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Dario Hübner, l’unico interista felice il 5 maggio: “Quella sera il Milan mi chiamò per andare in tournée negli Usa”

Ve lo ricordavate Hübner con la maglia rossonera?

L’ex attaccante triestino, tifoso interista, racconta il suo particolare 5 maggio 2002 e la successiva tournée con il Milan nella recente autobiografia…

Davide Capano

 Il Tatanka in America con il Milan

Una data “indimenticabile” a seconda del tifo. Il 5 maggio 2002 l’Inter di Cuper perde lo Scudetto all’Olimpico con la Lazio, consegnandolo alla Juventus. Eppure quel giorno c’era un interista felice… di andare “in prova” con il Milan in tournée per tre partite. A ricordare la storia è l’eterno Dario Hübner, che ha descritto l’accaduto nella sua recente autobiografia “Mi chiamavano Tatanka. Io, il re operaio dei bomber di provincia”, scritta col giornalista freelance Tiziano Marino.

 Hübner rossonero...

Hübner rossonero...

L’attaccante racconta il suo 5 maggio 2002, una volta raggiunta la salvezza col Piacenza di Walter Novellino e vinto il titolo di capocannoniere del campionato a pari merito con David Trezeguet: “Alle dieci e mezza di sera, ricevetti la chiamata del mio procuratore, Vanni Pozzuolo. ‘Dario, complimenti per la salvezza e la classifica marcatori, sappi però che giovedì vai in America col Milan’. Pensavo di aver capito male. ‘Cosa scusa? Come in America col Milan?’. ‘Ti aggreghi ai rossoneri per la tournée negli Stati Uniti. Lo so da qualche settimana ma non ti ho detto nulla perché non volevo distrarti dai tuoi obiettivi. Sei stato bravissimo, ti sei salvato e laureato capocannoniere, quindi ora vai a farti questa bella esperienza coi rossoneri’. Non credevo alle mie orecchie. Fu la ciliegina sulla torta a conclusione di un’annata stupenda. Ero molto orgoglioso di me stesso. Mi sembrava di toccare il cielo con un dito.Paradossalmente, penso di essere l’unico tifoso interista al mondo che ricorda il 5 maggio 2002 come una delle date più belle della sua vita”.

 In mezzo a Serginho e Leonardo

“Conclusa la tournéerivela Hübner nel libro –, feci ritorno a Milanello, dove avevo lasciato l’auto parcheggiata. Arrivai al centro sportivo insieme ai magazzinieri e a un paio di altri giocatori. Dovevo recuperare le mie scarpe, che erano sparse nei vari scatoloni. In spogliatoio però trovai di tutto: magliette, pantaloncini, calzettoni, tutto brandizzato Milan. Mi brillavano gli occhi, proprio come brillano a un bambino la mattina di Natale. ‘Posso prendere qualcosa?’ chiesi ai magazzinieri. ‘Certo Dario, ci mancherebbe. Prendi ciò che vuoi, non farti problemi’. Tornai a casa con due sacchi, quelli neri della spazzatura, completamente pieni. Negli Stati Uniti, pur non avendo mai segnato, mi ero comportato bene. Il Milan sembrava essersi convinto a prendermi. Stando anche alle parole del mio procuratore, eravamo a un buon punto della trattativa. In una fase tanto avanzata da avermi già chiesto quale auto desiderassi. La Opel infatti, sponsor ufficiale dei rossoneri, forniva a tutti i giocatori una delle sue vetture. Scelsi la Frontera, il fuoristrada della casa automobilistica tedesca. Ero a un passo dal divenire la terza punta del Milan. All’ultimo, però, saltò tutto. Il Piacenza chiese in cambio due giovani, un terzino sinistro e un’ala destra, che i rossoneri non vollero cedere. Ancora una volta ero stato vicinissimo dall’indossare la maglia di una big. Ero dispiaciuto ma non disperato. Quello di non aver mai giocato in un grande club non è un rimpianto che ho. Non è detto infatti che in una big avrei avuto lo stesso rendimento che ho avuto nelle cosiddette ‘provinciali’. Ero il ‘Re dei bomber di Provincia’, come iniziarono a chiamarmi, e andava benissimo così”. Parola del Bisonte di Muggia, parola di Tatanka.

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