosi si sono date il cambio sugli spalti, le squadre hanno vissuto ascese e cadute. Ma una cosa non è mai cambiata: l’ardore della rivalità.

Monterrey-Tigres: due città, due club, un’unica religione- immagine 2

Ovunque si giochi, lo stadio è pieno. Nessuno vuole perdersi lo spettacolo, e tutti indossano i propri colori, anche lontano dal campo. L’attesa è come una Quaresima, vissuta con la trepidazione che precede una grande festa – senza però la certezza di esservi invitati.

Alla base dei dissapori tra Rayados e Felinos, c’è una questione di status sociale: il Monterrey è la squadra dell’élite, dei quartieri alti e dell’industria; il Tigres quella degli studenti, dei lavoratori, della gente comune. Due mondi paralleli, che si osservano a sole 5 miglia di distanza, divisi solo dai colori della maglia e da un orgoglio che non conosce tregua.

Monterrey-Tigres: due squadre, due anime

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I Rayados – soprannome che richiama le strisce bianche e blu della divisa – rappresentano la Monterrey più cittadina, borghese e imprenditoriale. Fondato il 28 giugno 1945 da un gruppo di industriali, il club ha sempre incarnato l’immagine di una società solida, ben gestita e moderna, costruita attorno a valori di efficienza e ambizione. Un’identità che nemmeno le stagioni di salvezze sofferte o le ristrettezze economiche degli anni Ottanta e Novanta sono riuscite del tutto ad appannare.

Dall’altra parte, il Tigres dei Felinos – nato come squadra universitaria nel 1960 a San Nicolás de los Garza – esprime lo spirito popolare e accademico del Nuevo Nuevo León. Amato dagli studenti e dalle classi più umili, il club ha mosso i primi passi nei corridoi dell’Universidad Autónoma de Nuevo León, crescendo a zampate fino ad affermarsi dentro e fuori dai confini del Messico, facendo sentire il suo ruggito persino alla finale della Copa Libertadores del 2015 e del Mondiale per Club 2020.

Il Clásico Regio: quando il Nord si ferma

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Negli ultimi anni, Monterrey e Tigres hanno dominato la Liga MX e la CONCACAF Champions League, portando in alto il nome del Nord e rompendo l’egemonia delle squadre della capitale. Monterrey è una città moderna, sede di multinazionali e imprese all’avanguardia, ma ogni volta che si gioca il Clásico Regio tutto si ferma: le fabbriche rallentano, i negozi chiudono prima, i bar si riempiono già dal mattino.

Qui, tutto si consuma in pochi chilometri: lo stadio BBVA dei Rayados e l’Estadio Universitario del Tigres si fronteggiano da una distanza che si potrebbe percorrere a piedi, come due altari della stessa fede, divisi da uno scisma. Le tifoserie si incrociano ogni giorno – per strada, nei mercati, persino in famiglia. Le bandiere sventolano dai balconi, i cori risuonano nei quartieri e i bambini scelgono presto da che parte stare: a Monterrey non si è mai “solo” tifosi.