Non tutti i giocatori arrivano al calcio che conta con il fragore dei riflettori. Alcuni lo fanno in silenzio, a testa bassa, lasciando che siano il tempo, la fatica e la pazienza a parlare per loro. Luis Henrique è uno di questi. Brasile nel sangue, sogni in valigia e una storia fatta di ostacoli, attese e rinascite. Dopo anni vissuti tra aspettative troppo alte e realtà complicate, l’esterno classe 2001 si prepara a una nuova vita con l’Inter, in uno dei club più ambiziosi e affascinanti d’Europa.
L'intervista
ESCLUSIVA Luis Henrique, Lamperti: “Dribbling e assist, ma credo non sia pronto”

Per raccontare chi è davvero Luis Henrique, abbiamo deciso di tornare là dove tutto è cominciato per lui in Europa: Marsiglia. Una città passionale, dura, viscerale, che ha rappresentato per lui tanto una palestra quanto una sfida personale. A guidarci in questo viaggio è Fabrice Lamperti, firma storica de La Provence, quotidiano di riferimento nel sud della Francia, che ha seguito da vicino ogni passo della sua avventura in maglia OM. Con lui abbiamo parlato di campo, certo, ma anche di carattere, crescita e prospettive. Perché, a volte, il talento non basta: serve anche qualcuno che creda in te al momento giusto.

Luis Henrique? "Il classico coltellino svizzero"
—Partiamo da un aspetto tecnico: qual è stata la posizione in cui ha reso meglio all’Olympique Marsiglia? È stato impiegato prevalentemente sulla fascia sinistra, sulla destra, oppure ha ricoperto anche altre zone del campo? E secondo te, quali sono le sue qualità più evidenti: dribbling, velocità, visione di gioco, capacità di passaggio?
"In Francia lo definiremmo un vero e proprio “coltellino svizzero”: Luis Henrique è stato spesso utilizzato in più ruoli, ma ha dato il meglio di sé quando impiegato sulle fasce. In questa stagione, la sua migliore da quando è arrivato all’OM, ha iniziato a sinistra, è passato a destra e ha poi concluso nuovamente a sinistra. È proprio sulla corsia mancina che ha mostrato le cose migliori, potendo rientrare sul destro. I suoi punti di forza? Il fisico imponente, un buon dribbling, grande fiducia nei propri mezzi e una spiccata capacità nel sacrificarsi. Inoltre, è stato molto solido fisicamente: gli infortuni sono stati rari".
Che tipo di esterno è realmente? Preferisce puntare l’uomo sull’esterno cercando la profondità e la linea di fondo, oppure tende ad accentrarsi per partecipare alla costruzione del gioco o rifinire l’azione?
"Non è l’ala classica che spacca le partite in velocità, specie quando parte da sinistra, dove gioca a piede invertito. Ma ha comunque le qualità per rendersi molto utile, anche in termini di assist: quest’anno ha toccato il record personale, firmando 10 passaggi vincenti tra tutte le competizioni. Ama partecipare attivamente alla manovra, non si limita alla corsa sulla fascia, anche se percorre molti chilometri. Va però detto che dal punto di vista difensivo ha dei limiti: non è certo un calciatore che può coprire tranquillamente tutta la fascia".
Dal punto di vista tattico, hai notato dei progressi evidenti nel corso del tempo oppure resta ancora un giocatore principalmente istintivo, che si affida più all’intuito che alla lettura complessiva del gioco?
"Tatticamente ha mostrato segnali incoraggianti sotto la guida di De Zerbi, ma resta un calciatore con ancora ampi margini di miglioramento. È molto giovane, e questo va considerato. In fase di ripiegamento segue spesso il proprio uomo, ma fatica a leggere il momento giusto per intervenire. È un aspetto nel quale deve ancora crescere".

Lamperti: "Un affare venderlo ad una cifra così alta"
—Facendo un bilancio complessivo della sua esperienza al Marsiglia, si può definire positiva, deludente o semplicemente inferiore alle aspettative? E a tal proposito: aveva obiettivi dichiarati al momento del suo arrivo?
"Quando Luis Henrique è sbarcato a Marsiglia, la società lo ha presentato come un investimento per il futuro, un piccolo gioiello. Ma la realtà è che non era affatto pronto per affrontare le pressioni di un club come l’OM. André Villas-Boas, per esempio, si aspettava un attaccante e si è ritrovato un esterno, quasi un terzino. Questo malinteso tecnico non ha aiutato".
"Inoltre, è arrivato in Francia da solo, senza una rete di supporto familiare o personale, e inizialmente è apparso piuttosto smarrito. È solo in questa stagione che ha mostrato il suo vero potenziale, sorprendendo tutti. Nessuno si aspettava un rendimento simile, soprattutto considerando che la seconda metà dell’annata è stata piuttosto opaca. Per molti a Marsiglia, riuscire a venderlo a una cifra alta è considerato un affare".
A livello personale, che tipo di impatto ha avuto nello spogliatoio? È stato percepito come un professionista serio e umile? Si è integrato bene con i compagni e con l’ambiente, considerando che Marsiglia è una piazza molto passionale e spesso complicata da gestire?
"Dal punto di vista umano, ha sempre lasciato una buona impressione. È un ragazzo solare, con il sorriso stampato in faccia, e con una buona etica del lavoro. Detto questo, è pur sempre un giovane: De Zerbi, ad esempio, ha dovuto richiamarlo all’ordine a un certo punto, perché non stava dando abbastanza. A marzo è rimasto in panchina contro il Lens proprio per questo motivo. Il suo inserimento nel gruppo non è stato immediato: ci è voluto tempo, tanto che dopo il prestito al Botafogo sembrava addirittura destinato a lasciare definitivamente l’OM".
Guardando ora alla nuova sfida con l’Inter, secondo te è pronto per affrontare un ambiente ad alta pressione, con maggiore concorrenza e aspettative più elevate? Oppure ha ancora bisogno di un contesto più protetto per esprimere al meglio le sue potenzialità?
"Sarà interessante vedere come Luis Henrique si comporterà in una realtà ambiziosa e strutturata come l’Inter di Chivu. Personalmente, credo non sia ancora del tutto pronto. Lo vedo ancora un po’ fragile sotto certi aspetti, anche se Marsiglia gli ha insegnato a convivere con la pressione. Se riuscirà a ritrovare la spensieratezza e l’efficacia che ha mostrato nella prima parte della stagione, potrà fare bene. L’importante è che non si lasci condizionare dagli ultimi mesi, nei quali è tornato a essere il giocatore anonimo di un tempo, basti pensare che dopo gennaio ha segnato solo due gol".
Dal punto di vista della crescita individuale, quale profilo di allenatore potrebbe davvero valorizzarlo? Alcuni ritengono che sia un talento da coltivare con pazienza, più che un giocatore pronto da lanciare subito: condividi questa visione?
"Per poter crescere ancora, avrà bisogno di un allenatore che creda in lui, che abbia pazienza e che gli insegni la tattica passo dopo passo. Deve essere qualcuno che lo faccia sentire importante, che gli dia fiducia anche nei momenti difficili. Non bisogna dimenticare che ha appena 23 anni e che è arrivato in Europa a 18 anni con pochissime partite da professionista alle spalle. La sua formazione calcistica è ancora incompleta"
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