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ESCLUSIVA Valencia, dal baratro al sogno Europa: il miracolo di Corberán

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Dal periodo d’oro con Ranieri e Benítez alla crisi societaria, fino alla risalita guidata da Corberán: il Valencia ha ripreso a camminare
Vincenzo Bellino
Vincenzo Bellino Redattore 

Negli anni Duemila, il Valencia ha vissuto uno dei momenti più alti della sua gloriosa storia: due finali di Champions League consecutivi, trionfi in Liga, la Coppa UEFA, uno stadio infuocato come il Mestalla e una squadra capace di far tremare l’Europa. Erano gli anni di Ranieri, Cúper, Benítez, del “Piojo” López, di Mendieta, Ilie, Baraja. Un’epoca irripetibile che ha segnato la memoria collettiva di un'intera generazione di tifosi valenciani.

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Ma quei tempi sembrano oggi un ricordo sbiadito, coperti dalla polvere di stagioni complicate, cambi di proprietà, disillusioni e una crisi d’identità che ha trascinato il club sul filo della retrocessione. Il Valencia ha rischiato di perdersi.

La stagione attuale ha raccontato un'altra pagina sofferta. L’inizio con Rubén Baraja, leggenda del club ma allenatore lasciato solo con una rosa corta e senza investimenti, è stato drammatico: il peso della storia e l’inerzia negativa degli ultimi anni hanno rischiato di travolgere tutto. Il Valencia sembrava rassegnato, logorato dentro e fuori dal campo. Una squadra spenta, uno spogliatoio fratturato, e un ambiente sempre più distante.

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Poi, all’improvviso, la svolta. L’arrivo di Carlos Corberán, il primo allenatore nella storia per cui il club ha pagato una clausola rescissoria, ha risvegliato l’anima valencianista. Valenciano di nascita, tifoso fin da bambino, Corberán ha restituito alla squadra orgoglio, struttura e fame. Il Mestalla è tornato a vibrare. Il Valencia ha iniziato a correre, lottare, crederci. Da un passo dal baratro a un passo dall’Europa: una delle migliori seconde metà di campionato degli ultimi decenni.

In mezzo a questo viaggio fatto di dolore e rinascita, ci siamo rivolti a Diego Picó, corrispondente del Valencia per Diario Marca, che ci ha raccontato in esclusiva le ragioni del declino, le lenta risalita del club e il legame indelebile con un uomo che a Valencia è ancora oggi è un’icona: Claudio Ranieri.

C'è stato un periodo nei primi anni 2000 in cui il Valencia era una delle squadre più forti d'Europa, qual è stata la ragione del declino?

"La storia inizia con l’arrivo di Claudio Ranieri nel 1998, che prende in mano la squadra e ne cambia un po’ la filosofia. Nel 1999 vince la Coppa del Re a Siviglia, un successo che segna una svolta per il club. Dal 2000 arriva Héctor Cúper, che guida il Valencia a due finali consecutive di Champions League, contro Real Madrid e Bayern Monaco (quest’ultima persa ai rigori). Successivamente, Rafa Benítez prende la guida e vince due campionati, oltre alla Coppa UEFA del 2004. È il periodo più glorioso del club: nel 2004 il Valencia viene nominato miglior club al mondo.

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Poi cambia la proprietà, entra Juan Soler, ma non si sfrutta il momento favorevole. La generazione di grandi giocatori si esaurisce, e i sostituti non sono all’altezza. Nonostante ciò, il Valencia continua a partecipare alla Champions League. Tuttavia, con l’ingresso di Peter Lim inizia un declino drastico: assenza del proprietario, mancanza di investimenti – anzi, disinvestimenti – e mancanza di rispetto verso la tifoseria. Questo ha trasformato il club in quello che vediamo oggi, una squadra che lotta per la salvezza".

Dalla zona retrocessione a un passo dall'Europa, che stagione è stata quella del Valencia?

"Quest’anno si è vista chiaramente la mancanza di investimenti e di un progetto. Barajaha iniziato la stagione con una rosa molto corta e già reduce da una brutta fase finale dell’anno precedente. La squadra era abituata a perdere e non riusciva a trovare una svolta. A ciò si sono aggiunti problemi extra-campo, come il caso giudiziario che ha coinvolto Rafa Gui per presunta aggressione sessuale. Lo spogliatoio si è disconnesso e ha perso fiducia nell’allenatore e nella possibilità di salvezza".

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Cosa è andato storto con Baraja e cosa è cambiato con Corberan?

"Con Corberánc’è stata la svolta. È la prima volta nella storia delValencia che si paga una clausola rescissoria per un allenatore. Corberán, originario di Cheste, vicino Valencia, è un grande tifoso del club. Proveniente dalla Premier, ha portato nuova energia e ha realizzato uno dei migliori gironi di ritorno nella storia del club, raggiungendo l’obiettivo salvezza e puntando ora a un posto in Conference League. (la sconfitta con l'Alaves ha rallentato la corsa, ma l'aritmetica concede un'ulteriore speranza al Valencia).

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Ha rivitalizzato giocatori importanti: Javi Guerra è tornato ai suoi livelli migliori, Enzo Barrenechea ha fatto bene, Mamardashvili è tornato in forma, e anche i centrali si sono ritrovati. È esploso César Tárrega, rientrato dal prestito al Valladolid, che ha dato solidità alla difesa. In attacco, Sadiq – arrivato in prestito – ha segnato cinque gol in un momento critico, e anche Hugo Duro, spinto dalla concorrenza, ha ritrovato la via del gol. In sintesi, quello di Corberán è stato un piccolo miracolo".

Per quanto riguarda il mercato, si parla molto di Mamardshvili, ma quali sono gli altri prospetti più interessanti di questa squadra?

"Il mercato sarà complicato. Mamardashvili è già un giocatore del Liverpool. I giocatori in prestito – come Iván Jaime (Porto) e Barrenechea (Aston Villa) – torneranno ai rispettivi club. Ci sono contratti in scadenza, come quello di Fulquier, e infortuni gravi, come quello di Titi Correia.

Georgia Mamardashvili

Altri, come Hugo Guillamón e Sergi Canós, non rientrano più nei piani. Tra i sacrificabili sul mercato spiccano Mosquera, che è vicino alla cessione essendo in scadenza nel 2026, e Javi Guerra, seguito da diversi club di Premier League: se arrivassero offerte da 25 milioni di euro, è probabile che venga venduto".

In Italia, la Roma ha vissuto una stagione simile a quella del Valencia, con Claudio Ranieri in panchina. Un allenatore che Valencia conosce bene... 

"Claudio è rimasto nei cuori dei tifosi. Ho ancora contatti con lui e con membri del suo staff, come Pelizzaro, Antenucci e Roberto Sassi. Quando arrivò nel 1998, rivoluzionò Valencia e cambiò la storia del club. Nella sua seconda esperienza, le cose andarono meno bene, con più difficoltà e problemi.

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Ma se oggi Ranieri tornasse a Mestalla, avrebbe un posto d’onore in tribuna e sul campo: 50.000 persone lo applaudirebbero. Ha lasciato un ricordo straordinario, come il "generale romano" che fu, grazie alle sue conferenze stampa, alla sua umanità e al calcio che ci ha fatto vivere, con i vari Piojo, Mendieta, Adrián Ilie e La Cobra. Un’epoca indimenticabile".