Una Roma coraggiosa ma intermittente risponde al colpo di Locatelli con l’orgoglio di Shomurodov: Ranieri conferma l’identità, Tudor mostra il pugno. Ma il pari serve poco a entrambe nella corsa all’Europa
Roma-Juventus è finita 1-1, ma se chiedete a chiunque cosa resti questa partita, nessuno parlerà del risultato. Vi parleranno, invece, di tutto quello che non è successo. Di ciò che questa partita poteva e doveva dire, e che invece ha lasciato sospeso tra i riflessi di Svilar e la zampata dell’ ormai solito e inesorabile Shomurodov. Quella tra Ranieri e Tudor sembrava più una sfida ideologica che tattica: due modi di leggere il calcio, due panchine che raccontano la storia di due squadre in completa transizione. Eppure il campo ha emesso un verdetto ambiguo: Roma e Juventus non hanno perso, ma nemmeno hanno davvero guadagnato. Un pareggio che lascia tutti col fiato corto e le mani vuote.
Roma, identità e limiti: la cura Ranieri funziona ma non basta
Claudio Ranieri ha plasmato una Roma concreta, difensiva e ordinata, capace di risalire la corrente quando sembrava sommersa. Il confronto con la Juve ha fatto però emergere il nodo irrisolto: questa Roma può reggere l’urto delle grandi senza Dybala? Può costruire gioco oltre il contropiede? La risposta è a metà. Nel primo tempo la squadra si è rannicchiata, lasciando alla Juventus il controllo, forse per timore, forse per necessità. Baricentro basso, uscite timide e transizioni poco ispirate. Solo nel finale di frazione è arrivato il guizzo di Cristante, e l’incornata di El Shaarawy che ha accarezzato il palo. Ma il gol di Locatelli ha punito proprio quella mancanza di coraggio iniziale. Un castigo meritato. E allora ci ha pensato il solito Ranieri: via Hummels, dentro Shomurodov. Un cambio netto, forte: non solo tecnico ma simbolico. La Roma si riorganizza, aggredisce, crede nella rimonta e la trova subito, proprio con l’attaccante uzbeko, sempre dimenticato fino al momento in cui serve davvero.
Juventus, la scossa Tudor c’è. Ma è tutto qui?
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La Juventus, invece, ha portato a Roma il nuovo corso. Tudor ha cambiato l’assetto, l’atteggiamento, perfino il tono muscolare. Questa Juve non è più la squadra imbambolata di Thiago Motta: pressa, morde, impone ritmo. Ma resta incompleta: ha dominio, ma non continuità. Ha nomi, ma non certezze. Il gol di Locatelli, una perla tecnica tra mille esitazioni collettive, è il manifesto di un talento individuale che ancora fatica a incastrarsi in un’idea collettiva. Dietro la compattezza, c’è una squadra che soffre se non chiude la partita subito. E il secondo tempo lo ha confermato: ha subito l’urto giallorosso, si è chiusa, ha perso campo e sicurezza: la sensazione era che volesse più conservare che vincere.
Un punto che non serve a nessuno: la classifica lo urla
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Così, al netto delle buone intenzioni e delle letture tattiche, il pareggio serve a poco. La Roma si fa superare dalla Lazio, con il derby all’orizzonte che si carica di peso e pressione. La Juve non approfitta del mezzo passo falso dell’Atalanta. E allora resta solo una sensazione di incompiuto, di occasione mancata.
La verità è nel mezzo, ma il futuro dietro l’angolo
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La Roma è viva ma fragile. La Juventus è nuova ma ancora embrionale. Entrambe hanno margini, ma non tempo. Il calendario stringe, la Champions è lì, a pochi punti, eppure a distanze siderali se non si impara a vincere partite di questo tipo. Non basta pareggiarle. Non più. E ora viene il bello. Roma-Lazio è dietro l’angolo. Juventus-Lecce è una trappola. I prossimi novanta minuti saranno più importanti di tutto ciò che è stato. Il passato ha prodotto un equilibrio sterile. Il futuro, invece, chiede un colpo: di testa, di cuore, o semplicemente di genio.