Il calcio sudamericano si prepara a un nuovo capitolo di una delle sue rivalità più antiche e appassionanti: Brasile contro Uruguay. L'Estádio Fonte Nova di Salvador ospiterà la sfida valida per la 12ª giornata delle qualificazioni mondiali. In palio, non solo tre punti, ma anche il secondo posto in classifica. La Seleção, reduce da tre risultati utili consecutivi, ha bisogno di ritrovare brillantezza dopo l'amaro 1-1 contro il Venezuela, in virtù anche dall'errore dal dischetto di Vinicius.
Fantasia contro Garra
Classico do Rio Negro, Brasile-Uruguay: la leggenda del Maracanazo
Dall'altra parte, la Celeste, allenata da Marcelo Bielsa, sembra aver ritrovato il sorriso grazie ad un rocambolesco 3-2 inflitto alla Colombia, beffata al 101' da un gol di Ugarte. Con una vittoria, il Brasile salirebbe al secondo posto, mentre un successo permetterebbe agli ospiti di consolidare il distacco in classifica sui carioca, ipotecando di fatto la qualificazione al Mondiale.
Brasile-Uruguay, alle origini
—La rivalità tra Brasile e Uruguay affonda le sue radici nel tempo e nella geopolitica sudamericana, oltre che nel calcio. Per il Brasile, paese di sterminate dimensioni e ambizioni, la piccola Uruguay ha sempre rappresentato un'antitesi inaspettata e pericolosa: una nazione di appena 3 milioni di abitanti, capace di imporsi su palcoscenici globali con una determinazione feroce. Il calcio uruguaiano ha costruito il suo prestigio sul carattere, sulla "garra charrúa", una filosofia di resilienza e forza mentale che ha portato a trionfi memorabili. Il Brasile, invece, ha sempre fatto della creatività e dell'estro le sue armi principali, dando vita a uno stile di gioco opposto ma altrettanto efficace. Quando queste due culture calcistiche si incontrano, il risultato è sempre un duello acceso, fatto di emozioni forti e ricordi indelebili.
Maracanazo 1950: il giorno che fermò il Brasile
—Il culmine di questa rivalità, anche conosciuta come El Clásico del Río Negro, si raggiunse il 16 luglio 1950, giorno del famigerato Maracanazo. Al Maracanã di Rio de Janeiro, nella finale della Coppa del Mondo (allora Coppa Rimet), il Brasile, padrone di casa, si preparava a celebrare un trionfo annunciato. Tutto era pronto per la festa: cartoline commemorative, medaglie d'oro, discorso in portoghese scritto dal presidente della FIFA Jules Rimet. Ma l'Uruguay, guidato dal carismatico capitano Obdulio Varela, aveva altri piani.
Dopo essere passato in svantaggio, ribaltò il risultato con i gol di Schiaffino e Ghiggia, lasciando ammutolito lo stadio. La tragedia sportiva si trasformò in dramma umano: decine di spettatori accusarono malori, la leggenda parla addirittura di qualche suicidio. Il trofeo, fu consegnato in fretta e furia al capitano uruguaiano senza alcuna cerimonia, segnò simbolicamente la portata della sconfitta. Anni dopo, Ghiggia racconterà con ironia: “A sole tre persone è bastato un gesto per far tacere il Maracanã: Frank Sinatra, papa Giovanni Paolo II e io” . Il Maracanazo divenne una ferita profonda nella storia calcistica brasiliana, ma anche una lezione di umiltà.
La rivincita verdeoro: la Copa América 1989
—Ci vollero quasi quattro decenni affinchè il Brasile si prendesse una rivincita simbolica. Nel 1989, la finale della Copa América si giocò ancora una volta in casa, al Maracanã. Di fronte, ancora l'Uruguay, ma questa volta il copione fu diverso. Un gol di Romário, al culmine di una partita tesa e combattuta, regalò ai verdeoro il trofeo. Vittoria che non cancellò il trauma del 1950, ma rappresentò un importante passo avanti nel superarlo.
L'Uruguay non vince in casa del Brasile dal 1950
—Negli ultimi decenni, il Brasile ha consolidato un netto dominio nei confronti diretti in casa. Dal 1950, l'Uruguay non è mai più riuscito a vincere sul suolo brasiliano. Nelle ultime cinque sfide giocate in Brasile, i verdeoro si sono imposti quattro volte, con un solo pareggio. L'ultima vittoria casalinga risale al 4-1 di quattro anni fa, nel match di qualificazione al Mondiale in Qatar. Tuttavia, la Celeste nella gara d'andata per 2-0 grazie alle reti di Darwin Núñez e Nicolás De La Cruz.
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