L'intervista

ESCLUSIVA Atalanta-Roma, Bombardini: “Retegui e Soulé le sorprese. Post Ranieri? So cosa serve…”

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L'ex calciatore analizza il campionato e parla del prossimo allenatore giallorosso
Stefano Sorce

Lunedì 12 maggio 2025 il cielo del Gewiss Stadium si colora di passione, sudore e memoria. In campo Atalanta-Roma, due squadre che rappresentano molto più di una semplice partita. È il profumo del Nord che incontra il respiro caldo del Centro, è la forza di una città operaia contro l’eleganza di una Capitale eterna.

Tra questi due mondi, c’è un uomo che li ha vissuti entrambi. Davide Bombardini, anima grintosa e piede raffinato, ha lasciato il segno con la maglia giallorossa e con quella nerazzurra. A Roma ha vissuto il sogno di ogni bambino cresciuto in mezzo ai vicoli e ai muretti, tra le curve dello Stadio Olimpico e le magie di Totti. A Bergamo ha ritrovato il senso del gruppo, della famiglia, della lotta vera, dentro e fuori lo spogliatoio.

Una sfida che riporta indietro nel tempo, a quegli anni in cui il calcio profumava ancora di terra e sorrisi veri. Una sfida che per Bombardini è più di novanta minuti: è un intreccio di emozioni, ricordi, amici e città che non si dimenticano. Domenica non sarà solo una partita. Sarà una poesia scritta su un pallone che rotola tra due amori. Sarà Atalanta–Roma, ma soprattutto sarà anche un po’ la partita di Davide.

Atalanta-Roma, Ranieri

Atalanta-Roma: La sfida tra due grandi tecnici

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Lunedì ci sarà Atalanta-Roma, una sfida che può dire molto nella corsa alla Champions League. Che tipo di partita ti aspetti? E se dovessi indicare una squadra leggermente favorita, su chi punteresti?

"Lunedì si gioca Atalanta-Roma e mi aspetto sicuramente una partita aperta, tra due squadre che scenderanno in campo per vincere. Tra le due, forse la Roma potrebbe guardare un po’ di più al risultato: un pareggio potrebbe anche andarle bene. Però ci sono altri scontri diretti importanti in questa giornata, quindi sarà fondamentale per entrambe. Se l’Atalanta vince, può chiudere definitivamente il discorso Champions. La Roma, invece, potrebbe ancora sperare e lottare fino alla fine. Sarà quindi una gara combattuta ma allo stesso tempo anche un pareggio potrebbe far comodo ad entrambe".

"Conoscendo però l’atteggiamento di Gasperini, mi aspetto una partita giocata a viso aperto. Vedo leggermente favorita l’Atalanta, soprattutto perché gioca in casa, e vincere a Bergamo è sempre difficile. Detto questo, la Roma nelle ultime settimane ha dimostrato di poter fare risultato ovunque, quindi non mi sorprenderei se uscisse con dei punti anche da questa sfida. Dico Atalanta favorita perché ha fatto un campionato di altissimo livello, da terza forza, e merita la Champions. Ma questa Atalanta-Roma resta una partita apertissima a qualsiasi risultato".

A fine stagione Ranieri saluterà la Roma. Secondo te, la società sarà in grado di trovare un allenatore all’altezza del suo profilo ed esperienza? C’è qualcuno in particolare che ti piacerebbe vedere sulla panchina giallorossa?

"Si, Ranieri saluterà. Peccato, perché ha fatto davvero una stagione strepitosa. Da quando è arrivato, la squadra è prima in classifica, e questo la dice lunga sul suo lavoro. Io l’ho sempre detto: quando un allenatore arriva a Roma, non basta che sia bravo. I tecnici bravi sono tanti, ma Roma è una piazza particolare. Mi accodo un po’ a quello che aveva detto anche Francesco Totti: il sogno resta Ancelotti. Però al di là dei nomi, quello che davvero serve è un allenatore con grande personalità".

"Se penso agli allenatori che ho vissuto a Roma, Capello era un grande tecnico con una personalità fortissima. Mourinho, negli ultimi anni, ha portato identità e carisma. Ranieri stesso, oltre alla competenza, è sempre stato ben voluto dalla piazza, dai tifosi e dai giocatori. Quindi, per il futuro, vorrei un allenatore esperto, con carisma e personalità. Qualcuno che sappia farsi rispettare, ma anche amare. Uno che, appena arriva, venga accolto con entusiasmo dalla gente. Questo, secondo me, è fondamentale a Roma".

In vista di Atalanta-Roma, restando in tema Champions, al netto di Inter e Napoli, su chi punteresti per gli altri due slot disponibili? Hai una tua griglia di favorite?

"Sì, Inter e Napoli in Champions ci andranno sicuramente. Per gli altri due posti, invece, la lotta si è riaperta. C'è l'Atalanta che continua a fare bene, e poi tutto il resto è ancora molto incerto. Io vedo leggermente in vantaggio l'Atalanta, e poi dico anche la Juventus, anche se con Tudor non mi sembra sia cambiato molto rispetto a prima. Però forse ha un calendario leggermente più favorevole rispetto alle concorrenti, e questo potrebbe pesare. Quindi, dopo Inter e Napoli, vedo Atalanta e Juve in Champions. Ma chiaramente è difficile fare un pronostico preciso, perché ci sono ancora tanti scontri diretti e tutto può succedere. Questa Atalanta-Roma può essere decisiva".

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Atalanta-Roma: Retegui e Soulè le due sorprese della stagione

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Se dovessi indicare un giocatore per parte tra Atalanta-Roma che ti ha colpito positivamente in questa stagione, e uno che invece ti ha un po’ deluso, su chi cadrebbe la tua scelta?

"Tra Atalanta-Roma, chi mi ha sorpreso positivamente è sicuramente Retegui. Non pensavo potesse arrivare a segnare così tanto, anche se va detto che il gioco di Gasperini lo favorisce molto. Certo, bisognerebbe vederlo anche in un contesto diverso per una controprova, ma portarlo a Bergamo si è rivelata una mossa davvero azzeccata. Per quanto riguarda la Roma, in positivo dico Soulè. Anche se sapevo che fosse già un buon giocatore, all’inizio non è mai facile imporsi in una grande squadra. Però ora sembra aver trovato la sua dimensione e sta dimostrando le sue qualità".

"Delusioni? A dire il vero nessuno in particolare. Forse da alcuni ci si aspettava di più, ma bisogna anche ricordare che tanti giocatori hanno bisogno di tempo. Oggi si è sempre molto veloci nel giudicare: bastano tre, quattro, cinque partite sottotono per etichettare un giocatore come scarso o inadatto, e questo è sbagliato. I calciatori hanno bisogno di continuità, di tempo per adattarsi e crescere. E se uno ha qualità, prima o poi viene fuori".

Anche in previsione di Atalanta-Roma, hai fatto il nome di Soulé, che Ranieri ha anche schierato in un ruolo più arretrato rispetto al solito. Secondo te rende meglio lì o lo preferisci vicino alla porta, dove può incidere di più?

"Soulé è un giocatore che, personalmente, farei giocare il più vicino possibile alla porta. Questo per evitargli di dover percorrere troppo campo e permettergli di arrivare più lucido in zona gol, dove può davvero fare la differenza. Detto questo, se l’allenatore lo schiera più arretrato, evidentemente vede in lui anche un ottimo portatore di palla e un buon rifinitore. Alla fine, è il mister che lo allena ogni giorno e sa bene dove può rendere al meglio".

"Va anche considerato che una squadra non si costruisce su un solo giocatore: ci sono altri dieci da mettere in campo, e bisogna trovare il giusto equilibrio. In questo momento, il tecnico ha scelto di utilizzarlo più dietro, e bisogna rispettare questa scelta, perché evidentemente è quella che ritiene migliore per il collettivo".

Si rincorrono voci su un possibile addio di Gasperini a fine stagione. Tu come la vedi? Pensi che il suo ciclo all’Atalanta sia davvero arrivato alla fine o può ancora fare la differenza a Bergamo? Questa Atalanta-Roma potrebbe essere la sua penultima partita in casa a Bergamo?

"Il mister, dopo tanti anni all’Atalanta, secondo me potrebbe anche restare. Però è anche comprensibile che, dopo aver fatto così tanto, possa sentire il bisogno di cambiare aria. Detto questo, io credo che Gasperini possa ancora fare la differenza a Bergamo. In questi anni, lui è stato il principale artefice dei successi dell’Atalanta. La società lo ha sempre riconosciuto, rinnovandogli il contratto e assecondandolo nelle sue scelte. Ha avuto carta bianca, e i risultati gli hanno dato ragione".

"L’Atalanta, oggi, è una sua creatura. Una macchina che lui ha costruito e modellato nel tempo, fino a renderla quasi perfetta. E non va dimenticato che questa squadra ha anche giocatori di qualità, quindi non parliamo di un miracolo, ma di un progetto tecnico-tattico solido e ben costruito. Penso che Gasperini possa ancora portare molto a Bergamo. Ma capisco anche che, dopo aver raggiunto certi traguardi, possa avere voglia di misurarsi con una nuova sfida. La scelta spetterà a lui, come è giusto che sia. Vediamo cosa accadrà dopo questa Atalanta-Roma e le ultime gare di campionato".

Retegui ha vissuto una grandissima stagione. Te lo aspettavi così pronto per una realtà come l’Atalanta? E credi che Gasperini, con la sua capacità di far crescere gli attaccanti, abbia influito molto sui suoi progressi?

"Retegui? Sinceramente me lo aspettavo pronto, anche perché era già titolare in Nazionale, quindi parliamo di un giocatore con una certa esperienza internazionale. Però va detto che sono stati bravi a prenderlo: potevano farlo anche altre società, e invece l’Atalanta è stata tempestiva, andando su di lui subito dopo l'infortunio di Scamacca. Mi aspettavo potesse fare bene, sì, ma non con questa esplosione. Ha avuto un impatto davvero importante. Con Gasperini poi è cresciuto ulteriormente, perché giocare in una squadra che lotta per i vertici e affronta anche competizioni europee ti migliora, partita dopo partita".

"Il merito è di tutto l’ambiente: dell’allenatore, dei compagni, della piazza. Retegui è cresciuto grazie a un contesto perfetto. Ora, pur sapendo che l’Atalanta non ha bisogno di vendere, penso che lui sia pronto per una grande squadra. Parlo di Milan, Inter, Juve, anche se, ormai, l’Atalanta stessa è diventata una grande realtà. Ma si sa: se arriva un’offerta importante, magari il doppio o il triplo di quanto è stato pagato, è normale che la società ci possa anche pensare, pur non essendo costretta a vendere".

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Atalanta-Roma: Tra i ricordi di Bombardini

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Facciamo un salto nel passato: nella stagione 2002-2003 eri in una Roma stellare, guidata da Capello e con compagni come Totti, Batistuta, Cafu, Emerson. Che ricordi hai di quell’annata? C’è un aneddoto che ti piace ricordare?

"La mia annata alla Roma? Ho dei ricordi bellissimi. Era una Roma stellare, reduce dallo scudetto, con fuoriclasse veri, giocatori di enorme personalità e caratura internazionale. Mi ricordo che quell’anno giocavamo spesso con Cassano e Totti davanti, ma in panchina c’erano nomi come Batistuta, Delvecchio, Montella, una panchina del genere oggi non ce l’ha nemmeno la maggior parte delle big europee.

"Per farti capire il livello di quella rosa: Cafu, Candela, Emerson, Samuel, campioni veri, giocatori straordinari. È stata un’esperienza enorme per me. Li avevo sempre visti in TV e dal giorno alla notte me li sono trovati come compagni di squadra. Emozionante, formativo, e qualcosa che porterò sempre con me".

E a proposito di Totti, com’era condividere lo spogliatoio con lui? Hai un ricordo particolare legato a Francesco?

"Il mio ricordo più bello legato a Francesco Totti riguarda i momenti trascorsi insieme fuori dal campo. Spesso andavamo a cena con Antonio Cassano, e tra battute e risate, si creava un'atmosfera davvero speciale. Francesco era un ragazzo molto tranquillo, molto diverso da come me lo immaginavo prima di conoscerlo. Pensavo fosse più estroverso, invece era sempre misurato, parlava poco, ma quando lo faceva, le sue parole avevano peso. Era consapevole del suo valore, ma non lo faceva mai pesare.  Aveva una leadership naturale, riconosciuta da tutti, ma sempre esercitata con umiltà".

In quella squadra c’erano anche Cassano e Guardiola. Partiamo da Antonio: che tipo era nello spogliatoio? Hai qualche episodio curioso che ti è rimasto impresso?

"Antonio Cassano era un vero personaggio: sempre pronto a scherzare, fare battute e prendere in giro tutti. Lo frequentavo spesso anche a casa sua, dove sua madre ci preparava delle lasagne al forno con la salsiccia davvero indimenticabili. Ne mangiavamo tre piatti a testa! Eravamo giovani, ci divertivamo e festeggiavamo insieme. Antonio aveva sempre la battuta pronta, era vivace e verace. Portava allegria ovunque andasse e sapeva come far sorridere tutti. Era un compagno di squadra speciale, capace di creare un ambiente positivo e spensierato",

E Guardiola? Ti dava già l’idea di essere un “allenatore in campo”? Avevi percepito che sarebbe arrivato così in alto?

"Si capiva subito che Pep Guardiola sarebbe diventato allenatore. Quando uscivamo a cena, si parlava sempre di calcio e lui, con le mani, disegnava schemi e spiegava tattiche. Era evidente che aveva una passione autentica per questo mestiere. Glielo dicevo spesso: 'Pep, diventerai sicuramente un allenatore'. E infatti così è stato. Aveva una grande attenzione per i dettagli e un amore profondo per il gioco. Non immaginavo che sarebbe diventato uno dei migliori al mondo, ma la voglia di allenare in lui era chiarissima fin da allora."

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Bombardini: "Vi racconto l'aneddoto con Colantuono"

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Hai giocato anche due stagioni all’Atalanta, dal 2005 al 2007. Che ambiente hai trovato a Bergamo in quegli anni?

"A Bergamo ho vissuto due anni bellissimi. Abbiamo vinto il campionato e poi fatto bene anche nella stagione successiva. L’ambiente era davvero fantastico, con tifosi caldi e appassionati. Anche se Bergamo è al nord, sembra quasi una piazza del sud per come vivono il calcio. Lo spogliatoio era splendido: un gruppo unito, sempre a ridere e scherzare. Non avevo ancora il contratto, ma non sarei mai andato via se non fosse stato per Bologna. Infatti, sono andato via solo per quella destinazione. Altrimenti sarei rimasto all’Atalanta. Sono stati davvero due anni intensi, di qualità, belli sotto ogni punto di vista".

In quel periodo nello spogliatoio c’erano anche nomi importanti come Doni e Vieri. Che rapporto avevi con loro?

"Con Cristiano Doni e con Bobo Vieri avevo un rapporto bellissimo. Con Bobo, in particolare, siamo rimasti molto legati: anche in queste ore, per dire, siamo stati a pranzo insieme. Con Cristiano ci siamo sentiti un po’ meno col tempo, ma anche con lui c’era un rapporto splendido, si rideva tanto. Lui poi ha vissuto una sorta di seconda giovinezza all’Atalanta, quella era proprio la sua piazza: fece benissimo".

"Con Bobo, invece, con gli anni ci muovevamo spesso insieme da e per Milano, eravamo praticamente sempre insieme. Lui arrivò a fine campionato, per le ultime sei-sette partite, dopo un infortunio. Ma sai, quando hai a che fare con giocatori del genere, che nel campionato italiano hanno fatto la differenza, tutto diventa più facile, sia in campo che fuori".

Hai qualche aneddoto particolare legato alla tua esperienza a Bergamo che ti va di raccontare?

"Mah, sai, a Bergamo ci sono tanti aneddoti. Era un ambiente dove si scherzava molto, anche con il mister, Colantuono. Anche a lui piaceva ridere, quando era il momento, ma poi, quando si doveva lavorare, si lavorava seriamente. Mi ricordo un episodio divertentissimo: avevamo appena vinto il campionato e gli feci un gavettone. Lui se la legò al dito. Si mise mezz'ora dietro la porta della mia camera in ritiro, a Zingonia. Io, appena entrai, mi chiusi in bagno, ma abbassandomi vedevo le sue scarpe fuori. Gli dicevo: 'Mister, lo so che sei lì, se non te ne vai non esco!' E lui niente, è rimasto lì mezz’ora ad aspettarmi. Alla fine se ne andò dicendomi: 'Vabbè, ti becco domani'.

"E infatti, il giorno dopo, finita la partita, vado a farmi la doccia e lui mi prende per il collo e mi dà dei pugni belli pesanti sulla schiena, ridendo e dicendomi: 'Facevi il furbo ieri, eh?' Era questo il tipo di rapporto che c’era: diretto, sincero, giocoso. Con il mister, con la società, coi compagni. Ma era possibile anche grazie ai risultati: quando vinci, tutto diventa più leggero. Se invece i risultati non arrivano, cambia tutto, anche la città più bella del mondo ti sembra la peggiore".

"Alla fine è così: per un calciatore, tutto gira intorno ai risultati, tuoi e della squadra. Quando le cose vanno bene, vai ad allenarti con il sorriso, nello spogliatoio c’è entusiasmo, anche il rapporto con l’allenatore è più sereno. Quegli anni a Bergamo sono stati davvero speciali, perché ci siamo tolti grandi soddisfazioni e abbiamo vissuto due stagioni bellissime".

Per concludere, parlando del presente: oggi a cosa ti stai dedicando? Hai progetti o ambizioni particolari, dentro o fuori dal mondo del calcio?

"Guarda, oggi magari avrei anche pensato di fare qualcosa nel mondo del calcio, anche se poi non è andata così. Il fatto è che il calcio non è più quello che era ai miei tempi, è cambiato completamente. Prima l’allenatore arrivava al campo verso le due e alle cinque e mezza era già a casa. Tutto succedeva in quelle tre o quattro ore. Oggi invece l’allenatore arriva al centro sportivo alle nove del mattino e torna a casa alle nove di sera. Il calcio, ormai, è diventato un lavoro a 360 gradi. Serve una passione enorme per starci dentro, soprattutto se vuoi allenare".

"Una cosa che mi sarebbe piaciuta, però, è lavorare con i ragazzi, insegnare. Ma non avevo così tanta voglia di rimettermi sul campo ogni giorno, e allora ho preferito fare altro. Mi sono dedicato a qualcosa che mi è sempre piaciuto: il settore immobiliare. Mi occupo di case, ristrutturazioni, costruzioni, compravendite. Quando i miei compagni leggevano la Gazzetta dello Sport, io sfogliavo riviste di arredamento e design! Quindi era una passione che avevo già".

"Oggi sono contento perché mi sto realizzando in un campo completamente diverso dal calcio. E questo, in un certo senso, è anche una soddisfazione personale: dimostra che si può costruire qualcosa anche fuori dal mondo in cui sei cresciuto. Poi, ovviamente, il calcio resta parte di me. È stata la mia vita da quando ero bambino fino ai 38 anni, e ancora oggi quando vado a vedere le partite o incontro ex compagni e allenatori, si finisce sempre per parlare di calcio. È inevitabile".

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Davide Bombardini (Photo by Grazia Neri/Getty Images)