In Sudamerica spesso e volentieri sono Argentina, Brasile e Uruguay a conquistare le prime pagine dei quotidiani sportivi. Le tre Nazionali appena citate hanno rispettato il pronostico, staccando il pass per i Mondiali 2026 in anticipo, ma a far compagnia alla Selección, alla Selecao e alla Celeste ci sarà anche l’Ecuador di William Pacho, il primo ecuadoriano della storia a vincere la Champions League.
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ESCLUSIVA Ecuador, non solo Pacho: la generazione d’oro vuole stupire ai Mondiali 2026

Insieme al collega di ESPN Chobo Alvarez, intervenuto in ESCLUSIVA ai nostri microfoni, abbiamo tracciato una linea del tempo sul presente e sul futuro di quella che è da considerarsi una generazione d'oro per la selezione ecuadoriana. 2ª partecipazione consecutiva per la Tricolor alla manifestazione iridata, dopo quella in Qatar, quinta in assoluto (2002, 2006, 2014, 2022, 2026). Il punto di forza della Nazionale allenata dal CT Sebastián Beccacece è stato il reparto arretrato, il miglior del raggruppamento, con appena cinque reti incassate, che ha contribuito al secondo posto momentaneo (quota 25 punti) al pari dell’Uruguay. Anzi, se non fosse per i 3 punti di penalizzazione decisi dalla CONMEBOL, l'Ecuador sarebbe secondo in solitaria. Due sole sconfitte all’attivo, contro Brasile e Argentina, uno score migliore dei Campioni del Mondo in carica che di ko ne hanno totalizzati tre.

Alla vigilia della fase di qualificazione per il Mondiale, l’Ecuador dava la sensazione di poter tener testa a nazionali come Uruguay, Brasile e Argentina?
Sì, credo che l’Ecuador abbia dimostrato di poter competere con queste selezioni, specialmente quando gioca in casa. Non è una novità: è qualcosa che accade fin dalla prima qualificazione al Mondiale nel 2002. È vero che non sempre ha ottenuto risultati positivi contro queste tre squadre, ma i progressi sono evidenti, anche con vittorie, non solo in casa, ma anche in trasferta, come contro l’Argentina. Detto ciò, credo che per essere allo stesso livello di Argentina e Brasile, che restano un gradino sopra tutte le altre sudamericane, l’Ecuador debba ancora migliorare. Tuttavia, ha fatto abbastanza per essere considerata la quarta o quinta potenza del continente.
Quali sono i punti di forza dell’Ecuador?
Sicuramente la difesa. L’Ecuador ha la miglior difesa delle qualificazioni sudamericane: solo cinque gol subiti in 16 partite. È una linea arretrata solida e ben organizzata, con giocatori di alto livello: Ordóñez, Pacho, Hincapié, Estupiñán. Anche il centrocampo è sempre più affidabile, con Moisés Caicedo, Alan Franco e Pedro Vite. Tuttavia, l’attacco è il reparto che crea più problemi. Enner Valencia è il goleador storico, capitano e riferimento offensivo, ma dietro di lui non ci sono alternative dello stesso livello. Né Kevin Rodríguez né Leonardo Campana stanno vivendo un buon momento nei loro club. Il CT Sebastián Beccacece non ha ancora trovato soluzioni efficaci. L’Ecuador ha esterni interessanti come Gonzalo Plata, Alan Minda, Jaimar Medina, John Yeboah, ma manca chi concretizza le azioni. Se Valencia non è al 100%, la squadra ne risente molto.

Quanto merito va attribuito al commissario tecnico e quanto ai giocatori per aver raggiunto questo importante traguardo?
A mio avviso, il merito principale va ai giocatori. Il CT Sebastián Beccacece ha certamente lavorato bene, soprattutto nei meccanismi difensivi e nella riconquista del pallone a centrocampo, ma è stato il gruppo a fare la differenza. Alcuni elementi come William Pacho, Galíndez Ovalle, Hincapié, Estupiñán, Ordóñez, Caicedo, Franco, Vite, Enner Valencia, Plata sono protagonisti nei loro club e portano sicurezza e fiducia in nazionale. Senza questi giocatori, nulla sarebbe stato possibile. L’Ecuador ha problemi nella fase offensiva e nella finalizzazione, ma ha mostrato compattezza e qualità. In conclusione, il grosso del merito va ai giocatori, anche se il tecnico ha dato il suo contributo in alcune aree specifiche.
Si parla di un mix tra giovani e veterani: chi sono i pilastri di questo gruppo?
È una squadra giovane, con una media d’età di circa 24-25 anni. I veterani sono pochi: Hernán Galíndez, portiere, e Enner Valencia, leader e goleador storico. I veri pilastri, però, sono giovani sotto i 24 anni: William Pacho, Moisés Caicedo, Piero Hincapié, Pervis Estupiñán. Sono calciatori che hanno già disputato un Mondiale (Qatar 2022), esperienza che li renderà ancora più maturi nel 2026. E molti di loro, esclusi i veterani, avranno tempo anche per un terzo ciclo mondiale nel 2030. Questo alimenta l’entusiasmo intorno alla selezione, perché si vede un futuro promettente basato su un gruppo coeso, già competitivo e con margini di crescita.

Fin dove può spingersi l’Ecuador al Mondiale?
È la grande domanda che ci facciamo in Ecuador. Si tratta di una generazione con talenti mai visti prima nel nostro calcio: William Pacho, primo ecuadoriano a vincere la Champions League, Piero Hincapié, difensore di élite, Moisés Caicedo, Pervis Estupiñán, Joel Ordóñez, giovane promessa del calcio belga… Per nomi e rendimento, è una generazione d’oro. Se consideriamo ciò che dimostrano in campo, penso che superare la fase a gironi sia un obiettivo realistico. La miglior prestazione storica dell’Ecuador in un Mondiale è stata nel 2006, con l’accesso agli ottavi di finale. Ecco, oggi credo che l’obiettivo sia superare quel traguardo e arrivare ai quarti. Non superare i gironi sarebbe un fallimento per tutto ciò che questa generazione sta costruendo.
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