
Milano, serata di derby di Coppa. Le prime luci si accendono sulla città, i tornelli girano, le torri si riempiono. Come sangue che scorre nelle vene, i tifosi affluiscono e il cemento vivo di San Siro inizia a pulsare.
Il tifo
MILANO, ITALIA - 12 APRILE: Marco Materazzi dell'Inter e Rui Costa del Milan osservano i tifosi dell'Inter che inondano il campo di razzi durante la partita di ritorno dei quarti di finale di UEFA Champions League tra Milan e Inter allo stadio San Siro il 12 aprile 2005 a Milano, Italia. (Foto di Mike Hewitt/Getty Images)
Milano, serata di derby di Coppa. Le prime luci si accendono sulla città, i tornelli girano, le torri si riempiono. Come sangue che scorre nelle vene, i tifosi affluiscono e il cemento vivo di San Siro inizia a pulsare.
Secondo Anello Blu. Di fronte, al di là del campo, il Secondo Verde. La voce delle curve arriva prima del fischio d’inizio e resta nell’aria anche quando tutto tace. La Curva Nord e la Curva Sud sono il cuore e la memoria del Meazza, La Scala del calcio — quella che oggi rischia di essere demolita, e domani chissà. Intanto, si canta. Per spingere la squadra o colpire l’avversario, per celebrare un trionfo o sfogare la rabbia. C’è chi intona i cori come inni sacri e chi li urla con la voce spezzata. Alcuni di essi diventano virali su TikTok, altri restano lì, sugli spalti che tremano sotto migliaia di piedi.
Quando le curve finiscono sui giornali, è quasi sempre per qualche brutta storia – violenza, arresti, inchieste, intrecci poco limpidi – e le milanesi non fanno eccezione. Chi le abita, però, sa che lì dentro il calcio si vive in un modo che non si può spiegare in streaming. È una questione di fede. E ogni fede ha le sue preghiere così come quelle che animeranno il derby di Milano.
La Curva Sud non canta. La Curva Sud declama. E negli ultimi anni, lo fa con una vena poetica sorprendentemente ispirata. Anche quando insulta, lo fa con stile. O quasi. Chiunque abbia messo piede a San Siro, lato Milan, sa cosa succede quando parte “Forza Diavolo alè, vivo solo per te”. È più di un coro: è una dichiarazione d’amore incondizionata. Lo stadio trema, letteralmente. È un “noi ci siamo” che non ha bisogno di spiegazioni. È l’anima rossonera che si manifesta, anche quando in campo non c’è più niente da dire — o da salvare.
Ma certo, non c’è Curva senza sfottò. E la Sud, quando punge, sa essere quasi elegante. Il capolavoro in questo senso è il celebre: “Luglio e agosto l’interista sogna sotto l’ombrellone”, un classico degli anni ‘90 che sa di rivalsa e orgoglio, da intonare quando i cugini inciampano o nei momenti più amari, per ricordare che a San Siro il Milan non si discute.
Poi c’è l’eleganza senza tempo di un altro coro indimenticabile: “Forza, lotta, vincerai, non ti lasceremo mai”. È l’inno del Milan più romantico e d’altri tempi, quello di Paolo Maldini e Pippo Inzaghi. Uno dei momenti più intensi legati a questo coro è datato maggio 2007: dopo la finale di Champions League ad Atene, con la settima coppa appena messa in bacheca, è un certo Carlo Ancelotti a farlo partire dal campo di San Siro durante la festa. Più che un ricordo, una madeleine rossonera.
Se la Curva Sud è fuoco e sentimento, la Curva Nord è acciaio e tenacia. Qui l’amore per l’Inter non ha bisogno di essere sbandierato perché è già evidente: si legge sul viso di chi grida fino a farsi mancare la voce. Nella Nord si sta in piedi, sempre. E si canta, sempre. Anche quando piove, quando si perde male, quando nessuno ci crede più. Perché nella Nord non si va per guardare una partita: si va per combatterla.
Uno dei cori simbolo, ormai un inno ufficioso, recita: “Giro l’Italia per te, sognando di nuovo il Tricolore”. Qui c’è tutto il peso e l’orgoglio dell’appartenenza interista. Non importa dove, “perché l’Inter è il nostro vero amore” non è solo una frase fatta: racconta trasferte infinite, notti d’inverno a Salerno o serate feriali a Empoli, chilometri su chilometri macinati in nome di un amore che non chiede nulla in cambio.
Poi c’è lui: “Chi non salta insieme a noi cos’è” gridato mentre il Secondo Anello Verde ribolle. È lo sfottò che diventa rito, memoria collettiva: 22 aprile 2024 ore 22:43, pioggia battente, il Milan in casa, l’Inter che vince e conquista la seconda stella. Più che un coro, un marchio indelebile.
E quando le cose vanno male — e a volte vanno davvero male — la Nord non tace. E non molla. “E per la gente che ama soltanto te” si canta più forte quando il tabellone è impietoso. Quando gli altri fischiano, la Nord alza la voce. Perché anche nella sconfitta c’è onore. E fede, perché è su queste note che sono nate rimonte insperate. E magari, succederà ancora. Basta cantare abbastanza forte.
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