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Il video
Ranieri, fine corsa da leggenda: da Toldo a Kramaric, l’omaggio al mister gentiluomo (VIDEO)
C’è un momento in cui perfino le favole più belle si inchinano alla vita. E per Claudio Ranieri, quel momento è arrivato.Dopo una carriera lunga quanto un’esistenza, fatta di sogni, trionfi e lezioni di umiltà, Ranieri ha detto basta. Non all’amore per il calcio – quello non finirà mai – ma a quel ruolo che per oltre quarant’anni lo ha visto protagonista: l’allenatore.
Dal primo luglio 2025, Claudio Ranieri entrerà ufficialmente a far parte della Roma come senior advisor, assumendo un incarico cruciale di consulente per la proprietà, in particolare per la famiglia Friedkin. Sarà un prezioso punto di riferimento tra il club e la sua sconfinata esperienza, pronto a offrire orientamento e supporto nelle decisioni strategiche.
Ma come si saluta un uomo come Claudio Ranieri? Come si dice grazie a chi ha dimostrato che nulla è davvero impossibile? Non si può. Non basta un articolo, non bastano le parole. Perché Ranieri non è stato solo un tecnico. È stato un maestro, un sognatore, un gentiluomo. È stato il mister che ha fatto credere a un gruppo di ragazzi di Leicester, in Inghilterra, di poter diventare campioni del mondo. È stato l’allenatore che ha restituito speranza a una città come Cagliari, quando tutti la davano per finita. È stato colui che è tornato nella sua Roma, non una, non due, ma tre volte, perché l’amore per le proprie radici non si spegne mai.
Ranieri è stato, ed è, l’incarnazione dell’eleganza nel calcio. Quella cortesia d’altri tempi, quel sorriso riservato, quell’accento romano che ti fa sentire a casa anche dall’altra parte del mondo. Un uomo che non ha mai alzato la voce per imporsi, ma ha sempre parlato con il cuore, con la saggezza di chi ha visto tutto, senza mai smettere di emozionarsi. La sua carriera è un romanzo che nessuno avrebbe potuto scrivere meglio. Dalla panchina del Vigor Lamezia ai riflettori di Stamford Bridge, dal sogno della Fiorentina alla rinascita con il Monaco, dalle delusioni con la Grecia alla resurrezione con il Leicester. E poi il ritorno in Italia: Parma, Sampdoria e infine di nuovo la Roma. Sempre a testa alta, sempre con il rispetto di tutti. Sempre Ranieri.
Il calcio ha conosciuto tanti allenatori vincenti, ma quanti possono dire di essere stati amati da tutti? Quanti possono vantare la stima di tifosi, giocatori, presidenti, colleghi, persino avversari? Ranieri ci è riuscito. E non per caso. Ci è riuscito perché ha sempre anteposto l’uomo al professionista, il cuore al risultato, l’empatia alla tattica.
E allora, mentre le luci dello stadio si affievoliscono e il fischio finale suona per l’ultima volta, ci resta solo una parola: GRAZIE. Grazie per quella storica impresa a Leicester, che ci ha insegnato a non smettere mai di credere nei miracoli. Grazie per la dignità e la compostezza mostrate in ogni conferenza stampa, anche quando i riflettori erano impietosi. Grazie per il rispetto con cui hai trattato ogni giocatore, ogni magazziniere, ogni tifoso. Grazie per averci insegnato che si può essere grandi senza urlare, che si può vincere senza odiare, che si può perdere senza piangere.

Il Leicester City dei miracoli: un mosaico di uomini, sogni e talento
—Per comprendere davvero la portata del miracolo compiuto da Claudio Ranieri con il Leicester City, bisogna spingersi oltre i confini del possibile. La vittoria della Premier League nel 2016 è stata una delle imprese più straordinarie nella storia dello sport, tanto improbabile da essere quotata dai bookmakers a 5.000 a 1: una probabilità inferiore a quella di eventi leggendari e affascinanti che abitano la nostra immaginazione collettiva.
Quando si parla di Ranieri e del suo Leicester, è inevitabile evocare il mostro di Loch Ness, creatura mitica e sfuggente delle acque scozzesi; gli alieni che un giorno potrebbero sbarcare sulla Terra, ancora sospesi tra realtà e fantasia; la voce secondo cui Elvis Presley sarebbe ancora vivo, sogno di milioni di fan; l’idea surreale che Kim Kardashian possa diventare presidente degli Stati Uniti; o persino l’assurda ipotesi che Bono degli U2 venga nominato Papa.
Questi scenari, per quanto incredibili e lontani dalla realtà, servono a rendere l’idea di quanto fosse impossibile l’impresa compiuta da Ranieri. Perché se si riteneva più plausibile avvistare il mostro di Loch Ness o scoprire la presenza di vita extraterrestre, piuttosto che vedere il Leicester trionfare contro ogni pronostico, allora si può davvero comprendere la grandezza di ciò che Ranieri ha realizzato. In quella stagione, Claudio Ranieri non si è limitato a vincere un campionato: ha riscritto le regole del possibile, dimostrando che nel calcio, come nella vita, coraggio, determinazione e fede nei propri sogni possono trasformare l’improbabile in leggenda.
Il Leicester City che scrisse una delle pagine più incredibili nella storia del calcio era un gruppo di uomini provenienti da ogni angolo del mondo, uniti da una sola, semplice missione: credere nell’impossibile. Una rosa multietnica, forgiata da Claudio Ranieri, che mescolava storie di riscatto, talento sottovalutato e cuore infinito.
Tra i pali, la sicurezza danese di Kasper Schmeichel, figlio d’arte e leader silenzioso. Davanti a lui, un muro di forza e determinazione: il capitano giamaicano Wes Morgan, l’esperienza del tedesco Robert Huth, l’intelligenza tattica dell’austriaco Christian Fuchs e la spinta di Danny Simpson.
A centrocampo, la corsa instancabile del francese N’Golo Kanté, la regia inglese di Danny Drinkwater, la fantasia algerina di Riyad Mahrez e la spinta sulle fasce di uomini come Marc Albrighton e Jeff Schlupp. A completare il reparto, l’eleganza gallese di Andy King, il dinamismo di Matty James, e la freschezza dei giovani Demarai Gray e Daniel Amartey.
In attacco, il fiuto per il gol di un centravanti venuto dal nulla: Jamie Vardy, simbolo vivente di una favola moderna, supportato dalla generosità del giapponese Shinji Okazaki e dalla fisicità dell’argentino Leonardo Ulloa.
Una rosa completata da uomini d’esperienza come il polacco Marcin Wasilewski, il croato Andrej Kramarić, il portiere australiano Mark Schwarzer, e il veterano svizzero Gökhan Inler, oltre a giovani promettenti in cerca di spazio come Ben Chilwell.
Un mosaico umano e calcistico che, sotto la guida di Ranieri, trasformò un sogno quotato 5.000 a 1 in una realtà scolpita nella leggenda. Una squadra che, con la sua impresa, ha dimostrato che anche l’impossibile può diventare possibile.

Un tributo speciale a Claudio Ranieri: gli ex calciatori che hanno voluto dirgli "grazie"
—Nel racconto di una carriera straordinaria come quella di Claudio Ranieri, non possono mancare le testimonianze di chi ha vissuto il campo con lui, condividendo spogliatoi, vittorie, sacrifici e momenti indimenticabili. In occasione del nostro speciale dedicato al tecnico romano, abbiamo raccolto una serie di videomessaggi da parte di alcuni suoi ex calciatori, che hanno voluto omaggiarlo con parole affettuose e piene di riconoscenza.
Tra i primi a intervenire c’è Alberto Malusci, difensore cresciuto nella Fiorentina, che ha giocato sotto la guida di Ranieri dal 1993 al 1996, gli anni in cui il tecnico riportò i viola in Serie A e vinse una Coppa Italia. Anche Francesco Toldo, portiere simbolo di quella Fiorentina, ha voluto ricordare con emozione l’inizio della sua avventura in maglia viola proprio sotto Ranieri, sempre dal 1993 al 1999. Pasquale Padalino, oggi allenatore, fu uno dei pilastri difensivi della Fiorentina allenata da Ranieri tra il 1995 e il 1997, condividendo il percorso di crescita della squadra in quegli anni decisivi.
Dalla stagione 2009-2010 arriva il ricordo di Mauro Esposito, che vestì la maglia della Roma e fu allenato da Ranieri in una stagione combattuta ai vertici della Serie A. Anche Luca Bucci, estremo difensore, ha lavorato con Ranieri al Parma nel 2007, durante una breve ma intensa parentesi che segnò l’inizio di un nuovo ciclo per il tecnico.

Tra gli stranieri, hanno voluto inviare il proprio messaggio Andrej Kramarić e Islam Slimani, entrambi allenati da Ranieri al Leicester City rispettivamente nel 2015 e nella stagione 2017-2018, contribuendo all’inizio e al consolidamento di una delle favole più straordinarie della storia del calcio moderno.
Dalla Spagna arriva invece il saluto di Rubén Baraja, che fu allenato da Ranieri al Valencia tra il 2004 e il 2005, nel secondo ciclo del tecnico romano al Mestalla. A quella prima esperienza valenciana (1997-1999) risale invece il ricordo di Amedeo Carboni, diventato poi bandiera del club spagnolo, plasmato proprio dal lavoro di Ranieri.
Igor Budan, invece, ha avuto Ranieri come allenatore durante la sua esperienza al Parma nel 2007, in una fase delicata ma formativa della sua carriera. E non mancano anche volti noti del calcio europeo, come Jorge Andrade, Zdeněk Grygera e Hasan Salihamidžić, tutti allenati da Ranieri alla Juventus tra il 2007 e il 2009, nel periodo in cui il tecnico guidava la rinascita bianconera nel post-Calciopoli.
Dal Chelsea, oltre a Jimmy Floyd Hasselbaink (guidato da Ranieri tra il 2000 e il 2003), arriva anche il contributo di Boudewijn Zenden, che con il tecnico italiano condivise due stagioni a Stamford Bridge, dal 2001 al 2003, vivendo da protagonista la fase di crescita del club londinese. A rappresentare lo spirito del gruppo c’è anche Carlo Cudicini, portiere affidabile e amatissimo dai tifosi Blues, che ha lavorato quotidianamente con Ranieri dal 2000 al 2004, in un periodo di forte crescita del club londinese.
Un mosaico di voci, ruoli e generazioni diverse, tutte unite dall’esperienza unica vissuta con Claudio Ranieri. Allenatore, maestro e uomo di calcio amato ovunque abbia lasciato la sua impronta.
Caro Mister, ora potrai osservare il calcio da un’altra prospettiva, con la saggezza di chi ha già dato tutto, ma senza mai voltare le spalle al pallone. Continuerai a vivere questo sport, a respirarlo, a condividerlo. Sarai una guida, un consigliere, un faro per la tua Roma, per il calcio italiano e per chi avrà la fortuna di averti accanto. Perché le tue vittorie non si misurano solo con gli almanacchi. Sono i sogni che hai trasformato in realtà. Sono i sorrisi che hai regalato. Sono le vite che hai ispirato.
Il calcio non sarà più lo stesso senza di te in panchina, ma resterà comunque il tuo calcio. Perché il calcio appartiene a chi lo ama, e tu lo hai amato come nessun altro. Grazie, Claudio. Per sempre.
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