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A fine luglio, o nei primi giorni di agosto, quando la Lega Serie A ufficializza il calendario della nuova stagione, a Romaaccade sempre la stessa cosa. Non importa chi sarà l’avversario della prima giornata, né quando arriveranno le grandi: la prima occhiata va al derby. Perché in Italia esistono tante sfide che possono essere chiamate derby, ma una sola davvero ne incarna l’essenza profonda. Una sola va oltre la rivalità sportiva, oltre i confini del campo. È Roma-Lazio. Questa è la partita per eccellenza. Un evento che trasforma la città, che la divide e la accende, che la scuote fin nelle fondamenta. A Roma, il derby non si gioca soltanto: si vive, si aspetta, si teme. Si respira.
Già una settimana prima, l’aria cambia. Anche chi non sa nulla di calcio si ritrova a parlarne. Si litiga, si sogna, si ricorda. La città si accende, si stringe nei colori, nei cori, nei silenzi. Roma diventa altro: una capitale sospesa, che non somiglia a nessun’altra. Forse, a livello tecnico, non ha il prestigio del derby di Milano. Ma nessuno, fuori da Roma, può comprendere il peso emotivo, culturale e identitario di questa partita. Perché qui, il derby segna tutto: gli umori, gli equilibri, le stagioni. A volte, anche le carriere. E ora ci siamo. Domenica, alla quarta giornata, molto prima del solito, quella lunga attesa finirà. Quando l’arbitro Sozza fischierà il calcio d’inizio, un nuovo capitolo prenderà vita. E sarà ancora una volta il derby a scrivere il destino - delle squadre, degli allenatori, dei tifosi. Ma soprattutto, di questa città.
A Roma il derby non è solo una partita: è una questione di identità, di appartenenza, di sopravvivenza emotiva. È un evento che va oltre il calcio, oltre la classifica, oltre la logica. Chi vince si prende tutto. Chi perde, invece, resta indietro.E non solo nel punteggio. Perché qui non si perde solo una sfida, si perde la faccia, si perde il diritto alla parola. Si viene zittiti nei bar, nelle chat, sui social, persino in famiglia. Per settimane - a volte per mesi - si vive sotto il peso del risultato, tra sfottò, risate amare e silenzi imbarazzati. Chi perde il derby non può semplicemente “voltare pagina”.Il derby a Roma te lo fanno ricordare, sempre.
È per questo che, nella Capitale, vincere il derby è come respirare: è ossigeno puro, è salvezza. È una vittoria che vale più dei tre punti, più di una rincorsa Champions o di una posizione in classifica. Ma soprattutto è dominio cittadino, è supremazia territoriale, è la certezza di potersi sentire parte di qualcosa che conta. Anche gli allenatori lo sanno. Lo sentono addosso. Per molti, il derby è una trappola o una rampa di lancio. Lo vivono con tensione e rispetto, consapevoli che, da queste parti, può decidere il destino di una stagione, o persino della loro permanenza in panchina. A Roma non si dimentica chi ha vinto un derby. Ma soprattutto, non si perdona chi lo ha perso.Per questo, domenica, quando l’arbitro fischierà l’inizio, in campo non scenderanno solo due squadre. Ma due mondi in guerra per la sopravvivenza sportiva e simbolica.
Il Derby della Capitale non si limita al campo. Si vive anche sugli spalti, anzi, spesso comincia da lì. Ogni anno, i tifosi di Lazio e Roma danno vita a coreografie che restano impresse nella storia del calcio italiano. Quando gli striscioni si aprono e i cartelloni si srotolano, lo stadio si trasforma in uno spettacolo mozzafiato che toglie il fiato e schiaccia psicologicamente i giocatori. È lì che il derby mostra tutta la sua potenza: nella scenografia, nei cori, negli sguardi. In casa Roma, sono tanti i volti nuovi che questo spettacolo non l’hanno mai vissuto: da Wesley a El Aynaoui, passando per chi ha appena messo piede in città. E forse, proprio questa inesperienza potrebbe regalare un leggero vantaggio alla Lazio, che arriva con un gruppo più consolidato e con una voglia feroce di rivalsa, dopo aver ceduto la supremazia cittadina nella scorsa stagione. Ma il peso di questa partita non risparmia nessuno. Siamo solo a settembre, è vero, ma una sconfitta potrebbe avere conseguenze pesanti da entrambe le parti.
In casa Roma, perdere vorrebbe dire iniziare a incrinare l’entusiasmo attorno al nuovo corso targato Gasperini. I primi dubbi si insinuerebbero nei pensieri dei tifosi, della stampa e dell’ambiente, sempre pronto a dividersi. Forse anche per questo Claudio Ranieri, oggi senior advisor giallorosso e profondo conoscitore del derby, ha voluto essere presente a ogni allenamento della settimana: per trasmettere ai nuovi il significato di questa partita e dare equilibrio emotivo a un gruppo ancora in costruzione. Sul fronte Lazio, invece, non servono parole. In panchina c’è Maurizio Sarri, uno che il derby lo conosce bene e lo sa vincere. Su sei stracittadine disputate, ne ha perse solo una. Il "Comandante" cercherà ancora una volta di riportare la Lazio in alto, consapevole che una sconfitta potrebbe aprire scenari inaspettati e forse pericolosi, che è meglio non dover affrontare.
In un derby come questo, niente resta uguale dopo il triplice fischio. Qualunque sarà il risultato, porterà con sé strascichi lunghi settimane, forse mesi. Gli umori, le convinzioni, le narrazioni, persino i progetti tecnici potrebbero subire una svolta. Ed è proprio per questo che, in città, l’ansia cresce, si espande e non lascia tregua. Perché a Roma il derby non si gioca: si attraversa, si combatte e, alla fine, si sopporta. Chi perde, abbassa la testa. Chi vince, si prende tutto. E fino a quel momento, l’unica certezza è una sola: niente sarà più come prima.
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