Lo scoppiettante 3-3 col Barcellona, l'attesissima semifinale di ritorno di Champions League e la corsa scudetto: in esclusiva lo storico doppio ex di Inter-Verona Andrea Mandorlini
Lo scudetto dei record nel 1989 e la Coppa Uefa nel 1991. Andrea Mandorlini è un nome che evoca ricordi dolci ed intensi nella mente dei tifosi dell'Inter. Intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni il tecnico ravvennate – "Non ne posso più di stare fermo" – soffermandosi sul doppio confronto di Champions League tra la squadra di Simone Inzaghi e il Barcellona, sulla corsa scudetto e sulla prossima sfida della Beneamata in campionato con l'Hellas Verona. Una gara delicata che riguarda da vicino l'ex difensore nerazzurro che ha guidato il club scaligero per cinque stagioni tra il 2010 e il 2015, collezionando due promozioni dalla C alla A.
Che partita è stata Barcellona-Inter?
"È stata una partita iniziata in modo particolare. Dopo 30 secondi l’Inter è andata in vantaggio, e psicologicamente cambia tutto. La gente deve capire quanto conta, per chi segna e per chi subisce. L’Inter è partita forte, ma il Barcellona ha dimostrato quanto creda nelle proprie qualità e nel suo modo di stare in campo. Anche sul 2-0, si vedeva che non mollavano, che credevano nel loro gioco. È venuta fuori una partita bellissima".
La vera Inter è quella vista in Champions? Che è successo in quest’ultima settimana?
"Contro il Barcellona c’è stata una partenza travolgente, a bruciapelo. Questo ci ha fatto un po’ rivedere le valutazioni fatte dopo le partite con Bologna, Milan e Roma. Ma il calcio è fatto di episodi. L'Inter ha costruito un’azione stupenda e l'ha conclusa in modo spettacolare. Non credo neppure loro si aspettassero una partenza così. Il gol di tacco in una semifinale è raro. La psicologia conta tantissimo".
"L’Inter ha un’identità precisa, che cerca di esprimere al massimo con i giocatori migliori. Ovviamente ci sono stati problemi: infortuni, cali di forma... e dopo 50 partite, la fatica si sente. Ma in semifinale di Champions le motivazioni cancellano tutto. Non credo alle stanchezze: magari alcuni rientravano da periodi di stop, come Dumfries e Thuram, ma hanno fatto una grande gara.
"Siamo alla fine della stagione, gli obiettivi sono troppo importanti. Vediamo cosa succederà. Sarò allo stadio martedì per la gara di ritorno, e c’è anche la partita di campionato con il Verona. L’aspetto psicologico sarà ancora decisivo".
Alla vigilia dell’andata il Barcellona era dato per favorito. Adesso la situazione si è ribaltata? L’Inter può essere considerata leggermente favorita?
"Favorita... non saprei. Tatticamente abbiamo visto tutti come l’Inter ha saputo colpire il Barcellona, sfruttando la loro difesa alta. Ma a Milano sarà un’altra storia. L’ambiente, l’importanza della gara, tutto peserà. Credo che ora siano alla pari. Non c’è una favorita netta".
Parlando della rosa dell’Inter: alcuni nuovi innesti come Zieliński, Taremi e Asllani sembrano non essersi ancora integrati pienamente. Come lo spiega?
"Non è che non si sono integrati, davanti hai giocatori come Lautaro, Thuram, Mkhitaryan, e non è facile trovare continuità. Sono giocatori diversi, con caratteristiche diverse. Ad esempio, Asllani entra al posto di Calhanoglu, ma Calhanoglu è Calhanoglu… non è facile essere all’altezza. Serve tempo. Anche Zieliński è reduce da un lungo infortunio. Però l’Inter ha idee chiare, e quando sta bene, le fa vedere.
Lewandowski rischia di non esserci al ritorno. Chi perderebbe di più: il Barcellona senza Lewandowski o l’Inter senza Lautaro?
"Secondo me l’assenza di Lautaro peserebbe di più. È determinante per questa Inter, anche dal punto di vista dell’impatto emotivo e della leadership. Lewandowski è un grande attaccante, ha fatto caterve di gol, ma il Barcellona ha anche altri giocatori, anche Ferran Torres ha fatto bene all'andata".
Veniamo al campionato. Inter-Verona è la sua partita, l’Inter può ancora sperare nello scudetto?
"Nel calcio, soprattutto in Italia, può succedere di tutto. Il Verona è messo meglio, ma non ancora salvo. Il Lecce è in difficoltà. L’Inter deve vincere le sue partite, senza rimpianti. Non esistono più partite facili. Ora è il momento per chi ha giocato meno di dimostrare di essere all’altezza. È lì che si vede chi è davvero da grande squadra".