La stella

Tutti pazzi per Ronaldo: quando Barcellona e Inter incontrarono il vero Fenomeno

Ronaldo Inter Barcellona
Un giocatore totale che nelle sue esperienze in Spagna e Italia ha stregato milioni di tifosi a suon di magie.
Alessandro Savoldi

Chi lo ha visto giocare non ha dubbi, chi lo ha marcato ancora meno: Ronaldo Nazario è stato uno dei calciatori più forti e incontenibili della storia del calcio. Quel Ronaldo, ribattezzato il Fenomeno, che Inter e Barcellona hanno avuto la fortuna e il piacere di godersi nel momento migliore della sua carriera. Prima degli infortuni, prima delle problematiche al ginocchio, nella sua forma originale, quella veloce come il vento e affilata come un pugnale, con la gioia di un brasiliano e la cattiveria sotto porta del più affamato dei bomber d’area di rigore.

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Ronaldo arriva al Barcellona

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Ronaldo Luis Nazario da Lima nasce ad Itaguaì, un sobborgo di Rio de Janeiro, nel 1976. Approccia il calcio attraverso il futsal come tanti campioni brasiliani. Poi passa al calcio a 11, dove impressiona al Cruzeiro. Ad appena 17 anni domina il Campionato Mineiro, con il Psv che è pronto a portarlo in Olanda. Due stagioni all’ombra dei mulini a vento, con 54 gol in 57 presenze e la chiamata del Barcellona, nel 1996. Un Barcellona particolare, quello di metà anni '90. Dopo il titolo del 1994, con Cruijff in panchina, i risultati progressivamente sempre più deludenti hanno portato la dirigenza blaugrana ad esonerare il maestro olandese. Anche la rosa è in costante cambiamento: gli stranieri dell’ultimo titolo e della finale di Coppa dei Campioni contro il Milan sono cambiati tutti. Laudrup è andato al Real Madrid, Romario ha iniziato la sua traiettoria yo-yo tra Valencia e Flamengo, Koeman, ormai a fine carriera, è tornato in Olanda. Fatto salvo per Hagi e Figo, tanti acquisti internazionali hanno deluso. La stagione 96/97 è quella della rivoluzione. 

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In panchina la scelta ricade su un allenatore esperto come l’inglese Bobby Robson, che negli anni prima, dopo un’esperienza quasi decennale sulla panchina dell’Inghilterra, aveva girovagato tra Olanda e Portogallo. Qui aveva conosciuto un giovane traduttore e assistente di belle speranze, che lo aiutava a preparare le partite e ad allenare le portiere. Il suo nome? José Mourinho. Il tandem Robson-Mourinho, una volta a Barcellona, cerca un attaccante che possa rendere grande la propria squadra: la scelta ricade, come detto, su Ronaldo. Il primo anno in Spagna è magistrale: vince Coppa del Re, Coppa delle Coppe e Supercoppa di Spagna. In Liga, invece, il Barça si ferma al secondo posto, a due punti dal Real Madrid, 92 a 90. Ronaldo segna tantissimo: 34 gol in campionato, 47 in tutte le competizioni in 49 partite. 

Il passaggio di Ronaldo dal Barcellona all'Inter

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Resasi conto del valore del giocatore, la dirigenza spagnola rinnova il contratto del brasiliano. Per regolamento, però, i club iberici sono obbligati a mettere una clausola rescissoria nel contratto di ogni atleta. Il Barcellona, un po’ con superficialità, un po’ con presunzione, fissa la clausola a 48 miliardi, più o meno 26 milioni di euro. Una cifra bassa, considerando che, pur essendo un record, nella sessione di mercato successiva Denilson fu acquistato dal Betis per 30 milioni. Ronaldo era in quel momento il miglior attaccante del mondo, era già titolare nel Brasile e aveva solo 21 anni. Sostanzialmente un’occasione imperdibile. La coglie Massimo Moratti, da un paio di anni presidente dell’Inter.

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L’Inter, tornata ai Moratti nel 1995, era sostanzialmente una nobile in decadenza. Dopo il ciclo d’oro del padre di Massimo, Angelo, negli anni ‘60, culminato nella Grande Inter di Helenio Herrera, i nerazzurri avevano faticato parecchio. Tra il 1968 e il 1995 la Beneamata aveva vinto solo 3 scudetti, a dieci anni circa l’uno dall’altro. Nel 1971, con in panchina Invernizzi, nel 1980, guidata da Eugenio Bersellini e, infine, lo scudetto dei record del 1989, con Trapattoni al timone e il duo tedesco Brehme-Matthaus in campo. Da allora, la penuria di risultati dei nerazzurri era stata drastica, fino al 13° posto nella stagione 1993-1994. L’acquisto di Ronaldo dal Barcellona è quindi un messaggio al mondo Inter da parte di Massimo Moratti, intenzionato a far capire che, nella sua presidenza, il Biscione non sarà più soltanto una comparsa.

Effetto Ronaldo: il brasiliano riaccende San Siro e la Coppa Uefa 1998

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La reazione del tifo nerazzurro all’operazione è, come ovvio che sia, pazzesca. Le immagini di Ronaldo che si affaccia dal balcone di Via Durini, all’epoca sede dell’Inter, è scolpita indelebilmente nella memoria di chiunque abbia aperto un giornale o acceso una tv tra il 25 e il 26 luglio 1997. L’effetto Ronaldo non si fa attendere. Le presenze al Meazza crescono a dismisura, passando dalla media di 50.000 spettatori scarsi dei primi anni ‘90 ai quasi 70.000 della stagione 97/98. In campo Ronaldo è una macchina perfetta, in grado di fare di tutto e di più. Una combinazione di potenza, agilità e classe che fa innamorare San Siro, pronta a spellarsi le mani e a stupirsi a ogni giocata da fenomeno del Fenomeno.

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Sul campo la presenza di Ronaldo si sente eccome. La squadra torna a lottare per lo scudetto, arriva seconda dietro alla Juventus, sfiorando il tricolore nel campionato passato alla storia per il contatto tra il brasiliano e Iuliano. Per Ronaldo sono comunque 34 gol in 47 partite, oltre a una Coppa Uefa dominata in lungo e in largo. In semifinale, nel ritorno in casa dello Spartak Mosca, su un terreno di gioco a dir poco complesso a causa della neve e del fango, Ronaldo manifesta la sua superiorità. Se per gli altri è difficile stare in piedi, lui sembra volare. Segna il gol decisivo passando tra i corpi dei difensori russi come se fossero birilli e manda l’Inter in finale al Parco dei Principi. Contro la Lazio, nell'atto conclusivo, Ronaldo va ancora a segno, con uno dei gol più iconici della sua carriera. Da solo davanti a Marchegiani, con la grazia del primo ballerino dell’Opéra di Parigi, ipnotizza il portiere biancoceleste a suon di doppi passi, lo supera e segna a porta vuota. Un gol che trasuda onnipotenza.

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Il doppio infortunio al tendine rotuleo

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Si tratta del punto più alto dell’esperienza di Ronaldo all’Inter. L’esonero di Simoni, con cui il brasiliano aveva un ottimo rapporto, e le fatiche dell’estate precedente, con il Mondiale di Francia chiuso al secondo posto, lo rendono spesso indisponibile. Chiuderà la stagione con 15 gol in 28 partite, top scorer dei nerazzurri in una deludente annata, chiusa all’ottavo posto in campionato. Il 1999/2000 sarà, invece, terribile a livello personale. Moratti affiancherà Vieri a Ronaldo, creando probabilmente la coppia d’attacco più forte del mondo in quel periodo. A novembre però il Fenomeno si lesiona il tendine rotuleo, restando ai box fino a primavera inoltrata.

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Volenteroso di rientrare, Ronaldo torna in campo nella finale d’andata di Coppa Italia, all’Olimpico contro la Lazio, la stessa Lazio contro la quale aveva toccato il cielo con un dito appena due anni prima. Subentra dalla panchina al 13’ del secondo tempo. Al 20’ si trova nella sua situazione ideale: addomestica una sponda aerea di Zamorano e può puntare la porta in velocità. Accelera, davanti a sé trova Couto, tenta un doppio passo per saltarlo ma qualcosa non funziona. Il buio. E un grido, un urlo disperato. In modo agghiacciante, Ronaldo cade da solo, circondato immediatamente dai giocatori di entrambe le squadre. La diagnosi è tremenda: infortunio ancora più grave al tendine rotuleo già lesionato, un anno e tre mesi di stop.

Il 5 maggio 2002 e l'addio

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Saltata interamente la stagione 00/01, Ronaldo torna in campo nel settembre 2001 ma deve convivere con continui problemi fisici, pur restando importante per l'Inter. I nerazzurri sono in volata con la Juventus per vincere lo scudetto, che manca da 13 anni. Nello sprint finale Ronaldo segna due gol in casa contro il Brescia, ribaltando la partita negli ultimi dieci minuti. Poi va in rete a Verona nel 2-2 contro il Chievo e in casa con il Piacenza trova il gol del 3-1. Si arriva quindi all'ultima e decisiva giornata: 5 maggio 2002, ancora una volta Lazio, ancora una volta Stadio Olimpico. La data è una delle più celebri della storia del calcio italiano. L’Inter di Héctor Cúper, El Hombre Vertical, deve vincere per regalarsi il tricolore. Non lo fa: cade 4-2 sotto i gol di Poborsky, Simeone e Simone Inzaghi.

5 maggio 2002

Per Ronaldo è la chiusura di un cerchio: in una sceneggiatura da film drammatico la sua avventura nerazzurra si chiude con quell’immagine, con la mano sul viso, che indica il dolore di un giocatore che a Milano era arrivato per vincere tutto e che invece se ne andrà sostanzialmente a mani vuote. A Madrid segnerà moltissimo ma non sarà mai lo stesso giocatore visto al Barcellona e all’Inter, le due squadre che forse, più di tutte, si sono godute il vero Ronaldo.